Il marxismo è proprio finito E ora tutti a studiare Marx

Il marxismo è proprio finito E ora, tutti a studiare Marx Prosperano in Italia i centri di ricerca della sinistra: Gramsci, Feltrinelli, Basso Il marxismo è proprio finito E ora, tutti a studiare Marx miL marxismo è morto, viI va il marxismo. La crisi I della dottrina che nel I 1848 ispirò a Marx e Enfi gels il Manifesto del partito comunista e il disfacimento di sistemi ideologici e movimenti politici che si sono modellati su quella dottrina non hanno provocato una parallela crisi della cultura scientifica di origine marxista. Era legittimo prevedere una caduta verticale di interesse per il pensiero marxista, per i suoi interpreti, per le forme storiche in cui si è realizzato; si poteva pensare alla fine di un ciclo, all'esaurimento di un filone. Invece negli istituti di studi marxisti è accaduto il contrario: la caduta del Muro, la disgregazione dell'Urss, la fine del pei, tutti gli avvenimenti che hanno fatto del 1989-1991 un impetuoso «biennio rosso» alla rovescia, hanno coinciso con una rinascita di interessi, di programmi, di attività. Il marxismo sarà anche morto, ma la ricerca marxista è in ottima salute. O forse la ricerca è in ottima salute proprio perché il marxismo storico, come ideologia di massa e come azione politica, è arrivato al capolinea. Un caso esemplare è quello della Fondazione Istituto Gramsci, che verso la metà degli Anni Ottanta ha attraversato un periodo molto critico e che oggi invece è in piena attività. «Quattro anni or sono, quando sono arrivato, prendendo il posto di Aldo Schiavone, eravamo sicuramente in una fase discendente», ricorda il direttore Giuseppe Vacca, storico togliattiano. Si diceva che l'istituto, nato per volontà di Togliatti nel 1950, fosse addirittura prossimo alla liquidazione. Che cosa è accaduto? Nella confusione che ha caratterizzato il passaggio dal pei alla Cosa al pds, l'istituto è riuscito a mantenere un ruolo di mediatore indipendente tra il partito e gli intellettuali: «Avendo avuto io l'accortezza - spiega Vacca - di evitare che l'istituto diventasse terreno di scontro tra le fazioni, sono stati quattro anni di crescita lineare, in cui abbiamo messo in cantiere un sacco di progetti». Elenca: Storia dell'Italia repubblicana che Einaudi pubblicherà dal '93 (4 volumi per seimila pagine), sistemazione degli archivi, che raccolgono fondi di eccezionale importanza (come gli Archivi dell'Internazionale comunista e l'Archivio del partito comunista), edizione nazionale degli scritti gramsciani, bibliografia gramsciana dal 1922 al 1988, tre grandi convegni sull'età dello stalinismo, su Gramsci nel mondo, su Croce e Gentile. Secondo Vacca, questo è stato possibile soprattutto per due ragioni. La prima è la singolarità della figura storica di Antonio Gramsci. La seconda è l'autonomia dell'istituto, riconosciuta fin dalle origini, come documenta un bel saggio storiografico: Togliatti e gli intellettuali, di Albertina Vittoria (Editori Riuniti). Nel 1982 il Gramsci finì di essere una sezione del comitato centrale del pei e divenne una fondazione riconosciuta dallo Stato, con una funzione culturale. Nello statuto non viene citato il marxismo: il fine sociale è «l'arricchimento del patrimonio ideale e delle esperienze intellettuali del movimento operaio italiano ed europeo». «Con la caduta dei regimi comunisti il nostro lavoro è aumentato», dichiara il filosofo Salvatore Veca, da otto anni pre- sidente della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, dopo esserne stato direttore scientifico per un decennio. Perché un carattere storico della fondazione, sorta anch'essa negli Anni Cinquanta su iniziativa di Togliatti per conservare i fondi della Ia e 2a Internazionale e l'archivio dell'ex comunista Angelo Tasca, è stato l'interesse per le trasformazioni nei Paesi del socialismo reale: «Dall'inizio degli Anni Ottanta abbiamo iniziato l'acquisizione di documénti del dissenso comunista: i materiali clandestini di Solidarnosc, i materiali di lavoro della Perestrojka, i fondi della Cina di Tienanmen». Speculari a questa raccolta di fondi sono stati i «Colloqui» di Cortona (a partire dall'86): trentennale del primo congresso del pcus, Primavera di Praga, mito dell'Urss, conflitti etnici in Unione Sovietica. Con l'apertura degli archivi di Mosca è nata una nuova impresa: «Con la Maison de Science de l'Homme di Parigi, l'Istituto di storia sociale di Amsterdam e la Biblioteca di documentazione contemporanea di Nanterre, la Fondazione Feltrinelli ha messo in piedi un comitato internazionale per gli archivi russi - spiega Veca -, per concordare una normativa di accesso alle fonti e uso dei documenti, contro il rischio di sottrazioni e distorsioni». Come nel caso della famosa lettera di Togliatti suU'Armir diffusa dallo storico Franco Andreucci. «I cambiamenti avvenuti nel mondo comunista sono un trauma e questo trauma si ripercuote anche sul nostro lavoro», dichiara il politologo Giacomo Marramao, da un anno direttore della Fondazione Lelio e Lisli Basso. E' succeduto allo storico Alberto Caracciolo e il cambio di direzione rifletterebbe una sterzata nell'attività della fondazione: «La realtà contemporanea può essere studiata soltanto con un'ottica di tipo comparativo, la tradizionale ottica storicistica, sia quella laica di stampo crociano sia quella marxista di matrice gramsciana, non serve più. Serve invece un'attrezzatura multidisciplinare basata per esempio sull'antropologia culturale. Vogliamo utilizzare strumenti nuovi per la cultura italiana». La morte del marxismo coincide dunque con un azzeramento rlei programmi della fondazione creata da Lelio Basso vent'anni fa e diretta in passato da studiosi del valore di George Haupt e Gastone Manacorda. «Per capire la società contemporanea, che è il fine sociale della fondazione, non ha più senso fare la storia del movimento operaio o la storia dei partiti politici - afferma Marramao -, bisogna studiare i conflitti culturali, bisogna verificare, con il metodo comparativo, la storia della libertà o la storia dell'emancipazione. Per fare un esempio, la fondazipne si occuperà dell'insorgere dei fondamentalismi come conflitti nel cuore del mondo occidentale». Resta una domanda: l'Istituto Gramsci, la Fondazione Feltrinelli, la Fondazione Basso si possono ancora definire istituti di ricerca marxista? Dice Vacca: «Questo è un interrogativo a cui io non saprei rispondere». Alberto Papuzzi Marramao: «Oggi non facciamo più la storia operaia, parliamo di libertà» Sopra, Antonio Gramsci. Accanto, Karl Marx. L'ideologia comunista è arrivata al capolinea' ma la ricerca marxista è in ottima salute A sinistra, Salvatore Veca, presidente della Fondazione Feltrinelli. Sopra, Giuseppe Vacca