Fuga dal Consiglio, meglio una poltrona tv di Gad Lerner

Fuga dal Consiglio, meglio una poltrona tv IL DESERTO NEL PALAZZO Fuga dal Consiglio, meglio una poltrona tv E Borghini s'infuria: il sindaco sono ancora io, non Gad Lerner QMILANO UELLA delegazione della Maserati dovrà aspettare. Il consiglio comunale è in ritardo, gran brutto segno per questa città. Protestano e urlano, dal fondo, gli operai in maglietta rossa. Ma le poltrone in pelle marrone sono vuote, i consiglieri latitano, prendono tempo: entrare in aula e discettare di questione morale oppure prepararsi per una bella comparsata tv, al «Profondo Nord» di Gad Lerner? Si son passati la parola, e poi l'hanno addirittura propo: sto all'incredulo sindaco: interventi brevi, così possiamo andare in tv, registrano alle 20,30. «Voglio proprio vedere se il sindaco di Milano sono io o Gad Lerner», sfugge a Piero Borghini, sindaco insidiato da Rai3. Si comincia, ma l'aula resta quasi vuota, solo in 7, più gli operai della Maserati, ascoltano il missino Riccardo de Corato e il suo «Vergogna, tutti a casa!». Gli altri, dalle parti del bar di Palazzo Marino, sono impegnati nell'attività più scomoda e scoperta: ascoltare le telefonate in redazione del cronista dell'Ansa, come quella di ieri sera alle sette: «Tra i consiglieri gira voce che i giudici stiano interrogando un pezzo grosso». Agitazione. «Sì, è confermato». Il pezzo grosso è Epifanio Li Calzi, ex assessore pei. «Ma si è presentato spontaneamente», preciseranno i consiglieri pds. L'aria che tira è immaginabile, facce che dicono: «Un altro...». Atmosfera che L'«Avanti!» definisce con tre parole: «Milano è sconvolta». De, psi e pds in imbarazzo. Son finite le giornate dei comunicati che precisano, smentiscono, denunciano «provocazioni», accusano «manovre». Alberto Zorzoli, già vicesindaco pri, ammette sconsolato: «Qui tutto è possibile». Per Milano, più che le decisioni di Palazzo Marino, si aspettano quelle di Palazzo di Giustizia. Da un mese. E nessuno in Consiglio si stupisce dell'ultima definizione di Giorgio Bocca: «Il sindaco? Come curatore fallimentare mi sembra la persona adatta». E nessuno si stupisce delle voci sul tale in improvviso viaggio all'estero, o delle malizie a proposito del ricovero in ospedale dei psi Colucci e Falconieri. E allora non c'è da stupirsi neppure se Borghini, sindaco all'anglosassone e dall'eloquio forbito, se ne esca con un: «Che merdaio, ragazzi...». L'ultimo arresto di Matteo Carriera, lo «zio Matteo» come l'hanno sempre chiamato i socialisti, ha avviato una bella gara sul padrinato politico. E' o fu uomo di Tognoli, ex sindaco e I ministro? E adesso è o è stato uomo di Finetti vicepresidente della Regione? Distinzioni che probabilmente sfuggono a giudici e cittadini, ma non ai socialisti. Che, in queste ore, comprensibilmente si preoccupano, più che del futuro, delle prossime ore. «La situazione - dicono gli assessori Roberto Caputo e Daniela Ferrè - è tale da meritare interventi immediati e decisivi». In corso Magenta, sede psi, si è riunito il Comitato regionale. «E' del tutto comprensibile e giustificato - fa sapere il segretario Andrea Parini - che i compagni chiedano di conoscere se vi siano responsabilità del partito in quanto tale». Comunicato tranquillizzante. «In particolare riferimento all'ultima campagna elettorale, rassicuriamo dirigenti e militanti sulla piena correttezza e trasparenza delle somme di cui il psi ha avuto la disponibilità». Ma non è solo il psi a dover rispondere a «dirigenti e militanti». Anche la de ha la sua buona dose di voci