Strehler: niente bustarelle al Piccolo di Valeria Sacchi

Strehler: niente bustarelle al Piccolo UN TEATRO Strehler: niente bustarelle al Piccolo Burocrazia e polemiche dietro i ritardi egli alti costi GMILANO IORGIO Strehler è arrabbiatissimo. Per l'ennesima volta stanno tirando in ballo la famosa storia del palcoscenico faraonico da lui voluto per il Nuovo Piccolo Teatro. Che ha aggravato i costi di oltre 10 miliardi. Ma Strehler è già partito al contrattacco, con una conferenza stampa fissata per stamane, nella quale riaffermerà: «Oggi non si può fare un teatro che non tenga conto delle nuove tecnologie e non tenga conto di un uso plurimo». L'occasione per un revival della polemica sul centro teatrale, che ha alle spalle dodici anni di vicissitudini non ancora concluse, viene dall'indagine del giudice Di Pietro. Si sussurra che, negli interrogatori dei costruttori, qualcuno avrebbe anche accennato al Piccolo. Marco Zanuso, l'architetto progettista, è giù di corda. Dalla finestra del suo studio guarda, sconsolato, la cupola del Nuovo Piccolo ingabbiata da impalcatu- re in ferro, e racconta: «Il 25 aprile dell'Ottanta il Consiglio comunale mi incaricò del lavoro. Allora era sindaco Tognoli. Un mese dopo presentai il progetto di massima e il maggio successivo il progetto esecutivo. I primi lavori iniziarono nel maggio 1982, e il secondo lotto si concluse nel dicembre 1986. Poi, per quattro anni tutto fermo. Maledetto il giorno in cui ho cominciato. Queste interruzioni sono deleterie, ogni volta bisogna riprendere le fila. E intanto si scrivono un mucchio di inesattezze». Quattro anni sono tanti, ma i milanesi Doc la spiegazione per questo stop l'hanno sulla punta della lingua: «Vendetta politica». Nel giugno 1987 Strehler consumò il grande strappo, ruppe l'antico sodalizio col psi per candidarsi senatore indipendente nelle file del pei. Contemporaneamente, anche Tognoli lasciava la città per Roma, e a Palazzo Marino arrivava Paolo Pillitteri. Non è d'accordo su questa interpretazione Massimo Ferlini, assessore pei ai Lavori pubblici dal luglio '88 al novembre '90, che mise in moto il terzo lotto. «La prima ragione dell'arresto dei lavori è che non c'erano più finanziamenti. Del resto, anche per i primi lotti Tognoli era ricorso alla legge numero 1, che accelerava, le procedure per l'esecuzione di opere pubbliche. Ma sorsero contrasti sul nuovo palcoscenico richiesto da Strehler. La questione fu affidata alla Commissione cultura, dove litigarono a lungo». Litigio politico? «Non solo. Il fatto è che erano passati dieci anni dal primo progetto. Qualcuno, ad esempio il de Morazzoni, sosteneva che tanto valeva smantellare tutto». Invece fu deciso di continuare, e arrivò anche l'ok per il palcoscenico. Alla prima spesa di 8,5 miliardi (500 milioni sotto il preventivo, precisa Zanuso), si aggiunsero altri 47 miliardi, più i 12 miliardi del palcoscenico versione Strehler. Ma non scrivono tutti che i miliardi spesi sono già 100? «Si dicono tante sciocchez¬ ze», taglia corto Ferlino, e spiega che «tra delibere di Consiglio e assegnazione dell'appalto passano sempre non meno di 18 mesi». Senza contare che, nei dieci anni, l'indice Istat è cresciuto del 63% e, puntualizza Zanuso, «altri aggravi vennero dalle nuove norme di sicurezza, introdotte dopo l'incendio del cinema di Torino». Sia come sia, sul palcoscenico rotante, superinformatizzato per consentire rapidi cambiamenti di scena, dotato di attrezzature per¬ fette per cinema e tv, la città di Milano, o meglio la ristretta cerchia che gira intorno a politica e cultura, si spaccò e si ricompose in velenose fratture. Sintetizza Rosellina Archinto, editrice e consigliere comunale repubblicano: «Le obiezioni a questo palcoscenico sorgono non' solo dal prezzo, ma anche dalla difficoltà di gestirlo, quando ci sarà. E non solo sul piano dei costi, ma sul piano della programmazione che, per gli spettacoli che vengono dall'estero, deve essere fatta con molto anticipo. E poi - conclude - non mi sembra che in Italia esistano forze teatrali sufficienti a sostenere un teatro importante come questo». E' proprio così? Giriamo la domanda a Luca Ronconi: «Non so quali siano le apparecchiature di questo nuovo palcoscenico, non so quindi dare una valutazione», osserva il direttore dello Stabile di Torino. «Ma che Milano abbia un palcoscenico funzionale e mo- derno, non è né un danno né un disdoro. Milano non ha palcoscenici degni di questo home. Sono tutti vecchi e tranne il Garcano non hanno nemmeno la soffitta. Che in Italia ci sia un teatro che consenta di adeguarci all'Europa, non è un male. Tutt'altro». Ma il «sistema-teatro» italiano è adeguato a questa struttura? «Il sistema-teatro italiano ha bisogno soprattutto di cambiare, e dunque qualunque cosa prefiguri il cambiamento, è auspicabile. Meglio un teatro aperto, che l'ennesimo teatro chiuso». Tra quanti anni sarà pronto il Nuovo Piccolo? Nessuno azzarda pronostici. Se tutto filerà senza intoppi, potrebbe aprire nel 1994, A quarant'anni esatti dal lontano 1954 quando, all'inaugurazione del «Piccolo» di via Rovello (architetti Rogers e Zanuso), il primo, sindaco socialista della Mila no del dopoguerra, Antonio Grep pi, disse: «Ora bisogna pensare ad un Piccolo più grande». Valeria Sacchi Quei lavori hanno diviso per dieci anni la città che conta Il regista Giorgio Strehler: oggi terrà una conferenza stampa per spiegare le ragioni dei costi troppo alti e dei ritardi nei lavori per il Nuovo Piccolo. A fianco, lo stemma del teatro milanese

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