Un cielo fatto a pieghe avvolge tutti i pianeti di Piero Bianucci
Un cielo fatto a pieghe avvolge tutti i pianeti L'ha scoperto un satellite della Nasa Un cielo fatto a pieghe avvolge tutti i pianeti Grinze lunghe milioni di anni luce nascondono la materia primordiale LOS ANGELES. Sono la testimonianza della primissima infanzia del cosmo: enormi nubi di materia, estese per miliardi di anni luce, alla periferia estrema dell'universo. Nubi con «pieghe», «grinze», «increspature» che risalgono alla primordiale vertiginosa espansione cosmica, avvenuta quindici miliardi di anni fa. Mai strutture così grandi e così lontane erano state scoperte. Ci è riuscito un piccolo satellite lanciato tre anni fa dalla Nasa: «Cobe», sigla che sta per Cosmic Background Explorer. Se l'annuncio, dato ieri pomeriggio con molta enfasi da George Smoot e da Joel Primack dell'University of California, verrà confermato, la teoria del Big Bang sull'origine dell'universo avrà trovato una ulteriore prova a favore, e questa volta forse definitiva. E l'uomo potrà davvero dire di aver visto i confini dell'universo. Non si deve pensare, però, che le immense nubi di materia che avvolgerebbero l'universo come in una colossale placenta siano state «viste» nel senso letterale del termine. Il satellite Cobe a bordo non ha dei telescopi ma un'antenna e un ricevitore per captare microonde, cioè per onde radio della lunghezza di qualche millimetro. Su queste onde viaggiano i «vagiti» dell'universo neonato. Oggi, a quindici miliardi di anni da quando essi furono emessi, sono vagiti estremamente flebili, che però permeano tutto lo spazio, arrivando a noi da ogni direzione e con una intensità straordinariamente uniforme. Ma il satellite Cobe ha scoperto che questa uniformità non è assoluta. In certe direzioni il vagito è un po' più forte, in altre lievemente più debole. Sono queste le «grinze» dell'universo, dietro le quali si nasconderebbero le nubi di materia primordiale. La più piccola di queste nubi misura mezzo miliardo di anni luce, il doppio del più grande ammasso di galassie finora conosciuto. Il satellite Cobe sta portando a termine una ricerca iniziata quasi trent'anni fa. Nel 1964 Arno Penzias e Robert Wilson, due scienziati del Bell Telephone Laboratory, scoprirono per caso che sulle onde molto corte (la loro antenna lavorava a lunghezze d'onda di qualche centimetro) dall'intero universo arriva una specie di rumore di fondo. Lì per lì Penzias e Wilson non si chiesero che cosa fosse quel fastidioso ronzio. A loro interessava una cosa sola: eliminarlo. Perché disturbava le telecomunicazioni. Altri scienziati, invece, quel ronzio l'avevano previsto e lo stavano cercando. Tra questi, Peebles e Wilkinson, del Princeton Institute. Quando essi esaminarono i dati dei colleghi del Bell Laboratory, conclusero che quel rumore di fondo era ciò che rimaneva del «grande scoppio», del Big Bang. Una scoperta clamorosa, che a Penzias e Wilson, benché non avessero capito il significato delle loro osservazioni, nel 1978 fruttò il premio Nobel, mentre quelli che l'avevano capito rimasero a bocca asciutta. Dopo il Big Bang la temperatura dell'universo si è fortemente abbassata: da miliardi di miliardi di gradi oggi è scesa a circa duecentosettanta gradi centigradi sotto zero (tre gradi Kelvin sopra lo zero assoluto). E a questa temperatura corrisponde appunto la «radiazione fossile», come è stato chiamato il «ronzio» delle microonde. Misurarlo dal suolo non è facile, perché ci sono molte perturbazioni dovute a segnali artificiali. Nello spazio invece le misure sonò molto più precise. Ecco perché il satellite Cobe è riuscito a mettere in evidenza quelle lievi «grinze» che da terra non sono percepibili. Piero Bianucci
Persone citate: Arno Penzias, Cosmic, George Smoot, Joel Primack, Penzias, Robert Wilson, Wilkinson
Luoghi citati: California, Los Angeles
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