In mezzo alla battaglia di Kabul

In mezzo alla battaglia di Kabul Le case saltano in aria, i mujaheddin sparano aU'impazzata, la gente fugge. Ferito l'operatore del Tgl In mezzo alla battaglia di Kabul Masud bombarda, gli ultra contrattaccano KABUL DAL NOSTRO INVIATO Il teatro delle operazioni belliche si è concentrato nella vasta zona a Sud-Est di Kabul. Ed è come entrare in un inferno di ferro e di fuoco. Per raggiungerlo occorre convincere taxisti coraggiosi che guadagnano così, in una giornata, il salario di un anno. Tra la collina di Nadir Shah e il forte di Bala-Hissar, c'è stata battaglia campale con combattimenti di casa in casa, di strada in strada. Dalle prime luci dell'alba i cannoni pesanti di Ahmad Shah Masud, nuovo ministro della Difesa, hanno cominciato a martellare i quartieri oltre la collina di Nadir Shah, dominata dalle truppe di Hekmatyar. Case di fango saltano in aria come fuscelli sotto il risucchio delle esplosioni. Nelle brevi pause la gente cerca di fuggire. Una donna e un vecchio attraversano urlando e piangendo il crocicchio spazzato dalle raffiche, la provvisoria terra di nessuno. Hanno due bambini in braccio. Un altro l'hanno lasciato laggiù, sotto le macerie. Ed è solo l'inizio. Domenica sera il generale Nabi Azimi, l'uomo più influente di quello che fu il Consiglio militare del regime sconfitto, era apparso in tv per annunciare che l'esercito riconosceva l'autorità di Masud e per promettere l'amnistia a tutti coloro che avrebbero cooperato con lui. Ieri se n'è visto l'effetto con l'entrata in scena dell'aviazione. I Mig-21 della base di Bahgram hanno bombardato per cinque volte la collina di Nadir e i quartieri retrostanti. Ma gli integralisti di Hezb-I-Islami sono già scesi verso il fiume e a migliaia ne arrivano dalla strada di Logar. Da Bala-Hissar la milizia del generale Dostum martella l'incrocio che porta alla grande moschea. Siamo a due passi dal centro. Ma le forze di Hekmatyar contrattaccano in più punti, tentando di aggirare la fortezza. All'improvviso, da osservatore dello scontro, mi ritrovo tra i due fuochi. Ora sull'intrico di vicoli che portano al bazar sparano sia quelli di Hekmatyar che quelli del forte di Bala-Hissar. ti taxi di una troupe tv indiana, con cui condividiamo l'avventura, viene crivellato di colpi. I mujaheddin sparano all'impazzata in tutte le direzioni e non si capisce se sanno da che parte sta il nemico. Il rombo di una postazione di cannoni dello Hezb soffia davanti a noi. E dietro, da un cortile da cui si alzano volute di fumo nero, sibilano sulle nostre teste i proiettili dei tank dello Jamiat che si schiantano sulle case della periferia. Nel fango secco della stradina ci sono già chiazze di sangue e una larga striscia rossa ancora fresca di qualche ferito trascinato al riparo. Qualcuno, caritatevole, apre una porta di container e ci invita a entrare in un cortile. Nell'antro, lungo i muri, ci sono molti uomini silenziosi e impassibili che bevono tè. Chinati sulla terrazza assistiamo alle sorti della battaglia. Una salva di sette colpi possenti, che squarciano l'aria a non più di cinquecento metri da noi, mette a tacere le batterie di Hekmatyar. L'intero quartiere che si stende sotto Bala-Hissar è ora una nuvola di fumo e polvere, da cui emergono civili disperati in fuga. Saprò poi che l'operatore del Tgl, Enrico Cappozzo, è stato colpito in fronte da una scheggia proprio mentre riprendeva coraggiosamente lo scambio di colpi. Quando usciamo, correndo rasenti ai muri, un vecchio ci saluta sorridendo. Trascina