LE RADICI DELLA CRISI BALCANICA

Duecento bambini ostaggi a Sarajevo Nelle mani dei serbi che chiedevano la liberazione di 9 compagni, poi sono stati liberati Duecento bambini ostaggi a Sarajevo La tregua Cee non tiene, bombe sui quartieri musulmani «Ci sono morti e feriti ma i soldati bloccano i soccorsi» ZAGABRIA NOSTRO SERVIZIO L'aereo speciale con a bordo gli alti funzionari europei non ha fatto in tempo a decollare da Sarajevo che il fuoco veniva furiosamente riaperto contro i quartieri musulmani della città. La tregua che il presidente del Consiglio dei ministri della Gee, il portoghese Joao De Deus Pinheiro, il presidente della Conferenza di pace sulla Jugoslavia, lord Carrington, e il coordinatore della Conferenza sulla Bosnia, José Cutilheiro, hanno fatto firmare ai capi dei tre partiti nazionali non ha retto neanche il tempo di fare asciugare l'inchiostro sui documenti. Le formazioni paramilitari serbe, aiutate dai carri armati dell'esercito serbo-federale hanno bombardato per tutta la notte la parte musulmana del quartiere di Ilidza. «Non è rimasto un solo edificio intatto. Le granate hanno colpito le case, le moschee, i cimiteri» ha dichiarato ieri il comandante della difesa territoriale della Bosnia. «Ci sono morti e feriti, ma i militari non permettono a nessuno di avvicinarsi con la scusa di mantenere la zona cuscinetto tra le parti in guerra. Ma con i loro elicotteri trasportano i miliziani serbi sui luoghi di battaglia. Migliaia di musulmani sono ostaggi nelle loro mani». Tra gli ostaggi nelle mani dei serbi ci sono stati, per alcune ore, anche 200 bambini che viaggiavano su due autobus scortati da veicoli dell'Orni. Il convoglio è stato bloccato e i bambini fermati. In un primo momento, per rilasciarli, i serbi avevano chiesto la liberazione di nove loro compagni catturati nei combattimenti degli ultimi giorni. Poi, sono stati liberati. ' Ora, tutta Sarajevo è circondata dalle formazioni paramilitari serbe e dai carri armati e dalle autoblindo militari che hanno bloccato le vie di accesso alla città. Nella capitale bosniaca nessuno crede al cessate-ilfuoco, né alla Dichiarazione firmata dai leaders nazionali alla presenza della trojka europea. «La Cee non ha ancora accettato i nuovi rapporti nati col riconoscimento della Bosnia Erzegovina come Stato indipendente e sovrano, ovvero non distingue al momento attuale l'aggressore da quelli che difendono la Bosnia». Hujrudin Somun, consigliere speciale nella Presidenza della Repubblica, si rammarica del fatto che gli europei abbiano insistito sulle trattative fra i tre partiti nazionali. A Sarajevo infatti rifiutano la tesi che vuole mettere sullo stesso piano le responsabilità politiche di serbi, musulmani e croati. «Il partito democratico serbo deve essere messo fuori legge come organizzazione terroristica» sostengono quasi tutti i partiti dell'opposizione. Intanto le milizie serbe e l'esercito continuano ad attaccare in tutte le parti della Bosnia. I massacri della popolazione musulmana non si contano più. A Zvomik tutti quelli che non vengono uccisi sul posto finiscono nei campi di detenzione della vicina Serbia. A Foca le case musulmane, prima saccheggiate, vengono incendiate. La situazione è drammatica a Bosanski Brod, al confine con la Croazia, dove l'artiglieria federale bombarda ininterrottamente la città. E' stata colpita la grande raffineria. Nell'incen¬ dio sono stati distrutti tutti gli impianti. La guerra divampa in Erzegovina. Ieri i combattimenti più violenti si sono svolti nella zona di Neum, vicino a Dubrovnik. Di fronte agli attacchi dell'esercito serbo-federale più di 180 mila profughi sono fuggiti in Croazia. Le autorità di Zagabria lanciano ripetuti appelli alla Comunità internazionale per gli aiuti umanitari di ogni genere. Nella capitale croata è giunta ieri la trojka europea. Il capo della diplomazia portoghese, De Pinheiro, si è dichiarato soddisfatto dell'incontro con il presidente croato Tudjman. Prima di Zagabria sono stati a Belgrado dove hanno parlato a lungo con il presidente della Serbia, Milosevic. Il leader serbo ha nuovamente respinto le accuse contro la sua repubblica, sostenendo imperterrito che non vi è nessuna formazione paramilitare serba in Bosnia. Riguardo all'ultimatum americano si è detto convinto che gli Usa erano stati male informati ma che adesso è stato chiarito tutto. Malgrado alcune voci contrarie, immediatamente bollate di tradimento, il Parlamento serbo ha confermato ieri la posizione del padre della patria rifiutando tutte le accuse contro Belgrado. Ingrid Badurina Il villaggio semidistrutto di Foca a 60 chilometri da Sarajevo (FOTOAP)

Persone citate: Carrington, De Pinheiro, Foca, Joao De Deus Pinheiro, Milosevic, Tudjman