d'accompagnamento e un indiziato autorevole. Roberto Mongini, presidente della de milanese, corrente di Gava, posto in direzione nazionale, è entrato nell'inchiesta con un avviso di garanzia e indizi di tangenti. Altri dirigenti sono tra i più mormorati. Nessun comunicato, come è ovvio, anche se le voci insistono e il giudice Di Pietro pure. D'altra parte, non gliel'ha gridato in faccia lo stesso Chiesa, quello della Baggina: «Ero convinto che la massacrassero»? Difficile sopportare questo clima. «Per andare avanti ci vogliono buòna fede e buona volontà», ripete Borghini. Che subito precisa: «Ma la buona fede mi sembra proprio poca, merce rara». A Palazzo Marino ci vuol restare, ma deve fare i conti con questa realtà che il consigliere Umberto Gay, rifondatore, grida nel microfono dell'aula: «Caro sindaco, ma ti rendi conto che alla prossima seduta magari qualcuno dei qui presenti non potrà venire?». Sì che se ne rende conto, il sindaco. E già medita, suo malgrado, una giunta di «salute pubblica» con l'aiuto del pri. La giunta «anti-tangente». E Borghini, da ieri, diventa l'ultima speranza anche per i 16 del garofano. Hanno deciso di affidarsi a lui, «espressione della volontà di cambiamento per un processo di rinnovamento dei metodi del costume politico ed amministrativo». Lo sosterranno, han giurato nella loro dichiarazione, «con determinazione», «impegnati a sviluppare un confronto aperto con tutte le forze politiche disposte a sperimentare in anticipo la proposta di ri¬ forma elettorale che con l'elezione diretta attribuisce al sindaco la responsabilità della nomina del governo cittadino». Tutto il potere a Borghini, insomma. Ogni giorno, ogni ora, una telefonata all'Ansa e la solita domanda: «Novità?». E ogni giorno, in attesa delle novità da Palazzo di Giustizia, si aprono capitoli nuovi, che direttamente non hanno a che vedere con l'in- chiesta in corso epperò da lì partono. C'è il «Piccolo Teatro» di Strehler, e giù una conferenza stampa del Maestro per precisare, puntualizzare eccetera. E intanto le tangenti milanesi ieri sera sono andate in tv. Da Gad Lerner si sono presentati 19 consiglieri comunali, quando a Palazzo Marino lo stanco dibattito sul malaffare era ancora in corso. Sul palco il costruttore Luca Beltrami Gadola, candidato psi non eletto alle ultime politiche, a confronto con il segretario regionale Parini, che tutela «42 mila iscritti contro 3 mele marce». Beltrami Gadola racconta di chi ha pagato tangenti, Parini ribatte: «Potevate andare in procura!». E il costruttore chiosa: «Sì, ma in un paese civile, sai benissimo che qui si passa all'emarginazione». Sul palco anche Nando Dalla Chiesa, neodeputato della «Rete» e il pri Giacomo Properzj. Domandano: ma tu non hai controllato nulla? Risponde: «Il problema sono i controllori, io preferisco esser fesso piuttosto che ladro». Il pds Giovanni Lanzone, manzoniano, che parla di «contagio e pestilenza». L'ex leghista Prosperini che non riesce a parlare. Il militante Guerra che grida «il psi deve avere un futuro» e una voce dal fondo che aggiunge «in galera!». Bello spettacolo, da Milano. Proprio mentre, a Palazzo Marino, Borghini chiudeva la seduta: «Ci aggiorniamo a lunedì». Restando in attesa di temute novità. Giovanni Cerniti Ma gli amministratori preferiscono evitare dibattiti E il psi nella bufera replica «Responsabilità di singoli» ti sindaco di Milano Giampiero Borghini (foto grande a sinistra). A fianco, l'ex presidente dell'Ipab Matteo Carriera. A destra, il giornalista Gad Lerner

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