La seconda guerra afghana

La seconda guerra afghana S'attende la caduta della capitale, appello del re esule: fermate la strage La seconda guerra afghana Sparatorie tra lefazioni dei mujaheddin KABUL. Stretta da sud e da nord da guerriglieri di fazioni rivali, Kabul attende col fiato sospeso l'attacco finale, mentre nella capitale un ex vice presidente del deposto Najibullah, Abdul Rahim Hatef, si proclama capo di Stato provvisorio dell'Afghanistan e acquistano consistenza i timori di lotte fratricide tra mujaheddin. Ieri mattina scontri sporadici sono scoppiati tra diverse unità dell'esercito in almeno due zone della capitale, e nel vecchio quartiere del bazar le botteghe hanno immediatamente chiuso. Herat, nell'Afghanistan occidentale, caduta venerdì sera in mano a forze della resistenza, sarebbe stata ieri teatro di scontri tra diverse fazioni per il suo controllo. A combattersi, secondo fonti della guerriglia, sarebbero gli uomini di due capi storici dei mujaheddin, Gulbuddin Hekmatyar e Ahmad Massud. Il «falco» Hekmatyar, leader dell'Hezb-i-islami, ha lasciato ieri il Pakistan diretto in Afghanistan dopo aver nominato un consiglio rivoluzionario di 38 comandanti che dovrebbe prendere il potere a Kabul. Tra i comandanti non figura Massud. Le forze di Hekmatyar sono concentrate a sud di Kabul. Quelle di Massud premono sulla capitale da nord. Se Massud avanza su Kabul, ha messo in guardia un porta¬ voce del rivale Hezb-i-islami, «avrà vita difficile. Abbiamo allertato le nostre forze». Ma ieri le autorità che hanno preso il potere a Kabul hanno anunciato di aver raggiunto un accordo con Massud: il ministro degli Esteri Wakil ha dichiarato, senza fornire però particolari, che con Massud si è decisa una serie di misure per riportare la pace nel Paese. Wakil ha ammonito i fondamentalisti a non boicotare l'intesa: portare avanti la lotta aramata, ha detto, li esporrebbe alla severa reazione dell'esercito. Il ministro ha anche affermato che il deposto presidente Najib deve essere consegnato per essere giudicato dalla magistratura. E' una mossa che tende chiaramente ad anticipare le iniziative degli ultra islamici prevenire quella che appare come una nuova fase della guerra civile. Hekmatyar ha subito replicato: in un'intervista telefonica ad un'emittente tedesca ha annunciato di aver inviato suoi uomini a Kabul, dove nessun'altra formazione disporrebbe finora di propri elementi. Il leader fondamentalista ha detto che i suoi uomini sono entrati nella città da due lati dopo aver spezzato il cerchio difensivo. Nulla si sa intanto di Najibullah, che dovrebbe essere tuttora nella capitale. L'Onu deve smettere di negoziare la sua partenza, ha detto un portavoce del gruppo di Massud. Inoltre, essendo cambiata la realtà, la formula di un «consiglio imparziale di transizione» proposta dall'Onu non è più at-, tuale. L'organizzazione internazionale, ha detto il portavoce, deve invece assicurare un «trasferimento pacifico del potere a un governo dei mujahed-; din». Nel complicato scenario afghano è entrato anche l'ex re Zaher che da venti anni vive esule a Roma. «Sacrificare le ambizioni personali e politiche e creare una reale atmosfera di cooperazione e comprensione non solo tra i diversi gruppi collegati alla Jihad ma anche tra le personalità afghane»: è scritto in un messaggio che l'ex re ha inviato al suo Paese. «Sono ormai tre anni - scrive l'ex re Zaher - che le truppe sovietiche si sono ritirate ma, sfortunatamente, per varie ragioni, gli obiettivi della Jihad non si sono realizzati né a livello nazionale né a livello internazionale. Il dovere di ogni* afghano, indipendentemente' da considerazioni etniche, lin-' guistiche e religiose è di proteggere e preservare l'unità nazionale, l'integrità territoriale e il supremo interesse nazionale del Paese che è quello di rappresentare una entità indivisibile». [Agi-Ap-Ansa] li leader . dei falchi afghani Gulbuddin Hekmatyar Dispone di ventimila mujaheddin e marcia su Kabul