Alcamo, in trappola i signori della droga
Alcamo, in trappola i signori della droga Sgominato un clan, oltre 40 arresti Alcamo, in trappola i signori della droga L'operazione ha coinvolto tutta l'Italia Sette ricercati sfuggono alla cattura TRAPANI. Operazione di polizia in grande stile, fra ieri notte e l'alba ad Alcamo e Castellammare del Golfo, nel Trapanese, dove sono state arrestate 32 persone. Altre quattro hanno avuto stessa sorte a Milano (Vito e Giuseppe Milotta di 62 e 40 anni), a Vercelli (Gaspare Sciacca, di 60) e a Velletri (Antonio Melodia, di 44). Altri sette incriminati sono sfuggiti alla cattura e fra essi l'enologo Vincenzo Milazzo, di 34 anni, che un po' tutti indicano come il numero 1 di Cosa Nostra ad Alcamo. I sètte latitanti sono ricercati. Tre ordini di arresto infine sono stati notificati in carcere ad altrettanti indiziati reclusi per altre accuse sempre connesse alla mafia. In totale sono dunque 46 le persone accusate di associazione per delinquere di stampo mafioso^ L'operazione è stata spettacolare, con 300 tra funzionari e agenti dei commissariati locali, della squadra mobile, della Criminalpol e della Dia, la Direzione investigativa antimafia, giunti in parte da Roma, in parte da Palermo. Due motovedette hanno incrociato nella baia di Castellammare del Golfo e al largo della vicina spiaggia di Alcamo. Sono stati fatti intervenire elicotteri e cani poliziotto. E' stata Silvia Giorgi, giovane giudice per le indagini preliminari del tribunale di Trapani, a ordinare gli arresti su richiesta della Procura della Repubblica. Così è stata presa di mira la società «Tre Noci», che produce conglomerati per l'edilizia, e si sta indagando su alcune società finanziarie i cui amministratori sono sospettati di aver consentito il riciclaggio di somme di denaro nell'ordine di miliardi e al tempo stesso di aver preso per il collo imprenditori e agricoltori in difficoltà economiche praticando loro alti tassi di interesse. Vincenzo Milazzo sembra essere il cardine dell'inchiesta. Era lui che gestiva la più grande raffineria di eroina d'Europa, scoperta dalla polizia il 25 aprile del 1985 in contrada Virgini, nella periferia di Alcamo in direzione di Castellammare del Golfo. Ed era lui che in primo tempo era stato accusato di aver ordinato la strage di Pizzolungo, sul lungomare di Trapani, in cui Barbara Asta e i suoi due figli gemelli di 6 anni, la mattina del 2 aprile del 1985, morirono dilaniati nell'esplosione di una Fiat 127. Tritolo e dinamite avrebbero dovuto far saltare non la «Golf» con la sfortunata madre e i due bambini, ma l'«Alfetta» blindata con il giudice Palermo che aveva indagato «troppo». Milazzo però fu prosciolto. Adesso polizia e magistrati sono convinti che l'enologo abbia avuto un ruolo decisivo nella «faida» che dal 15 gennaio 1991 con l'uccisione di Antonino Greco, 25 anni, ha visto contrapposti boss e gregari sui due fronti, quelli dei Greco (solo omonimi dei palermitani) e dei Milazzo. La faida è costata finora 31 omicidi, cinque casi di lupara bianca, numerosi ferimenti e un interminabile elenco di attentati a scopo intimidatorio. «Abbiamo colpito interessi illegali costruiti sulla raffinazione dell'eroina», ha detto il procuratore Coci. E il questore Matteo Cinque: «Le indagini vanno avanti anche con gli accertamenti bancari e patrimoniali». Si parla anche dell'apporto fornito da un pentito, Benedetto Filippi, che nel novembre scorso consentì con le sue rivelazioni l'emissione di 14 ordini di cattura. Antonio Ravidà
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