Freud, la tortura di vivere

Freud, la tortura di vivere Scoperto a Londra il diario degli ultimi anni: la malattia e il nazismo Freud, la tortura di vivere L'ira per il Nobel mancato, il «panico di guerra»: wm^ H e un colloquio terribile per Salvador Bali fwi\ RENTUN ottobre 1929: 'Il «Escluso dal Nobel». 24 1 dicembre 1936: «Natale I di dolore». 9 marzo 1939: jfi 1 «Roentgen». Due, tre parole, pochissime di più in rare occasioni. In tedesco. Una calligrafia sicura, forte. Così si presentano le circa venti pagine dell'unico diario esistente di Sigmund Freud, sinora sconosciuto, che comprende gli ultimi dieci, tormentatissimi, anni del padre della psicoanalisi. E' stato ritrovato tra le molte carte ancora inedite, custodite al 20 di Maresfield Gardens, Hampstead, Londra: la bellissima casa dell'esilio, della sofferenza estrema, abitata da Freud appena quattordici mesi, dal 28 giugno 1938, giorno della angosciosa «fuga» da Vienna, al 23 settembre 1939, giorno della sua morte. Rimasta quasi intatta, la casa da qualche anno è diventata il «Freud Museum» affidato alle cure del «research director» Michael Molnar. E' lui lo scopritore del manoscritto. Ed è anche l'autore del libro, The Diary of Sigmund Freud 1929-1939, uscito ieri in Inghilterra presso la Hogarth Press. In esso, attorno al nucleo del journal, esiguo quanto importante non soltanto per gli studiosi, Molnar tenta di ricostruire, minuziosamente, la vita del maestro e della sua famiglia in quel decennio: quando il mondo, con il crescere di un doppio cancro, la vera e propria malattia e il nazismo, diventa per «l'uomo nuovo del secolo» sempre più cupo e disperato. Interpretare le rapidissime annotazioni ha richiesto, così l'autore racconta aWIndependent, sei anni di faticosissimo lavoro: certo molto favorito dai titoli «sigmundiani» dello studioso, che ha avuto a disposizione non solo il magnifico materiale di Hampstead con la parte ancora da rivelare dell'immenso carteggio freudiano, ma anche l'intero Archivio Freud custodito nella Library of Congress di Washington (e lì, ora, è stato mandato l'originale del breve diario). Per Tendere conto, con la massima precisione possibile, del pensiero di Sigmund, Molnar ha raccolto, in più, tutte le testimonianze ancora raggiungibili, alcune di ottima provenienza, come quella del primo nipote dell maestro: W. Ernest Freud ha scritto le note esplicative dei punti in cui egli stesso o altri membri del «clan» vengono menzionati. «In queste pagine, però, non vi è mai nulla di criptico - spiega Molnar -. Meno che mai l'accenno al Nobel sfuggitogli all'ultimo momento». E aggiuge: «Naturalmente non vi è neanche nulla di banale». Gli attenti lettori delle grandi biografìe di Freud, da quella di Ernst Jones alla recente di Peter Gay, vi troveranno più di una novità. Le annotazioni, così ampiamente elaborate, sembrano restituire quello che più preme all'autore: il ritratto di un Freud domestico, molto privato. Un uomo che combatte strenuamente per smettere di fumare, ma poi non può domare l'ansietà, l'agitazione, e torna ai suoi sigari nonostante la malattia mortale alla mascella e alla bocca. Un uomo che non sopporta si celebri il suo compleanno, ma poi sceglie amorosamente i regali per coloro che gli sono più vicini e che ama. Questo Freud tenero, a dir il vero, non stupisce se appena ci si ricorda del suo legame non solo con le persone, anche con gli animali, i cani di casa, con quel Chow-Lùn che stava accucciato ai piedi del suo padrone durante le sedute psicoanalitiche e fu una sorta di suggello nella grande amicizia con la principessa Marie Bonaparte. II diario, talvolta, ribadisce. Serve magari solo da conferma. Schematica, immediata. E' anche questa la sua forza, soprattutto a proposito dei contatti tra Freud e i grandi intellettuali contemporanei, Thomas Mann, Albert Einstein: incontri e scambi di corrispondenza già quasi totalmente noti, così come il carteggio con Ferenczi, l'allievo amatissimo e «scomunicato», pubblicato di recente. Ma, spesso, il journal va oltre. Suscita domande. Il 10 novembre 1935, domenica, Vienna, Freud scrive: «Visita di Yvette Guilbert». E' la cantante francese che aveva affascinato a suo tempo Toulouse