Un sogno di cartapesta; ecco «Bayadère» di Luigi Rossi

Un sogno di cartapesta; ecco «Bayadère» Trionfa alla Scala il balletto di Natalia Makarova, una summa del virtuosismo ottocentesco Un sogno di cartapesta; ecco «Bayadère» E per il guerriero Solor il meraviglioso atletismo dijulio Bocca MILANO. In epoca di creazioni astratte e post-moderne, la Scala ha riproposto un kolossal de! balletto d'azione ottocentesco, «La Bayadère», mai allestito da un teatro italiano. Un «test» impegnativo che richiede ottanta danzatori, offrendo ruoli per tutti i solisti e ospitando due popolari étoiles per la prima volta qui in totale evidenza: l'argentino Julio Bocca e la nostra Alessandra Ferri, che, per incomprensibili «ukase» sindacali, subentra soltanto dalla seconda recita. Lo sforzo di una produzione così importante, che purtroppo registrerà soltanto sei repliche, valeva veramente la pena? La risposta ci sembra affermativa, almeno nei confronti di un corpo di ballo accademico chiamato anche alla conservazione del repertorio tradizionale. Resta da vedere se le forze siano adeguate per affrontare un tipo di creazione pensata per complessi mas¬ sicci come il Kirov, il Royal Ballet o l'American Ballet Theatre. Queste ultime due compagnie sono proprio quelle per cui la riproduttrice del ballo Natalia Makarova ha approntato la sua versione basata sull'originale di Marius Petipa del 1877. Ma parlare di semplice riproduzione è riduttivo. L'artista russa ha fatto di questa sua opera un'autentica creazione, una sorta di «summa» di tutto il ballo ottocentesco, facilmente avvertibile anche dallo spettatore sprovveduto che non può non notare come la morte della protagonista richiami la pazzia di Giselle e che momenti come il passo a quattro del «divertissement» nel giardino del Rajah ricordi quello dei cignetti nel «Lago dei cigni». Senza contare infine che la Makarova ha addirittura costruito di sana pianta il quarto atto perduto, che le compagnie sovietiche un tempo e quelle russe oggi non fanno mai, quello del casti¬ go divino con lo spettacolare crollo del tempio e l'apoteosi finale del guerriero Solor che si ricongiunge con l'amata Nikiya. Già l'articolazione in quattro atti dà l'idea dell'imponenza di questa «Bayadère» nel gusto di tanto esotismo dell'epoca. La Makarova non ha tentato nessuna attualizzazione e fin dalla scenografia di Pierluigi Samaritani ha cercato di riprodurre il gusto kitsch, la strepitosa cartapesta che deliziava i gastronomici spettatori dei teatri zaristi. Ed ha distribuito difficoltà per tutti, a partire dalla protagonista Nikiya e, forse ancor più, dalla sua antagonista e deuteragonista Gamzatti, la figlia del Rajah, che contende il bel guerriero Solor alla danzatrice sacra. A giudicare dalla prima serata diremmo che è stata Gamzatti ad essere completamente all'altezza nella limpida tecnica e nella forte personalità di Elisabetta Armiato. Un po' più debole Isa- bel Seabra nel ruolo più drammatico della Bayadère, versione orientale delle innumerevoli silfidi e willy che popolarono il balletto romantico. Naturalmente il trionfatore della serata è risultato il folgorante Julio Bocca, a cui il ruolo di Solor appare congeniale ed ha già maturato in alcuni anni della sua breve ma irresistibile carriera. La sua strepitosa elevazione, i suoi ubriacanti «tours en manège» hanno suscitato l'entusiasmo di un pubblico inizialmente un po' freddo e diffidente. Un po' su questa linea di virtuosismo strappa-applausi sono stati Biagio Tambone nella breve parte dell'Idolo d'oro e Bruno Vescovo in quella del fachiro Magdaveya. Variamente impiegati e di diversa resa i molti solisti del balletto. Molto atteso l'atto bianco «Il regno delle ombre», che rappresenta il culmine della creazione. Ci sembra che nel complesso il corpo di ballo femminile chia- mato a disegnare le lùnpide geometrie che Petipa ha trasmesso a Balanchine sia stato all'altezza. Non delude neppure l'orchestra diretta da Marko Letonja, atteso alla prova dopo la baruffa della vigilia sulla validità o meno della musica di Minkus (ma il quarto atto è di John Lanchbery). Successo per tutti, specie per la Makarova apparsa alla fine fra i suoi interpreti. Luigi Rossi Julio Bocca

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