Sugli scranni di Montecitorio un'invasione di colletti bianchi

Sugli scranni di Montecitorio un'invasione di colletti bianchi NOAM E COGNOMI Sugli scranni di Montecitorio un'invasione di colletti bianchi E' una super-lobby trasversale nel Parlamento eletto il 6 aprile scorso, destinata presumibilmente a dare filo da torcere nella nuova legislatura a chiunque si accinga al necessario risanamento finanziario dello Stato. Ne fanno parte quasi 250 fra deputati e senatori che nella vita civile sono pubblici dipendenti. Si tratta, in assoluto, della categoria più numerosa presente sui banchi della Camera e del Senato, superiore anche a quella dei politici di professione. Un pregevole studio del Sole-24 Ore rivela infatti che gli insegnanti sono il 7,9% dei deputati, i docenti universitari il 6,9, i dirigenti e funzionari statali il 6,2 e i magistrati l'I,4. Totale 22,4%, che sale addirittura al 27,6% per i senatori. Nella passata legislatura, i ministri finanziari hanno accusato, spesso non a torto, le lobby parlamentari di aver provocato stravolgimenti della legge finanziaria che hanno comportato maggiori oneri per migliaia e migliaia di miliardi. In qualche circostanza, hanno puntato il dito accusatore sui colpevoli, indicandoli con nome e cognome. Formica, per esempio, ha portato all'onore delle cronache Triglia e Favilla che, a dispetto del suono dei loro nomi accoppiati, non sono una compagnia di giro, ma due parlamentari che hanno vigorosamente rappresentato gli interessi degli enti locali, scarsamente votati al risparmio di risorse pubbliche. Con gli insegnanti e i ferrovieri in questi giorni sulle barricate e con molte altre categorie in fibrillazione, non occorrono divinazioni per prevedere che i disboscamenti necessari nel bilancio statale troveranno fieri avversari nei pubblici dipendenti, che rappresentano il braccio pù gonfio del fiume in piena della spesa pubblica. Non dubitiamo che molti degli statali eletti in Parlamento saranno più sensibili al bene comune della Nazione che all'interesse di corporazione, ma come non nutrire qualche sospetto sulla loro fedeltà ai principi generali se si andrà a toccarli nel portafoglio? Notoriamente i 3 milioni e 600 mila impiegati di Stato, parastato, enti locali, sanità e quant'altro, sono troppi, mal selezionati e mal distribuiti, ciò che causa l'inefficienza generalizzata del Paese. Eppure, sono fra i più protetti del mondo dal punto di vista salariale. Il sistema retributivo pubblico si fonda su una selva di automatismi e di garanzie a maglie strette che, secondo il Censis, non ha paragone, se non in parte solo in Spagna, Grecia e Lussemburgo. Per noi comuni mortali, ad esempio, il «galleggiamento» è quello del pedalò quando andiamo al mare. Per i pubblici dipendenti è invece quel provvidenziale automatismo che comporta l'adeguamento delle retribuzioni dei pali grado. Una grande operazione galleggiamento è in atto proprio in questi giorni e, con ogni probabilità, porterà ogni anno una cinquantina di milioni netti in più nelle tasche di 40 prefetti di prima classe e di 400 consiglieri della Corte dei conti, quegli arcigni censori delle smodate spese statali. Il galleggiamento Amato, dal nome del direttore generale delle carceri che ha scatenato la quadriglia, consiste in questo: nominato prefetto, si è visto che per una serie d'indennità spettantegli come capo dell'amministrazione carceraria, Amato guadagna quasi il doppio dei suoi pari grado. Naturalmente, questi prefetti di prima classe galleggeranno fino allo stipendio del loro collega. Ma che c'entrano i consiglieri della Corte dei conti? E' presto detto: un prefetto, che si chiama Lacommare, è passato a una sezione giurisdizionale della Corte dei conti. Se anche lui galleggerà, lo seguiranno altri 399 fortunati consiglieri. Nell'agosto dello scorso anno una nuova legge ha posto fine al galleggiamento, ma come si vede non a tutti i suoi effetti. Del resto, paradossi di questo tipo nella pubblica ammirò^ strazione sono all'ordine del giorno. E qualunque governo voglia por mano seriamente ai conclamati tagli di spesa non potrà fare a meno di andare a spulciare tra i molti segreti di un sistema retributivo stravagante e insensato. Chissà se la super-lobby lo consentirà, o se invece si compatterà nella difesa dei privilegi corporativi, magari trovando altri alleati. Non dubitiamo, ad esempio, che possa riuscire a pescarne in quel 3,3% di sindacalisti che dal 6 aprile siedono nei banchi di Montecitorio. Alberto Staterà

Persone citate: Alberto Staterà, Favilla, Formica, Lacommare, Triglia

Luoghi citati: Grecia, Lussemburgo, Spagna