Andrej il cannibale russo «Sono pazzo uccidetemi»

Andrej il cannibale russo «Sono pazzo, uccidetemi» Andrej il cannibale russo «Sono pazzo, uccidetemi» «;;A;5;«K:>r!i*SS!i- ' ASSASSINO 55 VOLTE MOSCA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE «Sono uno sbaglio della natura, una bestia pazza». Pallido, lo sguardo fisso, il capo rasato a zero, il «mostro di Rostov», Andrej Chikatilo, ha iniziato la sua deposizione nella gabbia degli imputati del tribunale penale di Rostov sul Don, tra le grida di dolore e i pianti dei parenti delle vittime. Il processo, iniziato nove giorni fa, si concluderà, certamente, con una condanna a morte. 56 anni, ex maestro di scuola, membro attivo del disciolto partito comunista, padre modello di due figli adulti, quest'uomo ha per dodici anni violentato, massacrato e divorato decine di donne, bambini e adolescenti di ambo i sessi. Quando la polizia lo ha arrestato, nel gennaio del 1990, Chikatilo è stato accusato per oltre trenta omicidi. Lui ne ha subito negati tre, ma pian piano, durante i 16 mesi passati in isolamento in un carcere del «Kgb», ne ha confessati ben 55, alcuni dei quali nemmeno noti alla polizia, mostrando agli inquirenti i luoghi in cui, a partire dal 1978, aveva seppellito le sue vittime. Il lavoro non è stato facile. Per un periodo, infatti, Chikatilo aveva lavorato come commesso viaggiatore, disseminando cadaveri mutilati in tre repubbliche: dalla Russia meridionale all'Uzbekistan, passando per l'Ucraina. La maggior parte delle vittime caddero nelle sue mani lungo i 150 chilometri della ferrovia che da Rostov sul Don conduce a Zverevo (Russia meridionale). Gli uomini adulti non lo interessavano, ma per le donne aveva una predilezione, soprattutto se vagabonde, zingare, mendicanti o comunque senza fissa dimora. Per bambini e adolescenti, invece, non faceva differenza: maschi o femmine, fino ai 16 anni d'età, venivano violentati, e uccisi a coltellate o soffocati con una corda, o ancora sbranati. Poi Chikatilo iniziava il suo macabro rituale, tagliando la punta della lingua e gli organi sessuali alle sue vittime, mangiandoli, o portandoseli via. Solo nel 1982 la polizia iniziò a cercarlo attivamente, setacciando la regione, scoprendo casualmente gli autori di altri 40 omicidi, e rivolgendosi due anni dopo allo psichiatra Aleksandr Bukhanovskij, che dipinse il maniaco come «inibito, normalmente impotente, solitario e senza amici, afflitto da un senso di inutilità». Grazie allo sperma trovato sul cadavere di una vittima, la polizia riusci a ricostruire il gruppo sanguigno del mostro, iniziando un controllo a tappeto di tutti i possibili sospetti: squilibrati, maniaci, violentatori e... camionisti (ne furono controllati 160 mila). Ma tutto fu inutile. Chikatilo fu anch'egli controllato, ma il suo si è poi rivelato uno dei rarissimi casi in cui lo sperma non corrispondeva al gruppo sanguigno. Solo dodici anni dopo la polizia è riuscita a fermarlo, grazie a un errore del mostro: la sua ultima vittima era un suo allievo. Tenuto in isolamento e sotto stretto controllo, per paura che potesse essere ucciso dagli altri detenuti o dai parenti poliziotti di alcune delle vittime, Chikatilo si è «aperto» solo con Bukhanovskij, che ne ha tracciato un profilo pietoso. La storia, del resto, non sarebbe completa senza il pietoso racconto della vita dello stesso Chikatilo. «Esistono predisposizioni biologiche e sessuali per questo tipo di crimini - ha spiegato lo psichiatra - ma sono le circostanze sociali a determinare se queste predisposizioni si manifestano o no». E le circostanze sociali in cui l'omicida crebbe, erano quelle delle crudeli repressioni staliniste. «Quando ha iniziato a raccontarmi la storia della sua vita, era come se stesse descrivendo la storia della sua malattia», ha detto Bukhanovskij. Durante la grande carestia che, provocata dalla collettivizzazione delle campagne, investì vaste regioni dell'Urss nei primi Anni Trenta, il fratello maggiore di Chikatilo fu rapito, ucciso e divorato da contadini affamati. Era il 1933, o il 1934. L'omicida sarebbe nato solo nel 1936, ma «i suoi cari gli raccontarono di un fratello maggiore che scomparve a quattro anni, senza essere mai più ritrovato - ha detto Bukhanovskij - gli dissero che il bambino era stato rapito e mangiato». Chikatilo aveva allora quattro anni, e al racconto reagì con cieco terrore: «Da una parte trovò il fatto terribile e spaventoso. Dall'altra sviluppò per esso un insano interesse, e le sue fantasie ritornavano continuamente sulla fine del fratellino». Ma non è tutto. Chikatilo seppe della morte del fratello nel 1940. Un anno dopo suo padre partì per il fronte, a combattere gli invasori tedeschi. Durante la guerra fu però preso prigioniero, e quando fu infine liberato dall'avanzare dell'Armata rossa, nel 1945, fu spedito in un campo di concentramento come «nemico del popolo». Già nelle prime settimane del conflitto, infatti, Stalin aveva stabilito che chiunque cadesse prigioniero dei tedeschi sarebbe stato considerato un traditore. Il bambino, così, crebbe come il figlio di un «nemico del popolo», vessato da tutti, subendo continue umiliazioni e violenze. Certo, la comprensione non salverà Chikatilo, così come non lo salverà la battuta d'arresto che ha subito ieri il processo (l'omicida ha negato la propria responsabilità per l'uccisione della prima vittima, una bambina di dieci anni, per la quale un uomo fu già fucilato anni fa). La pena di morte in Russia viene eseguita con un colpo di pistola alla nuca, e pochi dubitano che Chikatilo finirà i suoi giorni così, nel silenzio della camera della morte della prigione di Rostov. Ma quello che preoccupa mquirenti e sociologi, oggi, è altro. L'ingiustizia, la miseria e la violenza di questi anni di crisi potrebbero far crescere una nuova generazione di mostri. «La crudeltà ha iniziato ad apparire - ha detto Bukhanovskij -, la generazione che sta crescendo in mezzo a tutto questo darà segno di sé tra 10 o 20 anni. Questo è terribile, ed è per questo che siamo così preoccupati». Fabio Squillante | | Andrej Chikatilo | sarà | sicuramente condannato a morte Anthony Hopkins nella parte del cannibale nel film «Il silenzio degli innocenti»

Luoghi citati: Mosca, Rostov, Russia, Ucraina, Urss, Uzbekistan, Zverevo