«Mai ricevuta la lettera di Calvi»

«Mai ricevuta la lettera di Calvi» Era già stata pubblicata un anno fa. Tre rinvìi a giudizio per la ricettazione della borsa del banchiere «Mai ricevuta la lettera di Calvi» 7/ Vaticano smentisce: un documento falso ROMA. Per il Vaticano, ìa lettera di Roberto Calvi al Papa non non ha alcun valore. «Se esiste e non si tratta di una grossolana contraffazione - dichiara il portavoce della Santa Sede Joaquiri Navarro -, non è mai stata ricevuta in Vaticano. Comunque il suo contenuto è inattendibile e palesemente falso». Per la magistratura romana, invece, l'appello di Calvi a Giovanni Paolo II è verosimilmente autentico. A parte le polemiche fra la Repubblica e altri quotidiani per lo «scoop» strillato domenica dal giornale di Scalfari, (è stata presentata come inedita la missiva nota da almeno un anno), il giudice istruttore Mario Almerighi,- che ha depositato l'ordinanza di rinvio a giudizio per la ricettazione della borsa del «banchiere di Dio» - ha stabilito che il testo della lettera è stato messo nero su bianco con la macchina da scrivere usata per altre lettere di Calvi, quella che stava nella villa del banchiere a Drezzo, e che è perfettamente compatibile con «il contesto» emerso dall'inchiesta giudiziaria. La firma in calce alle due cartelle e" mezzo, inoltre, è stata riconosciuta dalla signora Clara Canetti Calvi come quella di suo marito Roberto. Il riconoscimento è agli atti dell'istruttoria, ma nonostante ciò la moglie di Calvi ha dichiarato ieri: «Non ho mai sentito parlare di questa lettera. Inoltre credo, dagli elementi che ho, che non possa essere stata scritta da Roberto». Per i giudici, comunque, è credibile che la lettera sia stata redatta proprio dal presidente del vecchio Banco Ambrosiano - che fra l'altro il 5 giugno 1982, data della missiva, si trovava effettivamente a Drezzo -, ed è un fatto certo che l'originale non sia mai stato trovato. La prova che sia stata spedita al Papa, invece, non c'è. La lettera del bancarottiere a Giovanni Paolo II è uno dei cardini attorno a cui ruota l'inchiesta che si è appena conclusa col rinvio a giudizio del faccendiere Flavio Carboni (indagato anche nell'inchiesta per l'omicidio di Calvi), del vescovo cecoslovacco Pavel Hnlica e del pregiudicato romano Giulio Lena. Sono tutti e tre accusati del reato di ricettazione aggravata della borsa di Roberto Calvi e del suo contenuto. Per convincere il prelato venuto dall'Est a comprare i documenti di Calvi, Carboni consegnò a padre Hnlica la fotocopia della missiva del presidente dell'Ambrosiano al Papa. E il religioso, anche in considerazione dei toni ricattatori di quel testo, aveva sollecitato altri monsignori ad affettuare i pagamenti. Il prezzo dell'«operazione S.I.C.V.» (così era stato ribattezzato il recupero delle carte di Calvi) era stato fissato in oltre 50 miliardi di lire. Gli anticipi versati da Hnlica a Carboni (due tranches da 600 milioni l'una) erano assegni dello lor firmati dal vescovo che la banca vaticana si rifiutò di pagare. Tuttavia, il giudice Almerighi ha accertato che se la banca vaticana non versò quei soldi a Carboni, ugualmente Hnlica riuscì a far arrivare qualche miliardo al faccendiere - soldi stavolta regolarmente pagati attraverso altri intermediari e altri istituti di credito. Inoltre, padre Hnlica avrebbe avuto an¬ che la disponibilità di conti all'estero sui quali la magistratura italiana non ha potuto effettuare alcun controllo. I versamenti «promossi» dal vescovo cecoslovacco in favore di Carboni sono una delle principali novità emerse nell'istruttoria. La missiva del bancarottiere a Giovanni Paolo II è diventata anche oggetto di una violenta polemica di altri quotidiani verso la Repubblica, che domenica ne ha pubblicato alcuni brani presentandoli come un'esclusiva, mentre lo stesso giornale - insieme agli altri - aveva dato notizia della lettera un anno fa. Il manifesto diretto da Luigi Pintor parla di «Repubblica che ri-pubblica» e di «resurrezione in piena regola», di «autoscoop che si riduce a puntare il dito contro Casaroli e An- dreotti». L'Avvenire, quotidiano della Conferenza episcopale italiana, bolla l'episodio come «operazione indecorosa a riprova che talvolta si può essere nani anche dall'altezza delle 800.000 copie». Per il giornale che ha in De Benedetti uno dei maggiori azionisti, scrive il direttore di Avvenire Lino Rizzi, «l'importante è tirare dentro alla vicenda anche soggetti istituzionali forti, meglio se il Papa in persona. Se è cascato anche lui nel gioco perfido di Calvi, come meravigliarsi che si trovi chiamato in causa l'imprenditore di Ivrea?». Per YAvanti!, organo psi, la Repubblica ha subordinato «informazioni e commenti alle proprie lotte di potere». Giovanni Bianconi Flavio Carboni, il faccendiere ex collaboratore del presidente del vecchio Banco Ambrosiano, a giudizio per ricettazione Roberto Calvi (nella foto sotto) avrebbe scritto la sua lettera a Giovanni Paolo II tredici giorni prima di morire Monsignor Paul Marcinkus, all'epoca era presidente dello lor (Istituto Opere Religiose) del Vaticano Luigi Pintor direttore del Manifesto

Luoghi citati: Drezzo, Ivrea, Roma