Il Palazzo assolve Ciarrapico di Roberto Ippolito

Il Palazzo assolve Ciarrapico Dopo la sentenza per l'Ambrosiano il mediatore va da Craxi e Andreotti Il Palazzo assolve Ciarrapico 7/ «re delle bollicine» prepara un esposto alla procura Cristofori non ha dubbi: una condanna sconcertante ROMA. Condannato. Ma non abbandonato. Giuseppe Ciarrapico ha ancora santi in paradiso. Amareggiato, sconvolto per una sentenza che definisce da clima del «terrore durante la Rivoluzione francese», il re delle bollicine non si perde d'animo. E ieri ha voluto toccare con mano la solidarietà dei vecchi amici. Ha bussato prima alla porta del segretario socialista, Bettino Craxi: ed è stato ricevuto. Poi ha suonato al campanello del presidente del Consiglio Giulio Andreotti: ed è stato accolto. Il giorno dopo la dura sentenza di primo grado emessa a Milano per il crack del Banco Amrbosiano (cinque anni e sei mesi di pena per concorso in bancarotta fraudolenta) Ciarrapico ha trovato conforto. Era prevedibile che Andreotti lo rincuorasse: l'imprenditore romano è così intimo del presidente da chiamarlo affettuosamente «il principale». Ma anche Craxi ha da tempo buoni legami con il Ciarra, mediatore di alcune delicate vicende politiche e di un grosso affare come la spartizione della Mondadori fra Silvio Berlusconi e Carlo De Benedetti (anche lui condannato per l'Ambrosiano). Ciarrapico ha intascato la solidarietà e ci ha tenuto a farlo sapere. Nello studio di Craxi, nella sede del partito socialista in via del Corso, è rimasto più di un quarto d'ora. Quando è uscito ha raccontato: «Sono andato dall'onorevole Craxi per spiegare a lui e agli amici socialisti la mia situazione e l'ingiustizia che ho subito a Milano». Ciarrapico si è mostrato soddisfatto: «Craxi mi ha manifestato comprensione per l'ingiustizia che ho subito: sono stato condannato perché ho restituito tutto». L'imprenditore, da un anno presidente della Roma calcio, si riferisce al rimborso del finanziamento ottenuto dall'Ambrosiano dieci anni fa e per il quale è stato giudicato. La vicenda è stata ricostruita ad Andreotti nell'incontro avvenuto nello studio di Palazzo Chigi. Il presidente del Consiglio non ha fatto dichiarazioni. Le ha fatte invece Nino Cristofori, sottosegretario alla presidenza, e altro fedelissimo. Cristofori non ha dubbi: «Almeno due condanne, quella di De Benedetti e quella di Ciarrapico, sono sconcertanti. Non si capisce proprio come ci si è potuti arrivare, ragionando sulla base degli elementi che si conoscono». In particolare a proposito del presidente dell'Olivetti il sottosegretario ha osservato: «Per quello che so De Benedetti aveva un pacchetto di azioni dell'Ambrosiano. Quando ha lasciato la vicepresidenza del Banco, l'ha venduto. L'operazione è stata fatta alla luce del sole e in piena trasparenza». Mani tese, solidarietà. Dopo la sentenza si passa però anche al contrattacco. Ciarrapico ha già preannunciato una mossa a sorpresa, mentre vengono presentati i ricorsi: il primo in assoluto è già stato inoltrato ieri mattina alle 8 e un quarto da parte degli avvocati di Licio Gelli, capo della loggia massonica occulta P2. Il re delle bollicine (che proprio in questi giorni sta trattando la vendita delle etichette del suo impero che comprende Fiuggi, Recoaro e Pejo) avanzerà un esposto alla procura, come fa sapere con un'intervista al settimanale «Milano Finanza», con il quale sosterrà che «nel passaggio tra il vecchio e nuovo Banco è sparito il 30% della transazione fatta con i liquidatori per il finanziamento dell'Ente Fiuggi». Ciarrapico assicura che «c'è un falso autentico accertato dal processo»: la transazione sarebbe stata retrodatata e al nuovo Banco sarebbe stato trasferito solo il 70% del credito. Ciarrapico protesta poi perché ritiene di «esser stato condannato senza un solo testimone a carico». Alludendo alla Rizzoli, lamenta che «il patrimonio del vecchio Banco non è stato realizzato per quello che valeva». E si chiede: «Perché sul banco degli imputati ero solo?». In altre parole ritiene che dovessero essere processati tutti coloro che hanno ottenuto finanziamenti: «Non capisco perché - chiarisce al telefono - hanno scelto me che ho restituito i soldi». Secondo Ciarrapico, «tutto il mondo della finanza italiana poteva finire sotto processo» visto che aveva rapporti con l'Ambrosiano, all'epoca prima banca privata italiana. L'imprenditore non si dichiara sorpreso per quanto è accaduto: «Del resto, come potevano condannare De Benedetti e assolvere Ciarrapico? Non era possibile. E' un po' la logica delle guerre tra lobby trasversali». L'amarezza non fa perdere però a Ciarrapico il gusto di parlare di politica. Si avvicina la corsa per la presidenza della Repubblica e lui ha qualche idea: «Vedo bene Andreotti. Chi altri se no?». Roberto Ippolito Intanto partono i ricorsi: il primo lo ha presentato Licio Gelli Da sinistra Nino Cristofori, Bettino Craxi e l'imprenditore Giuseppe Ciarrapico

Luoghi citati: Fiuggi, Milano, Pejo, Recoaro, Roma