Gli statuti cancellano la pace tedesca di Emanuele Novazio

Gli statuti cancellano la pace tedesca GERMANIA Non succedeva dal 74, si rischia la paralisi mentre anche i metalmeccanici protestano Gli statuti cancellano la pace tedesca Da stamane uffici e servizi pubblici in sciopero BONN DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Dopo le avvisaglie del fine settimana comincia la bufera: da stamane tre milioni di persone si asterranno dal lavoro, anche se un po' alla volta, e i servizi pubblici si fermeranno in tutto il Paese. Non circoleranno autobus e treni, e il traffico nelle grandi città impazzirà. Non funzionerà la Posta, e milioni di lettere e pacchi intaseranno i depositi nelle stazioni. Non saranno raccolti i rifiuti, chiuderanno teatri e asili, tutti i servizi amministrativi dello Stato, delle Regioni e dei Comuni saranno bloccati, telefoni e acquedotti non avranno assistenza, ci saranno disagi negli ospedali, ripercussioni negli aeroporti, il Paese vivrà secondo un altro ritmo, insolito per la sua gente. A meno di un fatto nuovo che consenta un sollecito ritorno al tavolo delle trattative, presto sarà la paralisi, e i tedeschi abituati a servizi efficienti vivranno nel caos. Non accadeva dal 1974, quando tre giorni di sciopero dei dipendenti pubblici misero in gi- nocchio la Germania e Willy Brandt, allora Cancelliere. Ma questa volta il panorama sociale ed economico è più inquieto, lo percorrono tensioni tenaci, dopo i grandi avvenimenti che hanno cambiato il corso della storia tedesca e la vita quotidiana di milioni di persone. Questa volta le posizioni sono rigide e lontane nonostante l'accordo sia saltato per pochi marchi: la differenza fra offerte e richieste era arrivata allo 0,6 per cento appena. Il governo ha proposto aumenti del 4,8 per cento, pari al tasso di inflazione previsto per l'anno in corso, ma i sindacati l'hanno rifiutata, chiedendo il 9,5 per cento; quando la commissione di arbitraggio ha tentato il compromesso con il 5,4 per cento, il governo ha rifiutato ma hanno accettato i sindacati, che di fronte al no di Kohl sono tornati alla richiesta iniziale. Lo sciopero costerà al Paese molto di più dello 0,6 per cento per il quale si è arrivati alla rottura. Ma questa volta i sindacati e la controparte, cioè Stato, Laender e Comuni, seguono strade di- vergenti perché non riescono a intendersi sui principi ai quali ispirare le rispettive scelte. Questa volta ci sono un'intransigenza e una difficoltà nella comunicazione che hanno molte origini, forse, ma un comune denominatore, l'unificazione e la crisi finanziaria e sociale che l'unità ha provocato nel Paese. Il governo insiste che bisogna «ripartire» le difficoltà delle regioni orientali. I sindacati insistono che la «necessaria partizione non deve significare una perdita di salario». E' una sfida molto seria. Perché dietro l'agitazione dei dipendenti pubblici se ne intravedono altre, a cominciare da quelle che interesseranno in settimana il settore metalmeccanico, dove lavorano 4 milioni di persone affiliate in maggioranza alla «IG Metall». E soprattutto perché lo sciopero che da oggi paralizzerà il Paese per la prima volta dopo diciotto anni, mostra che un altro mito è stato scalfito dalla storia: oggi finisce infatti quella «pace sociale» che per anni è stata osservata con invidia e qualche gelosia dagli altri europei, partner e concorrenti commerciali della Repubblica Federale. E comincia una fase nuova nelle relazioni sociali di un Paese indebolito nell'economia e in alcune delle certezze, affermatesi col miracolo economico del secondo dopoguerra. Dietro la prova di forza ci sono molte occasioni di polemica e tensione. La possibile mobilitazione dei «Beamte» - un milione e mezzo di funzionari che rappresentano un gruppo a sè, perché godono di alcuni privilegi ma non possono scioperare - è aspramente contestata. Il ricorso ai soldati della «Bundeswehr» per raccogliere i rifiuti è altrettanto avversato. Ma soprattutto lo sciopero nei servizi pubblici è fortemente impopolare. Molti giornali parlano di «irresponsabilità», l'opposizione socialdemocratica non appoggia le rivendicazioni dei sindacati, sostenute dalla stragrande maggioranza dei lavoratori, la gente protesta: un sondaggio mostra che soltanto il 13 per cento dei tedeschi considera lo sciopero «giustificato». Emanuele Novazio

Persone citate: Kohl, Willy Brandt

Luoghi citati: Germania