«A Gelli e Ortolani darei il doppio» di Zeni
«A Gelli e Ortolani darei il doppio» «A Gelli e Ortolani darei il doppio» «De Benedetti non mi piace, ma Roberto lo stimava» ci può avvicinare a questa verità, ben venga. Il nostro obiettivo è quello di arrivare a una spiegazione globale della vicenda. Certo - è di nuovo la signora Calvi a parlare, collegandosi a un terzo telefono - la decisione del tribunale di Milano non ci dispiace anche perché molti personaggi condannati non sono certo nostri amici... Di chi parla, signora? Non solo non sono nostri amici, molti sono nostri avversari. Comunque, ripeto, per molti mi dispiace umanamente. Da quello che ha detto, non certo per Licio Gelli o per Umberto Ortolani? L'ho detto: a Gelli e Ortolani hanno dato poco. Adesso è di nuovo il figlio Carlo a inserirsi. Dice: «Questa è la dimostrazione della nostra tesi, papà ha dedicato tutta la sua vita al Banco, non lavorava certo per la bancarotta della sua banca come forse ha fatto qualcun altro». A chi allude, alla P2, a Gelli, a Ortolani? Pronto, pronto? Noi non siamo certo dispiaciuti per la condanna di Gelli e Ortolani. Alla cornetta è di nuovo Clara Calvi: «Meritavano il doppio, per loro non mi dispiace». E per De Benedetti? Oh, De Benedetti... Non le dispiace? Confesso, De Benedetti non mi è simpatico, non mi è mai piaciuto come si è comportato. Però Roberto ne aveva molta stima. Mi diceva: «E' una persona di i valore, servirà alla banca». Si inserisce di nuovo Carlo, il ; figlio. Per precisare: io ho parlato tante volte con mio padre e so per certo che De Benedetti è stato portato dentro... Dentro dove, scusi? Dentro nella banca, nel capitale del Banco Ambrosiano. E' stato portato in perfetta buona fede anche se lui, De Benedetti, nega. Comunque, per me, per mia madre, De Benedetti rappresenta un personaggio minore, in fondo è stato nel Banco un paio di mesi. Perché ha detto che non le dispiace troppo per De Benedetti, signora Calvi? Non mi è mai piaciuto, gliel'ho detto. Non mi piaceva come si comportava. Prima di entrare nell'Ambrosiano veniva a casa nostra, a Drezzo, tutti i sabati e le domeniche. Veniva sempre con quello della Finarte, un brunetto con gli occhiali, come si chiama? Francesco Micheli. Lui, proprio lui. Cosa voleva De Benedetti? Un giorno sono stata io a chiederglielo. Le ha risposto? Era sempre molto gentile, mi chiedeva della famiglia, mi raccontava della sua famiglia. Ma cosa le rispose? Rise e mi disse: se permette, signora, cosa voglio preferirei dirlo prima a suo marito. Era gentile, De Benedetti, poi è sparito. E pensare che Roberto lo stimava tanto. Una volta mi disse: adesso tutti i computer per la banca li compriamo da lui. E Bagnasco, l'uomo che divento vicepresidente e azionista del Banco subentrando a De Benedetti? Non mi era simpatico neppure lui. Ma questa volta non ero la sola, anche a Roberto non piaceva. Ufficialmente non risulta. Roberto non era contento dell'arrivo di Bagnasco. Diceva che gli avevano fatto mi trucco. Chi gli aveva fatto un trucco? No, mio marito non era per niente contento di Bagnasco. Diceva che era un uomo di Andreotti. Ricordo con certezza che Roberto mi parlò di qualche scontro forte, mi raccontò che Bagnasco se ne voleva andare dal consiglio e che lui gli aveva detto: «Se se ne va, io la considero dimissionario». Armando Zeni
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