GENOVA Il totem di Colombo

GENOVA Il totem di Colombo Renzo Piano: «Attenti al domani, non resteranno sogni se non ci limiteremo alle celebrazioni» GENOVA Il totem di Colombo GENOVA ANCANO 15 giorni all'inaugurazione dell'Expo colombiana e il porto storico è un cantiere aperto in cui sembrano scontrarsi, come formiche impazzite sui bordi dei moli, innumerevoli ruspe, betoniere, autogrù, autocar-. ri. I portici di Sottoripa non odorano di fritto e di pesto ma di polvere e di bitume. La strada sotterranea in cui dovrebbe incanalarsi il traffico, liberando il fronte portuale attorno a Palazzo San Giorgio per farne regno dei pedoni è un buco enigmatico (verrà aperto in via provvisoria). Raggiungo la piazza delle Feste, affacciata sull'acqua per tre lati, coperta da una tenda bianca di 2 mila metri quadrati, dove ho appuntamento con Renzo Piano. Mi dice subito: «L'Expo non è che un pretesto. Questo sarà per alcuni mesi il punto più animato, qui verrà rappresentato il "Moby Dick" di Vittorio Gassman. Ma io non ho progettato per una festa, sia pure protratta alcuni mesi. Il mio disegno per il Porto Storico è rivolto al dopo le celebrazioni colombiane. Sogno che Genova sprigioni finalmente energie per ridar vita alla sua parte antica. Questa tenda, in teflon, non è una trovata effimera; è fatta per durare almeno vent'anni, copre una piazza che dovrà essere il luogo d'incontro nel porto, come gli antichi mercati del pesce e delle erbe. Sarà l'invito alla via del Mare che prosegue fino all'isola delle Chiatte, da cui si riscopre il paesaggio urbano, visto dall'acqua non più elemento estraneo». Sulle nostre teste tecnici ed operai stanno provando l'ascensore che porterà il pubblico dell'Expo a 50 metri di altezza, offrendo un panorama inedito della Genova portuale. «Un ascensore molto lento, un metro al secondo, per consentire la lettura dei diversi strati della città». La cabina è appesa ad un «bigo», simile ad ima gru per le sue funzioni di carico e scarico a bordo delle navi, ma composto da diversi bracci mobili tenuti da cavi di acciaio. Il «bigo» dell'Expo, tutto bianco, sorge dall'acqua del porto ed è molto più grande di quelli delle navi. Il braccio prin- cipale è di 75 metri. Una composizione di grande peso formale, ricca suggestioni per chi ama i porti e le navi. Ancora memorie nell'ex Magazzino dei Cotoni, il Lingotto di Genova: un edificio sull'acqua lungo 391 metri, alto quattro piani, trasformato in centro congressi e sale per esposizioni. Molto bella la sala da 1500 posti che in realtà è una doppia sala, con due platee contrapposte. E' stata ricavata svuotando la parte terminale del Magazzino dei Cotoni. «Abbiamo potuto farlo, d'accordo con la Soprintendenza, perché questa parte era stata aggiunta all'edificio originario, composto di sei moduli costruiti nel 1901 su disegno di un architetto inglese. I tre moduli aggiunti nel 1927 erano diversi. Abbiamo conservato integralmente l'involucro e i sei moduli antichi sono stati restaurati senza modificare le strutture». Qualche perplessità viene dalla cosiddetta «spina dei servizi», uno steccone con molto ferro grigio chiaro; lungo quanto il Magazzino dei Cotoni, disposto in parallelo alla distanza di 30 metri e collegato con 33 passerelle metalliche. Come si difende Piano? «L'alternativa era costituita dallo sconvolgimento del vecchio edificio. Impianto di riscaldamento, apparecchiature elettriche, servizi imposti dalle norme di sicurezza e dalle esigenze espositive, lo avrebbero praticamente distrutto. Per conservarlo abbiamo collocato a lato i servizi vitali. Le passerelle sono vie di fuga antincendio, per ogni piano e per ogni mòdulo». Passiamo sul molo a lato dell'ex Magazzino Cotoni. E' affiancata una nave azzurra e bianca con bandiera del Sol Levante, la Yokei Mani, padiglione galleggiante del Giappone. Quasi di fronte, a lato della via del Mare, è ormeggiata la nave apposita¬ mente costruita per ospitare il padiglione Italia, sempre su progetto di Renzo Piano. Coperta sgombra come quella di una petroliera, colore grigio chiaro, lo stesso del vicino Acquario composto da una serie di vasche sospese di forme suggerite da quelle delle navi. «Per i mesi dell'Expo