Miglio: però la forca è un deterrente di Francesco Grignetti

Miglio: però la forca è un deterrente Miglio: però la forca è un deterrente //professore della Lega con Fini tra i favorevoli ROMA. Sarà stata pure un'immagine orribile, quella del condannato a morte Robert Harris che entra con passo triste nella sua camera a gas. Ma in Italia la sua fine a qualcuno non dispiace. Passi pure Gianfranco Fini, segretario del msi, che da tempo sostiene la necessità di pene capitan. Sorprende invece Ù professor Gianfranco Miglio, ideologo della Lega, quando sostiene che «un Paese in cui vige la vera civilità del diritto, deve ammettere la possibilità di togliere la vita a chi commette reati oltre ima certa soglia di gravità». In un'intervista concessa al quotidiano Paese Sera, Miglio scantona dalla linea di Bossi. Il «senatùr» ha più volte sostenuto di essere contrario alla pena di morte. E invece Miglio dice che la pena di morte ha un'effetto deterrente. «Perché di fronte a una prospettiva del genere, ci si pensa sette volte prima di commettere un delitto». Le parole del professore non faranno piacere ad Amnesty International, ai radicali e a Rifondazione comunista. Ma fanno contento Gianfranco Fini: «L'adesione di Miglio - dice - mi fa piacere. In realtà siamo in tanti ad essere favorevoli. Sono convinto che in questo caso ci sia una bella differenza tra il Parlamento e la gente. Se si facesse un referendum propositivo, non dico che raggiungeremmo percentuali californiane, ma comunque avremmo la maggioranza». Ma quella storia del condannato che entra ed esce dalla stanza della morte, on. Fini, non le fa orrore? «Sì - ammette - la storia di quell'esecuzione è incredibile. Sembra la sceneggiatura di un pessimo film. Ma il fatto che gli americani siano dei pasticcioni, non toghe nulla alla necessità di fare giustizia». La risposta della Chiesa alle immagini televisive di una condana capitale, ovviamente, è una sola: l'orrore. Il segretario della Conferenza episcopale italiana, monsignor Dionigi Tettamanzi, è categorico: «Non è la pena di morte la strada sulla quale il condannato può riparare l'ingiustzia compiuta e sulla quale la società può essere aiutata a evitare il male». Ma mons. Tettamanzi è sconcertato anche dalle scelte televisive: «La dignità della persona merita un rispetto che i mass media sembrano dimenticare». Contrario alla pena di morte è anche Stefano Rodotà, presidente del pds. «Dopo due secoli di dibattito, la pena di morte è anacronistica e dimostra scarso sen- so di civiltà in chi vuole mantenerla. Le pene devono sempre tendere al recupero del condannato». Rodotà, insomma, rinvia al «dibattito». Sentiamo un paio di filosofi, allora. Il cattolico Rocco Buttiglione: «E' vero, si studia dai tempi del Beccaria, anche se le polemiche giornalistiche ten¬ dono a dimenticarlo. Il problema vero, però, è un altro. E' che cresce il senso di insicurezza sociale. Tutta colpa del permissivismo: il cittadino non si sente protetto, non c'è la certezza della pena. E allora, in uno Stato dove si riesce ad acciuffare un assassino su cento, si sfoga la frustrazione torturandolo». Conclusioni pessimiste di Buttiglione: «Come tutti i deboli, anche uno Stato debole è un violento. E io sono preoccupato per l'Italia. I nostri intellettuali per 40 anni hanno lavorato a dimostrare che non esiste una chiara differenza tra il giusto e l'ingiusto. Che tutto ha diritto alla comprensione. E invece ciò che è in- giusto va punito. Questa è una risposta ragionevole. Se non ci sarà una svolta, invece, la richiesta di pene capitali emergerà in modo barbaro. Inevitabile. A furor di popolo». Pessimista anche Lucio Colletti, filosofo d'ispirazione socialista. «L'altalena vista in tv è stata agghiacciante. Più assurda che mai. E la risposta è una sola: noi siamo contrari alla pena di morte». Ma davvero tutti gli italiani sono contrari? «Non lo so. In tante drammatiche occasioni, l'opinione pubblica s'indigna. Ma a mente fredda, penso che la maggioranza degli italiani sia contraria. Certo, quest'opinione si consoliderebbe se veramente le pene venissero scontate». Lo diceva anche Beccaria, che è meglio una pena lieve, ma sicura. «Ah, Beccaria... Lasciamolo perdere. Probabilmente la sua era una società molto diversa. Sì, vedo che in questi casi viene riproposto. Ma la verità è che i luoghi comuni hanno vita lunga e facile». Francesco Grignetti Monito vaticano «Non è la strada per evitare il male» La Chiesa critica le riprese televisive Rodotà: «Una legge anacronistica e incivile» A sinistra, Gianfranco Miglio In alto, Rocco Buttiglione Qui accanto, Gianfranco Fini

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