Brucia Sarajevo, città ribelle

Brucia Sarajevo, città ribelle Usa e Cee decisi a punire Belgrado, Milosevic accusa Bush di trame oscure Brucia Sarajevo, città ribelle Bombe a tappeto dei serbi ZAGABRIA NOSTRO SERVIZIO La capitale della Bosnia e Erzegovina è in fiamme. All'alba di ieri le formazioni paramilitari serbe hanno cominciato a bombardare Sarajevo con l'artiglieria pesante. Una vera pioggia di granate si è abbattuta sulla città incendiando decine di palazzi. Sono stati colpiti il Parlamento e la sede della televisione bosniaca. L'edificio di una grande società commerciale in pieno centro è stato distrutto dal fuoco. Le milizie serbe hanno attaccato con l'intento di occupare i punti strategici della telecomunicazione e della distribuzione elettrica. Più di 200 cetnici, appartenenti ai famigerati reparti armati del vojvoda Seselj, hanno partecipato all'azione degli estremisti del partito democratico serbo della Bosnia. Il gruppo è giunto a Sarajevo venerdì scorso, partendo da Belgrado a bordo di un aereo della base militare di Batajnica. «L'esercito federale è responsabile del bagno di sangue a Sarajevo» ha dichiarato ieri il capo della Difesa territoriale bosniaca. «Non solo hanno fornito armi e munizioni ai terroristi serbi, ma alcuni ufficiali stanno bombardando la città con i loro carri armati». Dalle abitazioni dei militari i cecchini continuano a sparare sulla città. Secondo la Croce Rossa ci sono decine di morti e feriti ma il fuoco viene aperto anche sulle autoambulanze e sui vigili del fuoco impedendoli nello svolgere le loro mansioni. Sarajevo è sull'orlo del collasso: sono chiuse scuole, fabbriche e uffici. Il traffico cittadino è paralizzato. Nei pochi negozi non ancora saccheggiati non si trovano più i generi alimentari di prima necessità. Il panico si diffonde sempre di più tra la gente che da giorni vive nell'inferno della guerra temendo oramai il peggio. Ma la situazione è drammatica in tutta la Bosnie I eacciabombardieri di Belgrado hanno bombardato l'Erzegovina occidentale mentre l'esercito serbofederale continua ad attaccare su tutti i fronti. Più di 130 mila profughi, croati e musulmani, hanno abbandonato le loro case fuggendo di fronte al terrore dei miliziani serbi. La mèta di questo tragico esodo di vecchi, donne e bambini è la vicina Croazia, dove questa gente disperata viene ad aggiungersi ai 300 mila profughi locali. Perché malgrado la presunta tregua e la presenza in Croazia dei primi contingenti delle forze di pace dell'Onu, la popolazione croata è tuttora costretta ad andarsene dalle regioni occupate dall'esercito serbo-federale. La brutale aggressione serba contro la Bosnia e l'assoluta indifferenza di Belgrado di fronte alle ripetute proteste della comunità internazionale, questa volta sta facendo perdere la pazienza sia agli Stati Uniti che alla Cee. A Washington e a Bruxelles si valuta oramai apertamente la possibilità di interrompere le relazioni diplomatiche con la vecchia Jugoslavia, ovvero Serbia e Montenegro. Si parla anche di embargo petrolifero. Il ministro degli Esteri tedesco Hans Dietrich Genscher si è dichiarato favorevole a provvedimenti più duri contro Belgrado, concordati con il segretario di Stato americano James Baker. «Il mondo non deve restare passivo di fronte alla drammatica situazione della Bosnia» ha detto il ministro degli Esteri turco Cetin, sottolineando che la Turchia ha dei rapporti molto stretti con i musulmani della Bosnia. Ma a Belgrado sembrano più decisi che mai a continuare sulla loro strada. Nell'incontro con l'emissario del Dipartimento di Stato americano, Ralph Johnson, il presidente serbo Slobodan Milosevic ha detto che le accuse americane contro la Serbia sono del tutto infondate, che gli Stati Uniti stanno facendo un gioco con precisi scopi politici e che la Serbia non ha mai avuto pretese territoriali di nessun genere sulle altre Repubbliche, anzi che è sempre stata lei la più favorevole alla pace. Ingrid Badurina Un profugo a Goradze: è fuggito dai bombardamenti dell'Armata [FOTOAPJ

Persone citate: Bush, Cetin, Hans Dietrich, Ingrid Badurina, James Baker, Milosevic, Ralph Johnson, Seselj, Slobodan Milosevic