una carretta sgangherata, ostentatamente al centro del viottolo, sotto il tiro dei cecchini: «Benvenuti nell'Afghanistan dei matti». All'ospedale della Croce Rossa interna¬ zionale il collega Cappozzo è già in sala operatoria. Il dottor Gino Strada, che esce poco dopo, conferma una prognosi benigna. Ma il rischio è stato grande. Lo spettacolo, tutto attorno, è terrificante. I feriti, tutti civili, affluiscono senza sosta: bambini, donne, grida di dolore. «Qui possiamo ospitare al massimo 300 persone, se riempiamo proprio ogni angolo - dice Strada - e siamo già pieni». Opera da ore, senza sosta. Gli altri ospedali cittadini sono stati abbandonati dal personale sanitario e i feriti vengono assistiti dai parenti, alla spera in Dio. Stanotte molti moriranno, meno fortunati di quelli che sono capitati qui, nelle mani di persone eroiche, com'è il dottor Strada, come Alberto, il fisio¬ terapista italiano, come il medico svedese, come l'infermiere australiano. Laggiù, a Bala-Hissar, si continuerà a combattere fino a notte. Laggiù è la guerra. Ma in città gli stessi contendenti si limitano a studiarsi reciprocamente dai due Iati di una stessa strada. Tutto appare assurdo, allucinante. Quelli di Hekmatyar occupano ancora il ministero degli Interni, mentre Jamiat - senza sparare un colpo - li fronteggia a venti metri di distanza. Un altro chilometro più lontano, vicino al palazzo presidenziale, Jamiat ha appena conquistato una Mercedes nera, blindata, a quelli di Hezb. Il deflettore è sfondato dal colpo di qualche mitragliatrice pesante. Il comandante locale Ruhabzoi racconta trionfante il bilancio della propria battaglia personale: cinque uccisi, trentacinque catturati, la Mercedes e due carri armati. Uno di questi, carico di mujaheddin, si muove verso la battaglia. Ma come credere al comandante se, poco dopo, dirà a un'altra tv di avere fatto fuori trenta Hezb e catturato altri duecento? La Bbc, intanto, comunica che Mqjadedi, il presidente del Consiglio islamico, ha deciso di partire da Peshawar in auto, verso Kabul, insieme a quasi tutto il nuovo, «governo». I pakistani hanno offerto la scorta e Masud fa sapere da qui che la strada è sgombra. Forse, il corteo, da Ja- lalabad, prenderà l'elicottero. Ma atterrare a Kabul è molto pericoloso. Altrimenti arriverà via terra, chissà quando. Circola voce di una tregua, accettata dalle parti. Ma Hekmatyar tace e la battaglia continua senza soste. I razzi continuano a partire verso i sobborghi a Sud, a intervalli di mezz'ora. E Gulbuddin Hekmatyar potrebbe essere interessato a fermare la carovana che viene da Peshawar, di cui egli è - altro paradosso - il primo ministro. Se quelli arrivano a Kabul la legittimazione di Masud sarà completa e fare guerra contro Kabul equivarrà a bollare come infedeli tutte le altre componenti della guerra santa islamica. Anche questa sera c'è la luminaria delle raffiche rosse sparate in aria. Mi chiedo cosa festeggino. Ma adesso il fuoco d'artifìcio è condito dai bagliori delle esplosioni e dei colpi sordi dei cannoni. Scrivo queste righe a lume di candela. E' mancata la luce e Kabul è solo un lenzuolo nero adagiato nella conca; neanche il telefono funziona. Se qualcuno le leggerà vorrà dire che sono riuscito a usare uno degli ombrelli satellitari che si aprono a decine sulle terrazze dell'hotel Intercontinental Kabul e che ci fanno tutti cittadini di questo villaggio globale pieno di tragedia e di assurdo. Giuliette. Chiesa L'operatore del Tgl rimasto ferito mentre filmava scene degli scontri a Kabul