IL MALESSERE DEI MANAGER

IL MALESSERE DEI MANAGER IL MALESSERE DEI MANAGER AMILANO NNI Novanta, il management cambia pelle. Basta leggere i titoli della nuova collana varata da Raffaello Cortina per capire il salto profondo dai valori e dall'ottimismo del recente passato: L'organizzazione nevrotica, ovvero anche le imprese si ammalano; La comunicazione interna e il processo organizzativo, ovvero come superare la crisi del dialogo tra le varie forze di un'azienda; e dietro il più asettico Lezioni di consulenza, c'è l'obiettivo di aiutare i manager a sfruttare in modo adeguato i consigli dell'esperto, chiamato a sciogliere incagli o nodi delicati. E' quasi mutile spiegare il salto dai bestsellers Anni Ottanta, dal famoso One minute manager ai vari modelli di successo, magari ricalcati sui metodi (veri o presunti) di Alessandro Magno o Attila a queste raccolte più misurate, più dedite al problema della difesa, della salute mentale dell'impresa che di conquista di nuovi orizzonti individuali. C'è una crisi congiunturale, c'è forte incertezza sul futuro delle aziende e sulla loro organizzazione. Il modello giapponese diventa una sorta di mito (o di incubo) da odiare ma da imitare, magari a sproposito. Ormai è principio consolidato che l'impresa, l'ufficio o la fabbrica tendono a diventare «piatti». Decade il modello gerarchico, le mansioni e le responsabilità si distribuiscono in orizzontale e non più sulla base della solita piramide. Cambia il modello di carriera, la scala di valori, di soddisfazioni individuali, di «profitto» per chi opera all'interno dell'organizzazione. Il fattore determinante di successo diventa l'uomo e non la macchina. La capacità di far fruttare al massimo la tecnologia, di padroneggiare l'innovazione fa premio sull'investimento fisso in macchinari. Non a caso Gian Piero Quaglino, psicoterapeuta, docente di Psicologia Sociale all'università di Torino e curatore della collana, ha intitolato la nuova serie «Theatrum». L'azienda è un palcoscenico di tensioni, pulsioni, proiezioni e desideri destinata ad assumere una sua personalità, a creare la «sua storia», magari con le sue rimozioni e le sue angosce, destinate ad affiorare nei momenti critici del cambiamento. «Le aziende - spiega Quaglino sono tutte un po' malate e un po' sane, ai confini tra fisiologia e patologia. Viviamo un'epoca altamente competitiva e di grande incertezza sia individuale che collettiva». E di qui una ripresa di interessi per il management... «In realtà l'attenzione non è mai venuta meno. Semmai, nel corso degli Anni Ottanta è stata privilegiata la letteratura più effimera, magari più divertente, che ha avuto grandi meriti perché ha sollevato problemi giusti. Ma tutto è rimasto in superficie, non si è fatta ricerca di base a sufficienza, non sono emerse indicazioni operative». E adesso si cambia registro? «Noi stiamo traducendo testi scritti negli Anni Ottanta ma che da noi non erano stati tradotti. In passato l'Italia ha avuto una grande attenzione per il management e tutta la letteratura classica anglosassone ha avuto ottime traduzioni, più che in Francia ad esempio. Ma nell'ultimo decennio questo filone si era in parte esaurito». La questione è se le teorie di management, la letteratura in materia servano per davvero oppure se siano una forma di copertura, di difesa contro la realtà... «E' importante che le aziende non si difendano, come è avvenuto in passato, dagli stimoli esterni. L'obiettivo della consulenza è di stimolare, far crescere le risorse interne che quasi tutte le organizzazioni già possiedono. E' determinante non violare la cultura di fondo delle organizzazioni, rimettere in circolo le energie». E offrire, si può aggiungere, materiale per quel ceto di operatori del mondo del lavoro che si occupano di formazione, selezione del personale, e organizzazione del lavoro, migliaia di persone in arrivo dall'Università a loro volta cariche dei problemi imposti da un difficile inserimento nel mercato del lavoro. Non è una situazione facile, anzi. Vien quasi da citare i passi dell'Organizzazione nevrotica in cui si racconta la paura dei manager per gli incidenti aerei (metafora chiara delle traversie aziendali). Oppure le angosce dei dirigenti a «metà del cammin di nostra vita», con i colli di bottiglia, le secche della loro avventura professionale. Ma niente paura: non si sottopongono all'attenzione del lettore raccolte di incubi o di emergenze aziendali. Il problema è quello di riprendere il filo del discorso, con qualche sicurezza in meno sulla propria carriera ma tanta, tanta fiducia in più sulle proprie risorse di uomo e di lavoratore. In fin dei conti, i «guru» giapponesi, da Takeo Dori in poi, non hanno fatto altro... Ugo Bertone «Funtlilorì che tirano fuori il massellò» (1890) dipinto dì ('onslaril in Meunier

Persone citate: Alessandro Magno, Gian Piero Quaglino, Quaglino, Raffaello Cortina, Takeo Dori, Theatrum, Ugo Bertone

Luoghi citati: Francia, Italia, Torino