Lautrec. Freud l'apprezza, non si limita ad assistere ai suoi concerti, Molnar cerca di capire che cosa abbia significato questa amicizia, a quell'epoca. Un'amicizia del resto più tardi documentata da lettere di entrambe le parti con il lamento di Freud nel biglietto del 24 ottobre 1938 che si conclude con parole piene di malinconia «...che mi promettiate una visita per il maggio '39 mi ha molto commosso. Ma alla mia età, ogni rinvio ha una connotation dolorosa...» (da Freud, biografia per immagini, Bollati Boringhieri). Anche il famoso incontro con Salvador Dali, accompagnato a casa Freud da Stefan Zweig, è fissato nel diario il 20 luglio '38. E' l'occasione nella quale il pittore schizza il bellissimo ritratto del padre della psicoanalisi e Freud pronuncia la frase agghiacciante: «Nella pittura classica io vado cercando l'inconscio. In quella dei surrealisti cerco il conscio». Per Dali, commenta Molnar, «fu la condanna a morte del surrealismo». I rapporti tra il grande padre e i suoi sei figli sono benissimo rappresentati nel «minimalismo» di queste pagine. Freud avrebbe voluto essere una guida illuminante per i ragazzi, ma soltanto Anna sembra sin dall'inizio la vera predestinata al suo fianco; benché Ernst, il più giovane dei maschi, sia spesso descritto come un «fortunato» e anche Stephen, Lucien, Clement vengano presentati come belli e bravi. Oliver, il secondogenito, non ha invece quasi nulla per piacere a Sigmund. Già l'8 aprile '33, Freud commenta così una visita del giovane: «Impressione deprimente». Invece Anna, l'ultima, l'eletta, non è mai in discussione. Prima tra i collaboratori del maestro, grande compagna di tutte le sue avventure intellettuali e sua erede rigorosissima (con enorme ostacolo al lavoro di ricerca che ha avuto via libera soltanto alla sua morte nell'82), per i sedici anni della malattia, fu anche la più devota delle infermiere. Era lei che, da mane a sera, aiutava il padre in tutto: persino a sistemare la protesi con la quale gli era stata sostituita la mascella distrutta dal cancro. Freud era ben cosciente che in questo modo Anna perdeva ogni occasione per formarsi una famiglia, forse provò un certo rimorso quando scrisse, nel '27: «Anna è magnifica. Buona e intellettualmente indipendente: ma non ha vita sessuale. Che farà senza un padre?». ' I due grandi tormenti di Freud, il nazismo e il cancro, compaiono in una serie di sequenze alternate nei dieci anni fatali fìssati dal diario. Sin dall'inizio definisce la sua vita «un tempo imprestato» poiché già nel '23 gli erano stati dati al massimo cinque anni di sopravvivenza. E' sempre estremamente forte e detenninato nei confronti della malattia. Dopo il terribile dicembre del '36 vi sono nel journal dozzine di note sulle sue operazioni. Scrive una sola parola: «Tortura». Freud non vuol concedere a quel «gangster di Hitler» nulla più di ciò che concede al cancro. Ed è una tragedia la sua decisione di lasciare Vienna. Vi acconsente soprattutto per amore di Anna. Il 12 marzo '38, sabato annota: «Finis Austriae...». E dieci giorni dopo: «Anna con la Gestapo...». E' quanto basta per deciderlo. La famiglia Freud sarà portata in salvo grazie all'intervento di molti amici e estimatori, ma soprattutto per l'opera di Marie Bonaparte che si occupa anche di trovare la residenza londinese di Hampstead. Gli ultimi mesi di Freud appaiono strazianti. Sedici anni prima ha fatto un patto con il suo medico, Max Schur: «Quando sarà il momento, finitemi a morfina». Gli scrive all'inizio di settembre: «Ora non è che dolore, non ha più senso continuare». Il 21 settembre Schur gli inietta una overdose di calmante, ripetuta per tre giorni. All'alba del 23 Freud muore. Le ultime parole scritte sul diario sono del 25 agosto: «Panico di guerra». La guerra scoppia il 3 settembre. Mirella Appiotti Era affettuoso e spesso nervoso: tenero con i figli ma non con Oliver: «L'impressione che mi ha lasciato è deprimente» JSif? wm^ H Albert Einstein e, nel disegno grande, un ritratto di Freud eseguito da Salvador Dalf. Sopra, il padre della psicoanalisi nel giardino di casa, con la moglie Martha, il figlio Ernst e il cane Lùn

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