Messico, l'impero dei giaguari

Messico, l'impero dei giaguari Giochi, arte e gioielli precolombiani: 3 mila anni di storia in mostra a Rimini e Bologna Messico, l'impero dei giaguari E~~|j BOLOGNA " senza dubbio un successo dell'Emilia-Romagna, come regione tra le più I avanzate nel progresso culturale del nostro Paese, la realizzazione in contemporanea di due grandi mostre sull'America precolombiana: due mostre totalmente autonome, sicché è possibile tra l'una e l'altra quell'integrazione che naturalmente deriva dagli orizzonti diversi. Diciamolo subito: a Rimini si presenta una prospettiva verticale su un territorio ristretto, il Messico, che rivela più di tremila anni di storia laddove si pensava finora ad appena qualche centinaio; a Bologna si presenta invece una prospettiva orizzontale, su tutta l'area delle culture precolombiane dal Messico alla Bolivia, nell'intento di evidenziarne aspetti, caratteri e concezioni che si ripetono anche a grande distanza. Le novità sono amplissime, nelle opere presentate e nelle risultanze storiche e culturali. Volendo seguire un ordine, rifacciamoci a quello estrinseco dell'inaugurazione: a Rimini il 28 marzo, a Bologna il 30. E cominciamo, dunque, dicendo che a Rimini la mostra s'intitola «Le città degli dei: 10 culture precolombiane del Messico», è organizzata dal Meeting per l'amicizia fra i popoli d'intesa con la Jaca Book di Milano e l'Istituto nazionale di antropologia e storia di Città del Messico, presenta un'ampia serie di opere d'arte provenienti dai musei di questo Paese. La maggiore novità, come osservavamo, è la stratificazione nel tempo. Costituisce una vera e propria rivelazione la cultura riscoperta degli Olmechi, il primo popolo di età storica che abitò il Messico e diede vita, tremila e più anni or sono, a un'arte di cui, fino a qualche tempo fa, neppure si immaginava l'esistenza. Teste e statue in basalto, a blocchi squadrati di rara potenza espressiva, riproducono divinità e sovrani. Altre figure, in giada e in terracotta, uniscono all'immagine umana quella del giaguaro, che resterà l'animale più rappresentativo dell'iconografia messicana. Dopo gli Olmechi, il centro di gravità della cultura messicana si sposta sull'altipiano centrale, dove intorno al 600 a.C. un grande insediamento fiorisce a Teotihuacan. Metropoli dell'antichità Qui sorgono due piramidi, dette poi «del Sole» e «della Luna», che costituiscono i precedenti lontani di quelle a noi più note degli Aztechi. Teotihuacan rivela un'arte florida con rilievi templari, maschere in pietra e in terracotta, vasi dipinti a vivaci colori su cui ricompare la testa emblematica del giaguaro; ed è questa la più grande città del Messico precolombiano, estesa oltre 20 chilometri quadrati e abitata da circa 200 mila persone. Non possiamo elencare tutte le culture che si succedono nel Messico e che la mostra riminese evidenzia. Ma ricordiamo almeno che nei primi secoli dell'era cristiana una nuova popolazione, gli Zapotechi, dà vita a un'altra fiorente civiltà, il cui centro principale è Monte Alban, una città templare a 400 metri di altezza, protetta da una cinta muraria di tre chilometri. Ben conservato è lo stadio per il giuoco della palla, un'altra caratteristica delle civiltà precolombiane, che conoscevamo finora dai più tardi Aztechi. Ci avviciniamo ormai all'epoca della conquista. Tra il X e il XII secolo della nostra era fiorisce la civiltà dei Toltechi, con centro a Tuia. Contemporaneamente, più a Sud, si affermano i Mixtechi: orafi espertissimi e creatori di codici miniati in vividi colori su fibre vegetali, ovvero su pelli di capriolo e (ancora!) di giaguaro. Ma intanto si è sviluppata la prima tra le civiltà ben conosciute del Messico, quella dei Maya; e a partire dal XII secolo emerge e si afferma l'altra pure ben conosciuta, quella che fu chiamata sul luogo Mexica e dagli spagnoli Aztechi. Questi ultimi costituiscono, alla vigilia della conquista spagnola, un impero che riunisce tutto il territorio messicano e la cui capitale Tenochtitlan corrisponde all'attuale Città del Messico. Ma ecco ancora altre genti, altre civiltà che si confrontano con gli Aztechi e che la mostra di Rimini documenta nelle loro autonome creazioni d'arte: Totonachi e Taraschi sono tra costoro. Di tutte queste culture la mostra presenta statue, vasi figurati in forma umana e animale, maschere, strumenti della vita quotidiana; e insieme ricostruzioni e calchi spettacolari di monumenti, fino a 5 metri e mezzo di altezza! Ma passiamo a Bologna, dove la mostra s'intitola «Prima dell'America», è organizzata dal Civico museo archeologico d'intesa con il Consorzio Università-Città ed espone circa novecento opere d'arte provenienti da collezioni italiane pubbliche e private. Quest'articolazione che Rimini offriva nel tempo Bologna la offre nello spazio e soprattutto nella problematica della vita quotidiana, secondo i cui temi e i cui rit- mi si dispongono gli oggetti presentati. Lavoro, cerimonie, feste dalla nascita alla morte: la mostra enuclea ed evidenzia in successione le immagini degli uomini e degli dei, la rappresentazione delle donne e della vita di coppia, il lavoro artigianale e le varie forme della religiosità popolare. Il tema della nutrizione è legato all'uso della droga, una caratteristica delle civiltà precolombiane che si riflette nei volti allucinati di molti personaggi raffigurati. Ed ecco la musica, la medicina, il giuoco della palla con le sue implicazioni religiose e sociali, infine l'arte rappresentativa. Una «Fiesta» cosmica Scrive Giuliana Zanetti, curatrice dell'esposizione bolognese: «La mostra, come una grande Fiesta, è insieme racconto fantastico e storia reale dei popoli preispanici, riuniti in un'utopica piazza nella quale confluiscono, tutti indistintamente, al di là e fuori dello spazio e del tempo. La Fiesta è cosmica, è un momento di totale libertà, nella quale tutto avviene o è possibile che avvenga». Siamo dinanzi, dunque, a una «tranche de vie», all'antico filone letterario e storiografico della vita quotidiana che si ricostruisce trascegliendo esempi per temi e problemi, nello spazio e nel tempo. Ma ciò si può fare, o si può cominciare a fare, quando l'analisi spaziale e temporale sia stata approfondita, insomma quando risulti effettuato quello «scavo» di civiltà che l'altra esposizione bene esemplifica. E allora, occorre ammettere che siamo agl'inizi, che è giusta la critica sullo stato delle conoscenze finora esistenti espressa dai promotori della mostra di Rimini •/* «Nessuno si è fatto realmente carico di intraprendere un serio percorso che introducesse alla complessità e alla pluralità di quelle culture». A voler essere benevoli, gli studi precolombiani sono indietro di almeno un secolo rispetto ai nostri. Valgano le commemorazioni per il cinquecentenario della scoperta dell'America a ridurre questa lacuna. Sabatino Moscati Un esempio di cultura Tolteca: Atlanti del «Tempio di Quetzalcoatl», Tuia (900- Il 65 d. C). La copia in grandezza naturale di una delle statue (4,80 metri di altezza) sarà esposta alla mostra di Rimini di tedellaTeot Braciere di terracotta della Cultura Teotihuacana

Persone citate: Giuliana Zanetti, Monte Alban, Sabatino Moscati, Taraschi