Il doppio lavoro dei cancellieri di Bruno Tinti

Il doppio lavoro dei cancellieri Peculato e interesse privato al tribunale di Ivrea: quattro condanne Il doppio lavoro dei cancellieri Accusati da un 'impiegata Il capo della cancelleria lucrava sulle visure delle società, il suo vice lo sostituiva nell'abuso quando era assente. Con i due collaboravano un avvocato e un'impiegata. Una storia che ha provocato un terremoto negli uffici giudiziari di Ivrea. Gli episodi si riferiscono agli anni tra l'85 e il '90. Nessuno è stato in grado di quantificare l'entità del denaro che è finito nelle tasche dei cancellieri. Ieri si è concluso il processo discusso davanti alla settima sezione penale del tribunale di Milano. Il cancelliere capo presso il tribunale di Ivrea, Mario Giuseppone, 50 anni, è stato condannato a 3 anni di carcere e rischia la sospensione dal servizio appena la sentenza verrà depositata. E' stato ritenuto responsabile di peculato, interesse privato e abusi in atti d'ufficio. Per ogni visura riceveva 10 mila lire e in più non versava i diritti di cancelleria dovuti all'erario, con un danno per lo Stato. Otto mesi di carcere sono stati inflitti al cancelliere Vincenzo Gorgone, 43 anni, all'avvocato Elio Guglielmini, 43 anni, e all'impiegata Fiorina Garzolino, 69 anni: tutti responsabili, per i giudici milanesi, di concorso in interesse privato. Nella vicenda erano rimasti coinvolti anche tre dirigenti della filiale di Ivrea della Cassa di Risparmio: i direttori Virgilio Olmo, 46 anni, e Domenico Gio¬ chetto, 51 anni, e il vice direttore Giacomo Batistuta. Tutti e tre sono stati scagionati dall'accusa di concorso in interesse privato. Il tribunale di Milano ha accolto le tesi dei difensori Alberto Mittone e Roberto Piacentino sul ruolo dei funzionari della Cassa: «Sono stati vittime di un raggiro. Non potevano immaginare quello che avveniva alle loro spalle». La vicenda venne alla luce alcuni mesi fa, quando una segretaria della cancelleria civile, Milly Grimaldi, presentò un esposto in Procura, denunciando l'attività svolta da Mario Giuseppone. Al Procuratore di Ivrea, Bruno Tinti, raccontò che il funzionario effettuava «visure societarie» per conto della Crt. Un lavoretto che la banca pagava 10 mila per ogni pratica portata a termine. L'indagine chiarì che la Crt, quando doveva concedere i mutui, chiedeva le visure delle società par rendersi conto del loro stato di salute. Questo compito era stato affidato all'avvocato Guglielmini e all'impiegata Garzolino. Per anni la Cassa ricevette le visure richieste senza sapere che in realtà erano fatte da altri. L'avvocato Guglielmini e l'impiegata Garzolino erano solo la facciata: il lavoro era fatto dai cancellieri. Il Procuratore Tinti chiese il rinvio a giudizio di tutte le persone coinvolte, compresi i funzionari della banca che aveva commissionato e pagato il lavoro. La giovane segretaria che aveva scatenato il terremoto, invece, chiese ed ottenne il trasferimento presso il tribunale di Casale Monferrato. H processo doveva discutersi a Ivrea, ma i tre giudici della città eporediese chiesero di astenersi perché conoscevano da troppi anni gli imputati, e la Corte d'Appello di Torino nel giugno '91 assegnò la causa al distretto più vicino, a Milano. L'avvocato Guglielmini ha spiegato nell'aula del tribunale: «Pensavo che fosse tutto lecito. Ho fatto solo un piacere a degli amici». E ieri ha commentato così la sentenza: «Non c'è dolo in quel che ho fatto. Ho agito in perfetta buona fede. I giudici milanesi sono stati troppo severi». Anche i cancellieri hanno sostenuto di aver agito in buona fede. Marginale è apparsa la posizione di Vincenzo Gurgoné che, stando alle risultanze del processo, collaborò alle visure soltanto saltuariamente. Egli ha affermato di non essersi reso conto di nulla. Gli imputati erano difesi dagli avvocati Lozzi, Macchia e D'Alessandro. Facevano «visure» a 10 mila lire l'ima e non versavano i diritti all'erario Il tribunale di Ivrea e il procuratore Bruno Tinti