I PARTITI PAZZI D'ANGOSCIA di Guido Ceronetti

I PARTITI PAZZI D'ANGOSCIA I PARTITI PAZZI D'ANGOSCIA SI è votato per un parlamento il 5 aprile. Bene. Articoli, riunioni, dichiarazioni. Dopo due settimane, uno Stato che funzionasse si sarebbe dato il nuovo governo. Oh no! Il loro termine invarcabile sappiamo qual è: il 15 agosto. Però, stavolta, potrebbero varcarlo e arrivare a metà settembre. Oppure, poiché recitano il «niente balneare», potrebbero fare il balneare. In tal caso, il meglio sarebbe affidarne la presidenza a un bagnino. Ma prima lo amputerebbero: per impedirgli di operare dei salvataggi. C'è del nuovo, che tuttavia non intacca l'imponenza del vecchio. Il contrasto Quirinale e il resto sarebbe salutare se fosse all'ultimo sangue, non una rissa di sosia, con repentini abbracci sulle bare. Uomini nuovi, che volessero esserlo davvero, dovrebbero prima di tutto farsi una lavanda della lingua più rigorosa della gastrica, purgarsi drasticamente di un linguaggio che uccide tutto. Già solo dire «il quadro politico» rivela all'interno il feto morto da mezzo secolo. Darei volentieri lezioni, a tariffe miti, poca cosa per chi intasca un mensile da satrapo e per la posta non paga il francobollo. Sarebbe già una novità meravigliosa l'abbandono di qualche decina di metafore e di luoghi sclerotici diventati intollerabili. La lugubre staticità dei rapporti di forza è stata lievemente increspata dal voto. Come terremoto si può valutarlo di grado molto basso, fatto salire per raptus politologico, ma dove sono i crolli, se non sono quelli del già crollato che continua per concorde finzione o collettivo accecamento a passare per stante in piedP. L'unica cosa che si è messa Guido Ceronetti CONTINUA A PAGINA 2 PRIMA COLONNA