l'Acquario ospiterà mostre italiane. Poi ci vorranno almeno altri sei mesi di lavoro per completarlo». Ritorniamo nel Magazzino Cotoni per visitare i sei moduli destinati alle mostre dell'Expo. Sono ben conservate le strutture originarie; i vuoti sono scanditi dalle vecchie colonne di ghisa che sostengono i diversi piani. Il soffitto dell'ultimo è co- perto da leggere capriate metalliche con tavolato di larice. Sole innovazioni vistose: le scale mobili. Tutto è molto pulito, i colori sono tenui. I Paesi partecipanti sono 53. «Dopo l'Expo questi spazi dovranno essere utilizzati in modo definitivo. Le scelte non dipendono da noi. Abbiamo predisposto tutti i servizi per laboratori di ricerca, per sedi di scuole universitarie e di istituti scientifici». Ancora incerte, per una lentezza decisionale che ha caratterizzato l'intera vicenda dell'Expo colombiana, le destinazioni finali delle palazzine secentesche un tempo adibite a deposito di merci, oggi perfettamente restaurate. I quattro edifici, di chiaro valore figurativo con le facciate dipinte alla genovese su fondo verde tenue, hanno di fronte un roseo blocco massiccio, alto quattro piani, che li separa dalla banchina affacciata sull'acqua e sembra soffocarli. E' l'ex deposito franco del porto di Genova, costruito ài primi del Novecento/Visto dal mare sembra una barriera che nasconde una fetta di Genova, da Palazzo San Giorgio al campanile di San Lorenzo. Renzo Piano mi sembra convinto della bontà della scelta conservatrice: «L'edificio era molto più alto. Abbiamo eliminato i due piani che erano stati aggiunti precariamente nel dopoguerra. Non potevamo fare di più, la struttura originaria non si doveva toccare». La grande incognita: che cosa avverrà dopo l'Expo? Esauriti i fondi dello Stato e del Comune «Sogno che la città sprigioni finalmente energie per ridare vita alla sua parte antica. Dopo l'Expo questi spazi saranno utilizzati in modo definitivo» DalMagazzino si vede la miseria abitativa di 12.000 immigrati 25»:*' (580 miliardi per il progetto del porto storico, contro 8700 spesi a Siviglia) come portare a termine le opere intraprese? Quale uso verrà fatto degli edifici restaurati, degli spazi attrezzati sull'acqua? E quali effetti si avranno sul centro storico vicino? Il mondo universitario e i comitati dei quartieri storici sono in agitazione, preoccupati per la mancanza di programmi e di impegni a lungo termine. Genova ha riconquistato, grazie alla spinta dell'Expo, una preziosa e nascosta parte di sé. Ma Regione, Comune, Consorzio autonomo del porto (proprietario delle aree) non hanno ancora espresso un disegno di insieme per la saldatura del porto storico col suo intorno, dopo la straordinaria operazione di recupero. Commenta Renzo Piano: «Continuo a sperare che l'Expo agisca come un impulso alla diffusione del recupero. Oggi riportiamo la vita sul porto, ma subito alle spalle della Ripa Maris trovi la desolazione, l'abbandono e lo sconforto». Dalle vetrate dell'ex Magazzino Cotoni si ha la visione di una cortina di facciate consunte, dietro cui si nascondono le miserie abitative di 12 mila immigrati e di altrettanti genovesi di seconda classe, ma anche un patrimonio eccezionale di memorie, di arte collettiva, di umanità che richiede il riscatto dei suoi quartieri. Tra la palazzata e il porto si snoda il serpente grigio della strada sopraelevata su cui corrono miriadi di automobili. Renzo Piano aveva riproposto l'idea, già affacciata da altri in anni lontani, di sostituire la sopraelevata con un tunnel sotto il fondo del porto. Se ne riparlerà dopo l'Expo? «Se io avessi la bacchetta magica per realizzare due soli desideri esprimerei questi: primo, il ritorno graduale della vita nel centro storico, attraverso un processo omeopatico di piccoli interventi con la partecipazione degli abitanti, secondo, la scomparsa della strada sopraelevata dopo la costruzione del tunnel. Non resteranno sogni se i genovesi non si limiteranno a celebrare in Cristoforo Colombo un totem culturale, come dice Sanguineti». Mario Fazio Renzo Piano. Nelle due foto in alto il porto di Genova con il progetto dell'architetto quasi ultimato

Luoghi citati: Genova, Giappone, Italia, Siviglia