Milano tangenti anche nell'urna
Milano, tangenti anche nell'urna Scarcerati dopo la «confessione» al giudice. Ma il giro di bustarelle per gli appalti è molto più ampio Milano, tangenti anche nell'urna Gli 8 imprenditori: pagati venti miliardi MILANO. Un giro di bustarelle per centocinquanta miliardi. Venti hanno confessato di averli pagati gli otto imprenditori accusati di corruzione. Nella bufera gli appalti per ospedali e le aziende municipalizzate milanesi. Ma i soldi sono finiti anche nelle casse di alcuni partiti, per finanziare l'ultima campagna elettorale, quella del 5 e 6 aprile scorso. Quarantott'ore nel carcere di San Vittore, faccia a faccia con i giudici Antonio Di Pietro e Italo Ghitti, e gli imprenditori vuotano il sacco. Fanno nomi, tirano in ballo i politici, le menti occulte della Milano degli affari all'ombra della tangente. Oramai non c'è più rischio di inquinamento delle prove. I giudici accolgono, al termine degli interrogatori, la richiesta dei difensori di revoca della custodia cautelare. Unico obbligo per gli otto imprenditori la firma quotidiana in una caserma. Alle 20,30 le porte del carcere si aprono. Ad attendere gli imprenditori in libertà ci sono i parenti. Quarantott'ore di detenzione non sembrano averli provati. Ma adesso non parlano. «Siate cortesi, non possiamo dire niente», dice a nome di tutti Clemente Rovati. Sapere i nomi dei politici finiti nei verbali dei magistrati adesso è impossibile. Nell'inchiesta alcuni di loro sono entrati da tempo. Michele Colucci, assessore regionale del psi, ha ricevuto un'informazione di garanzia per corruzione. L'esponente democristiano Roberto Mongini, stessa trafila ma un altro reato: concorso in corruzione. «Siamo arrivati a livelli altissimi», conferma l'avvocato Antonio Pinto. Il suo assistito, Gabriele Mazzalveri, è titolare di un'impresa di costruzioni. In carcere è finito per gii appalti ottenuti dietro pagamento di una mazzetta da alcuni ospedali. «Mazzalveri ammette tutto dice ancora il suo legale -, ammette di aver pagato tangenti per centinaia di milioni. Ha pagato per avere gli appalti dall'ospedale Sacco e dal Fatebenefra- telli. Ha pagato anche per gli appalti della Metropolitana». Non c'è più nulla da nascondere. La città sa che gli imprenditori hanno confessato. L'avvocato Pinto spiega anche i dettagli: «Lui non pagava direttamente i politici. Pagava a degli intermediari, i capi delle cardate di aziende che poi spartivano». L'avvocato Vittorio D'Aiello difende Clemente Rovati, titolare dell'impresa di costruzioni Edilmediolanum. Secondo i giudici la società è al centro di mille affari. L'avvocato D'Aiello, dopo il supplemento di interrogatori a cui è stato sottoposto il suo assistito, ha ih mano un flacone di ansiolitici. Non vuole parlare e dice molto: «Questo oramai è un lungo romanzo. Nell'interrogatorio si è parlato di tutto, soprattutto degli appalti per la Metropolitana Milanese e per la costruzione del terzo anello dello stadio di San Siro». Gli otto imprenditori, com•plessivamente, hanno confessato di aver pagato tangenti per 20 miliardi. I magistrati chiedevano solo conferma. Nelle bufera ci sono ora le Municipalizzate: dall'Azienda Energetica Municipale (Aem) all'Azienda Tranviaria (AT); dalla Metropolitana Milanese alla Società Esercizi Aeroportuali. Vicepresidente di quest'ultima era il democristiano Mongini, finito nell'inchiesta. Completano il quadro gli appalti per il progetto di ammodernamento dell'aeroporto della Malpensa, «Malpensa 2000» e per la costruzione del terzo anello dello stadio di San Siro. Novanta miliardi di spesa iniziale, diventati 160 nel corso dell'opera per i Mondiali del '90. Poi ci sono gli ospedali: il Gaetano Pini, il Paolo Pini, Niguarda, il Pio Albergo Trivulzio dove stava Mario Chiesa, il Sacco, gli Iipab che per conto del Comune gestiscono gli ospizi e il Fatebenefratelli. Per quest'ultimo ospedale finisce nei guai Vinicio Viecca, per la de nel Consiglio d'amministrazione dell'ospedale. I magi- strati stanno cercando ora l'altro politico che fungeva da intermediario con gli imprenditori che pagavano la tangente. Dai 7 milioni iniziali con cui venne arrestato l'allora presidente della Baggina, Mario Chiesa, l'inchiestaina ormai fatto passi da gigante. Solo gli otto imprenditori interrogati in carcere hanno confessato di aver pagato tangenti per 20 miliardi. L'estrema difesa è convincere i giudici che quei soldi venivano chiesti dagli amministratori, dai politici. Ma alla procura della Repubblica, risultano tangenti per centocinquanta miliardi. Le prove sono nelle carte fino ad oggi sequestrate, ma anche le confessioni degli imprenditori interrogati con informazione di garanzia. Il carcere subito dagli altri imprenditori fa da deterrente. Una decina di piccoli industriali ha chiesto di poter incontrare il pm. Sono nomi nuovi, per ora sconosciuti agli inquirenti. Da loro potrebbero uscire nuovi filoni di quest'inchiesta che sta mettendo a nudo il mondo della tangente nell'ex capitale morale d'Italia. E' un fenomeno che si sta allargando a macchia d'olio. Anche l'Assimpredil, l'associazione che raggruppa gli imprenditori lombardi, avrebbe chiesto un colloquio in procura. Fabio Potetti Nella foto grande l'ex presidente del Pio Albergo Trivulzio di Milano, Mario Chiesa. Di fianco due degli imprenditori accusati di corruzione e e rilasciati. In alto Giovanni Pozzi, sotto Francesco Uboldi
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