Tempesta al «Giorno» Damato sotto accusa di Gaetano Afeltra
Tempesta al «Giorno», Damato sotto accusa I giornalisti: il direttore è stato reticente sul caso Chiesa. Ma l'editore gli ha confermato la fiducia Tempesta al «Giorno», Damato sotto accusa Sul futuro del quotidiano pubblico rispondono gli ex direttori Afeltra, Rizzi e Zucconi MILANO. Quale mai sarà il futuro del Giorno, quotidiano a colori di tradizione lombarda, taglio popolare, proprietà pubblica (Eni) e imbarazzante innamoramento craxiano? E' un momentaccio per il direttore Francesco Damato. Se si guarda intorno vede quanto segue: l'ira della redazione per le troppe reticenze sul caso Chiesa, il bilancio in rosso (19 miliardi 752 milioni, cifre ufficiali 1991; 30 miliardi secondo stime ufficiose), l'emorragia di vendite (50 mila copie in meno in tre anni secondo i dati ufficiali), la rivolta di quattro caporedattori capitanati dal vice direttore (Enzo Catania). Non è un bello spettacolo. Oggi ha ricevuto tre notizie: una buona e due cattive. La prima arriva dall'Eni, dice e non dice: «Damato ha sempre operato in piena autonomia. L'editore apprezza il senso di responsabilità del direttore al quale competono le scelte inerenti la linea del giornale e la sua indipendenza di giudizio». Non è molto, anche se il comunicato si apre con una riga e mezzo incoraggiante: «L'editore rinnova la fiducia al direttore al centro di una ingiustificata e grave campagna di stampa». Le notizie cattive arrivano dalla redazione riunita in assemblea, pronta allo sciopero (per «sfiduciare» il direttore) e da Botteghe Oscure, sede pds, che ha lanciato un siluro firmato da Walter Veltroni: «Spetta alla società editrice dare finalmente un senso di novità, indicare un nuovo direttore che per professionalità, autorevolezza, indipendenza, segni una radicale svolta rispetto alle pratiche spartitone che hanno ridotto l'importante quotidiano a un foglio di partito pagato con i soldi dei contribuenti». Il contratto triennale di Francesco Damato scade il prossimo 24 maggio e negli stanzoni di piazza Cavour abitati dai 168 giornalisti del quotidiano è iniziato il conto alla rovescia. La domanda è sempre quella: il giornale-si salverà dal baratro? E a scanso di equivoci il Movimento sociale chiede in queste ore la privatizzazione del quoti- diano. Distanti dalla bufera, con l'occhio lungo degli ex padroni di casa, i tre direttori che hanno preceduto Damato (Gaetano Afeltra, Guglielmo Zucconi e Lino Rizzi), non sembrano granché ottimisti. Telegrafico più di tutti Afeltra, che si limita a nove parole (di augurio o di scongiuro, non si capisce): «La vitalità del Giorno resterà radicata nella tradizione lombarda». Zucconi preferisce dettare: «Non desidero fare la parte della regina madre perché è troppo facile dire al sovrano regnante cosa dovrebbe fare. Resta il problema generale: può un ente di Stato possedere un giornale? Dipende. Bisogna capire se l'Eni è solo incaricato dai partiti di te¬ nergli in caldo un giornale che loro non potrebbero pagare, oppure se, come succese ai tempi di Mattei, l'Ente è davvero sovrano. Privatizzare il Giorno? In questi anni un pensierino ce l'hanno fatto in tanti: Monti, Rusconi, Berlusconi». Cosa succederà non lo dice; si limita a constatare il nodo: quando il quotidiano va bene i partiti non lo mollano, quando va male i privati non lo vogliono. Succederà ancora. E Lino Rizzi, attuale direttore del quotidiano cattolico Avvenire? E' il più esplicito, il più offeso. «Il giornale è ridotto a un organo di partito. Non era pensabile prima. Io ero stato espresso dalla de, è vero, ma ho cercato di tenere il giornale sul filo delle ingerenze. Chi dirige un quotidiano pubblico ha il dovere di mantenerlo aperto al pluralismo. Questa direzione lo ha appiattito su un partito solo e così facendo gli ha tolto ossigeno, funzioni, persino ragione di esistere». Privatizzare? «Visto quello che sta succedendo, non mi sembra un'idea tanto sbagliata». L'ultima parola al comitato di redazione che si prepara a guidare gli scioperi, il primo oggi: «Damato, in questi anni, ha difeso Pillitteri e la sua giunta, ha cercato di ridimensionre scandali gravissimi. Sulla Lega Lombarda ha scelto il silenzio rinunciando a spiegare ai lettori ciò che sta succedendo in questa regione. Basta. Vogliamo un nuovo direttore». [p. cor.] Da destra verso sinistra: Guglielmo Zucconi, Lino Rizzi, Gaetano Afeltra, Francesco Damato
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