«Volevo suicidarmi per la Polonia»
«Volevo suicidarmi per la Polonia» Intervista al generale Jaruzelski: lo stato di guerra ha accelerato la perestrojka «Volevo suicidarmi per la Polonia» «Chiedo di essere giudicato, voglio dire tutto» «Alle elezioni presidenziali ho votato Walesa» PARIGI NOSTRO SERVIZIO Il generale Wojciech Jaruzelski è a Parigi per presentare il suo libro di memorie e per partecipare al forum, «Dove va l'Est?». «Liberation» l'ha intervistato. Lei dice che la decisione di proclamare lo stato di guerra la ossessiona. E' arrivato al punto di sognarlo? Sarebbe esagerato, io dormo molto bene. Ma da sveglio ci penso spesso. Quello è stato il momento più drammatico della mia vita. Certo, ho vissuto anche situazioni peggiori: la deportazione, la Siberia, il fronte... Ma allora non ero responsabile della Polonia. E si tratta di un peso enorme. Tanto più che non era una semplice scelta tra il bene e il male. Ma, tra due mali, bisognava scegliere il minore. Ora prova dei rimorsi? Che cosa sarebbe successo se non ci fosse stato lo stato di guerra? Invece di aspettare otto anni, forse ne avremmo dovuti attendere 80 (per l'incontro della tavola rotonda, ndr). Si sarebbe dovuto anche attendere più tempo per la perestrojka e per l'arrivo di un Gorbaciov. Solidarnosc si sarebbe impadronita del potere oppure la Polonia sarebbe rimasta un isolotto nel blocco comunista. In ogni caso, ci sarebbe stato un golpe, che avrebbe eliminato gli uomini di centro come me, e i conservatori sarebbero stati chiamati sulla scena... Lei scrive che guardava spesso il revolver, mentre pensava alla necessità dello stato di guerra. Ha pensato veramente di suicidarsi? Sì, sì, sì. L'ho anche detto in giro. Recentemente, Stanislaw Kania (capo del pc fino a metà dell'81) mi ha ricordato una conversazione in cui gli avevo detto: non posso vivere così. Se non avessi dei doveri verso la mia famiglia, forse mi sarei già deciso. Che immagine vorrebbe lasciare di sé nella Storia? Soldato e patriota, questo mi basterebbe. E comunista? Non me ne vergogno. Ma lei ha dei rimpianti? Rimpiango che il comunismo non si sia realizzato. Era un'idea molto bella, che si è rivelata un'utopia. Ma penso che quando gli animi si saranno placati, le idee di giustizia sociale torneranno in primo piano. Lei si definisce un patriota. Lo si può essere quando si è il capo del pc di un Paese sa¬ tellite di Mosca? La Polonia avrebbe potuto essere altrimenti dopo Yalta? No. A meno di diventare un'altra Repubblica dell'Urss. Per noi, l'importante era di mantenere, all'interno del margine di manovra che ci era concesso, il maggior grado possibile di sovranità. Noi pensavamo che lo Stato creato a Yalta sarebbe durato. Chi, anche in Occidente, avrebbe immaginato che il 1989 sarebbe stato l'anno dei miracoli? Da piccolo, lei era credente. Come è successo che ha perso la fede? Adesso lei si è ravvicinato alla religione come l'ex presidente cecoslovacco Husak? E' vero, sono stato credente. Ho trascorso sei anni dai preti. Poi, gradualmente, ho perso la fede. Non penso che la recupererò, ma rispetto le persone che credono. Ciò che mi disturba di più è che in Polonia dei partiti cattolici, sventolando lo stendardo Cristo, dimostrino tanto odio e tanta intolleranza. Loro reclamano la «decomunistizzazione». Ha forse paura di essere giudicato? No, anzi sarei favorevole, perché sarebbe un'occasione per dire tutto. Per chi ha votato alle ultime presidenziali? Walesa al secondo turno, Mazo- wiecki al primo. E lei è soddisfatto del Presidente? Walesa mi è succeduto un anno fa, bisogna aspettare che arrivi a metà mandato per poter giudicare. Comunque, gli auguro che abbia successo. VéroniqueSoulé Dominique Garraud Copyright «Liberation» e per l'Italia «La Stampa» Il generale Wojciech Jaruzelski è in questi giorni a Parigi per presentare il suo libro di memorie [FOTO Al»)
Persone citate: Dominique Garraud, Gorbaciov, Husak, Jaruzelski, Stanislaw Kania, Walesa, Wojciech Jaruzelski
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