Eltsin: non siamo i servi dei banchieri d'Occidente di Stefano Lepri
Eltsin: non siamo i servi dei banchieri d'Occidente A 24 ore dall'ammissione della Russia nel Fondo, forse una tirata a fini interni Eltsin: non siamo i servi dei banchieri d'Occidente WASHINGTON DAL NOSTRO INVIATO «Non intendiamo farci dettare alcuna condizione dal Fondo monetario internazionale»: appena un giorno dopo l'ammissione della Russia nel sacrario mondiale dell'economia di mercato, da Mosca il presidente Boris Eltsin gela gli entusiasmi, sembra rimettere tutto in gioco. Quanto sarà lungo, quanto sarà faticoso il negoziato che a partire dall' 11 maggio dovrà stabilire le condizioni dell'ingente aiuto dei Paesi ricchi alla Russia (24 miliardi di dollari per il solo '92)? A Washington - sia al Tesoro statunitense, sia alla sede centrale del Fmi - si sdrammatizza: propaganda a fini di politica interna, soprattutto. A favorire questa interpretazione è lo stesso vice-primo ministro russo Egor Gaidar, che qui domenica ha preso impegni precisi con i sette grandi dell'economia mondiale (il G-7): «Eltsin intende dimostrare alla nòstra opinione pubblica che adottiamo il programma di passaggio all'economia di mercato perché ci crediamo, non perché qualcuno ce lo impone». Nella giornata di ieri Gaidar ha ripetuto al presidente George Bush e al segretario di Stato James Baker che non c'è alcun doppio gioco, pur senza nascondere quanto il compito sia difficile. I prezzi liberi, dice, hanno molto ridotto le code davanti ai negozi, ma l'avanzare delle riforme presto le sostituirà con lunghe file di disoccupati. Al termine dell'incontro, Bush è sembrato ottimista e ha detto a un giornalista russo: «Riferite alla vostra gente che credo che tutto questo funzionerà». Il direttore generale del Fmi, Michel Camdessus, risponde con diplomazia: «Forse le parole del Presidente russo sono state fraintese. Noi non dettiamo a nessuno i nostri programmi di risanamento, li concordiamo con i governi interessati; ci risulta che Eltsin 10 abbia capito benissimo». Eltsin peraltro avrebbe dichiarato: «Non abbiamo bisogno di tutti i 24 miliardi di dollari subito. Non ci getteremo a capofitto nel baratro per questo». In realtà degli aiuti la Russia ha bisogno subito e Gaidar lo confessa senza reticenza. «Al momento - dice - le nostre riserve in valuta ammontano a 60 milioni di dollari, quelle d'oro a 170 tonnellate»: cifre da bancarotta per un Paese dal suolo ricchissimo di oro e petrolio. La Russia è sempre meno in grado di far fronte al debito estero (che riguarda anche molte banche italiane, ndr): «nel '92 avremmo dovuto rimborsare - aggiunge il ministro per il Commercio estero, Pioti" Aven - 21 miliardi di dollari. L'accordo di riscadenzamento con il Club di Parigi ci consente di pagarne solo 11. Di fatto ne stiamo pagando meno». Proprio con la franchezza («non usciremo dalla crisi prima di cinque anni») il vice-primo ministro russo ha ottenuto a Washington un successo personale. Lo testimoniano tra l'altro 11 ministro del Tesoro italiano Guido Carli, il suo collega statunitense Nicholas Brady, il sottosegretario tedesco Horst Koehler. Tutta la delegazione, età tra i 35 e i 40, è parsa composta di persone che sanno il fatto loro: il paffuto e trasandato Gaidar, dallo sguardo volpino, l'elegante Aven che sembra appena uscito da un'università anglosassone, il plenipotenziario per i rapporti con il Fmi Kagalovski. Parlano tutti in buon inglese, dimenticando ogni tanto l'articolo come tutti gli slavi. Sulle decisioni del Fmi la Russia potrà influire attraverso un rappresentante nel consiglio di amministrazione (23 membri). La sua quota di voto sarà del 3,00%, di poco inferiore a quella dell'Italia (3,04%). Il successo del negoziato di maggio sarà preliminare a ogni aiuto. Delicate saranno le condizioni per il fondo di stabilizzazione del rublo, che dovrà dare certezza ai banchieri e agli industriali esteri, come pure a imprese e cittadini russi, ancorando la moneta al dollaro entro una fascia di oscillazione del 7,5% in più o in meno. Dal 1° luglio il rublo sarà affidato al mercato valutario con un unico tasso di cambio. Dopo qualche tempo per verificare le tendenze del mercato, potrebbe avviarsi la stabilizzazione. Ma a quale livello di cambio? Gaidar insiste nel ritenere il rublo «molto sottovalutato» al cambio attuale (dieci lire circa), utilizzando il quale il prodotto prò capite della Russia sarebbe un sessantesimo di quello dell'Italia. Ma l'inflazione corre svelta. Stefano Lepri 11 vice premier russo Egor Gaidar [FOTO AP]
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