In Sicilia un terremoto chiamato tangente di Francesco La Licata

In Sicilia un terremoto chiamato tangente Senza giunta regionale, sospeso un assessore: e ieri 4 arresti e 58 avvisi all'Usi di Trapani In Sicilia un terremoto chiamato tangente Per appalti in ospedale nei guai 3 medici e un funzionario Una campagna elettorale pagata con i soldi dei contribuenti PALERMO DAL NOSTRO INVIATO Arriva a folate, il vento degli scandali. Come lo scirocco del deserto. E ogni volta porta via un pezzo di credibilità alla già precaria classe politica siciliana. L'ultima tempesta arriva da Trapani: ieri all'alba, carabinieri e Criminalpol hanno passato al setaccio l'Usi n. 1. Alla fine, dopo avere caricato carte e documenti sulle auto militari, hanno tirato fuori i provvedimenti giudiziari: 4 arresti e 58 avvisi di garanzia. In cella tre medici e un dirigente dell'Usi: Salvatore La Rocca, coordinatore sanitario; il primario del reparto maternità e neonatologia dell'ospedale Sant'Antonio Abate, Ines Bonanno Conti, il coordinatore amministrativo, Giacomo Borruso, ed Eugenio Nacci, direttore dell'Ufficio personale. L'accusa? La solita: corruzione, concussione ed associazione per delinquere. Che tradotto significa: tangenti in cambio della concessione di appalti per la fornitura di attrezzature sanitarie. Un'altra mazzata, dopo la sospensione dell'assessore regionale socialista Salvatore «Turi» Leanza, dopo gli arresti a Palermo, sempre nell'ambito della «malasanità», dopo l'ingloriosa fine dell'altro assessore regionale, Raffaele Lombardo, il manniniano di Catania finito in manette per avere, secondo l'accusa, pilotato i concorsi delle Usi in cambio di voti. Un terremoto che ha spappolato il debole tripartito (de, psi, psdi), costringendo il presidente della giunta, G de Vincenzo Leanza, a prendere atto delle «travagliate vicende delle ultime settimane» e di passare alle dimissioni. Addio governo regionale, dopo appena otto mesi di rodaggio. Ingoiato da una crisi alimentata da un clima di scandali e sopraggiunta in un momento di vuoto generalizzato. Palermo è senza giunta comunale, la Provincia ristagna e le più importanti Usi della Sicilia nell'impossibilità di lavorare perché «private» di esponenti di primo piano dei comitati di gestione. Come se non bastasse, poi, all'interno della de si profilano tempi non facili. La crisi alla Regione ha accelerato le dimissioni dei 3 vicesegretari regionali che, in pratica, gestivano l'ordinaria amministrazione in attesa di un segretario vero. E' impietoso, il vento degli scandali. Non risparmia i nomi eccellenti e non tiene conto delle appartenenze: quasi tutti i partiti di governo ne sono rimasti colpiti. La vicenda destinata a non esaurirsi in tempi brevi sembra quella che vede coinvolto l'assessore «Turi» Leanza. I fatti riguardano la campagna elettorale regionale dell'anno scorso. Il giudice Di Lello lo ha sospeso dalle funzioni. Pesanti le accuse: avrebbe distribuito ai suoi amici, quando era a capo della cooperazione, consulenze ben retribuite. Il magistrato ne avrebbe individuati tre: Giuseppe Petralia, giornalista-pubblicista catanese, il prof. Giuseppe Barbaccia, docente di filosofia della politica all'università di Palermo, e il consigliere comunale di Catania, Ernesto Saluzzo. Tutti socialisti, come l'assessore. Il giudice è convinto anche che l'amministratore si sia servito di soldi pubblici per finanziarsi la campagna elettorale del '91. Come? Comprando spazi pubblicitari sui giornali e giustificando la spesa come rendiconto della propria attività. L'assessore fa sapere che «è da provare che la spesa sia stata sostenuta coi soldi pubblici»; ma il magistrato parla di «condotta criminosa» e sospende l'assessore ora ai Lavori pubblici - per impedire che possa continuare ad «abusare della carica ricoperta». Non è storia nuova quella della campagna elettorale fatta a colpi di pubblicità pagata coi soldi del contribuente. Verdi e Rete hanno denunciato più volte il «malcostume». Interrogazioni ed interpellanze hanno colpito più di un assessore; da Franz Gorgone a «Turi» Lombardo, a Mommo Giuliana. Gianni Mattioli si fece portavoce in Parlamento dei dubbi su inspiegabili inserti pubblicitari apparsi su alcune riviste che in Sicilia hanno diffusione quasi nulla. Nessuno ha mai risposto, tanto che ora i Verdi pensano di preparare un voluminoso dossier. Un valzer di milioni distribuiti a gior¬ nali e a concessionarie della pubblicità per ottenere la «celebrazione dell'assessore», con foto gigante. Tanti soldi, come quelli (362 milioni) spesi per i viaggi all'estero dei consulenti. Tutto ciò ha portato alla crisi della Regione. Anzi, per la verità, a provocare il terremoto è stato Luigi Pintus, un piccolo funzionario regionale. Lui ha messo in moto l'inchiesta. Opponendosi pubblicamente alle «facili assunzioni dei consulenti esterni». Troppo rumore, tanto da giungere alle orecchie del giudice, con le conseguenze che tutti conoscono. Anche lo scandalo delle Usi di Palermo e Trapani è stato porta¬ to alla luce da una «ribelle»: la titolare di una ditta di attrezzature sanitarie, stanca di essere strangolata con la richiesta di tangenti. Lei ha segnalato i telefoni da tenere sotto osservazione. E che dialoghi istruttivi ne sono venuti fuori. Qualche esempio? «L'operazione è andata in porto - dice l'imprenditore al funzionario complice - e ti sei assicurato una rendita ogni 3 mesi». «Questo è un affare da 400 milioni». «Quel medico è stato promosso, deve essere trasferito, ma resta per fare gli ultimi colpi». Ma il colmo lo raggiunge un personaggio di Alcamo derubato della sua quota di tangente che, per ritrovare il malloppo, si rivolge alla malavita. L'inchiesta è partita da Palermo, ha travolto primari ed amministratori, approdando infine a Trapani. Ed ecco i quattro arresti e i 58 avvisi di garanzia. C'è dentro tutta la Trapani che conta: l'ex sindaco Garuccio; l'editore di «Telescirocco» ed ex presidente dell'Ussl, Beppe Bologna; Francesco Calamia, presidente della Commissione provinciale di controllo; l'ex deputato democristiano Francesco Spina; Salvatore Vassallo, socialista, ex vicepresidente dell'Ussl, tanto per citare i più conosciuti e più potenti. Si fermerà, l'inchiesta? Forse, ma le responsabilità politiche dell'assessorato alla Sanità non potranno non avere risalto nel dibattito che comincia oggi. I deputati siciliani si accingono ad una sorta di seduta di autoco-: scienza, in un clima di caduta dell'Impero romano. Pesa sulla maggioranza la ragioneria della «malamministrazione»: con Leanza sono 15 i personaggi politici finiti nel mirino della magistratura, e sono democristiani, socialisti, socialdemocratici, repubblicani e un missino. Hanno quindi buon gioco i deputati della Rete che ai colleghi del tripartito dicono: «La prossima riunione di giunta la terrete all'Ucciardone?». Francesco La Licata jj ■ L'assessore regionale siciliano Salvatore Leanza, sospeso dal giudice