Buñuel il fascino indiscreto della gelosia

Buñuel il fascino indiscreto della gelosia La vedova pubblica una biografìa: possessivo e ipocrita, non le permetteva neppure di suonare il piano Buñuel il fascino indiscreto della gelosia EMADRID UIS Bunuel era un machista. Possessivo, prepotente e geloso fino all'ossessione. Lo rivela colei che fu per cinquantanni la moglie silenziosa ed invisibile del regista, Jeanne Rucar, in un breve libro pieno di ironia, da poco pubblicato in Spagna: Memorie di una donna senza pianoforte (Alianza Editorial, Madrid). Afflitta da una cecità oggi quasi completa, la signora, nata a Lille nel 1908, ha fatto trascrivere i suoi ricordi da Marisol Martin del Campo. «Sono certa che Luis s'infurierebbe con il mio libro», scrive. Così, ha aspettato che il marito la lasciasse, per raccontarne la metà nascosta, i vizi privati: l'obbedienza a quella morale conservatrice, borghese e ipocrita, derisa e combattuta fino al suo ultimo film. Ma spinta - tra le quattro mura di casa a Città del Messico - fino al parossismo e all'ossessione. Un'immagine colpisce fin dalla prima pagina della prefazione. E' la fotografia di Jeanne, giovane e bellissima: un volto incorniciato (o imprigionato) da due battenti di ferro arabescato allo stile dei balconi sivigliani o arabi. Allegoria, scrive la curatrice, «dell'atteggiamento di Bunuel verso la moglie: possessione, gelosia, apartheid». Un'esagerazione? Vediamo. Con una certa apprensione, il lettore, e fan di Bunuel, scorre i capitoletti sull'infanzia di Jeanne a Lille e l'arrivo a Parigi dopo la grande guerra. Bunuel l'ha conosciuta a casa di un amico pittore. «Ho certe pastiglie da sciogliere nel vino, eccitano le donne», butta lì Bunuel. Che appena arrivato dalla Spagna scambia per prostitute Jeanne e le sue amiche in giro senza chaperon. La proposta viene respinta con indignazione e inizia il fidanzamento «in casa». Durerà otto anni. Jeanne, altissima e timida, «una giraffa scema», come si autodefinisce, è allieva all'Accademia di ginnastica ritmica di Madame Poppart. Ha appena vinto una medaglia di bronzo alle Olimpiadi di Parigi del 1924. La danza è il suo cammino, la rivalsa sui suoi insuccessi negli studi. Ma non lo sarà per molto. «Disgraziatamente, un giorno Luis mi accompagnò all'Accademia. Qualche ora più tardi mi proibì di fare ginnastica: "E' indecente Jeanne, ti si vedono le gambe. Mi dispiace che la mia fidanzata si esibisca"». Al lettore torna in mente una sequenza: Angela Molina adolescente che danza il flamenco, nuda, vitale, scatenata, nel film d'addio di Bunuel, Quell'oscuro oggetto del desiderio. Poi è la volta delle lezioni di pianoforte. Bunuel la scorta fino alla porta e scopre che il professore è un uomo attraente. Segue un breve dialogo. «Chi sta con voi durante la lezione?». «Nessuno, Luis. Perché?». «Per curiosità. E' sposato?». «Ma Luis, non lo so, non mi interessa». Qualche giorno dopo, Jeanne suona Strauss al piano su invito del padre, in onore di Bunuel. Che commenta: «Per suonare così... meglio lasciar perdere...». Jeanne sistema con cura il feltro verde sui tasti, chiude il piano. Scrive al professore che non prenderà più lezioni. E la sua figura, per chi legge, comincia a sovrapporsi a quella di Gloria, la moglie martirizzata dalla gelosia di Arturo de Cordova, protagonista di Lui. Interrompiamo un momento la lettura. C'è in giro in questi giorni in Spagna una versione sonorizzata di Un Chien Andalou, il film del debutto nel 1928: l'occhio di bue rasoiato, le mani del ciclista sul seno nudo di Simone Mareuil... Ma in fondo, l'artista è una cosa, l'uomo un'altra... Solo, ritorna in mente una dichiarazione di Bunuel a quei tempi: «Il surrealismo per me non è un movimento artistico estetico, ma morale. Quel che voglio è cambiare le regole, fare esplodere la società». Lo ripetè poi tutta la vita. Ancora a proposito del piano: in un volume postumo di Max Aub, Conversazioni con Bunuel, un tomo di 600 pagine, un'enci¬ clopedia per maniaci documentati, un'amica di famiglia, Concila Mantecon, dichiara con soave cattiveria: «Ma Jeanne suonava molto male il piano. Sa fare solo la Marsigliese». Insomma, forse sull'altare della gelosia di Bunuel non è stata sacrificata una grande pianista. Ma il ragionamento, in ogni caso, è di scarsa rilevanza. Perché ripresa la lettura, molti capitoli dopo, la storia ha un pendant. La famiglia Bunuel, con i due figli, dopo gli anni difficili e poveri di New York e di Los Angeles, è ormai sistemata a Città del Messico. Jeannette Alcoriza regala un piano a Jeanne. Mesi dopo, è notte, tutti, riuniti per una cena a casa Bunuel, sono un po' bevuti. Cotito, la figlia dei famosi Mantecon, propone al regista: «Ti dò tre bottiglie di Champagne in cambio del piano». La signora Jeanne ride, la proposta le sembra assurda e pensa a uno scherzo, peremo quando Bunuel risponde: «Affare fatto». Ma la mattina seguente suona il campanello. E' Cotito, con le tre bottiglie e il camion che si porta via il piano. La signora commenta: «Luis era geloso delle mie attività. Mi proibì il piano, la ginnastica, e quando i figli se ne andarono di casa ed io scoprii che mi piaceva rilegare libri, mi tolse anche quello». Con un pretesto: le lezioni terminavano alle 7, e lei era obbligata a ritornare a casa ogni giorno alle 5 del pomeriggio. Così come era proibito ricevere amiche a casa, alla moglie quanto ai figli, mentre la porta era sempre aperta per gli amici di lui. O leggere i libri della sua biblioteca, o intervenire nelle loro discussioni. «Quando riceveva i suoi amici, Luis mi chiedeva: "Jeanne, vai in camera tua, o in cucina, la- sciaci soli"». Guardiano severissimo della sua vita privata, custode implacabile di un ménage matrimoniale ermeticamente chiuso a terzi, confinò tutta la vita la consorte nella riserva cucina-figli-passeggiate nel parco, con carrozzine e cani. Quasi lo sfondo da cui germina la Belle de jour, la signora borghese inappagata che, nel film che gli darà la fama mondiale, Bunuel trasforma in una delle più inquietanti prostitute dello schermo. E alla signora Jeanne - si domanda il lettore - pur senza arrivare a tanto, non venne mai in mente di ribellarsi? O anche solo di seguire il consiglio della suocera, «Digli sempre di sì e fai quello che vuoi»? Evidentemente, no. Il carattere arrendevole e dolce, l'ingenuità, i tempi? Chi lo sa... 1 Resta l'ironia, che in queste pagine sostituisce amarezze, acidità o rimpianti di una vita trascorsa nell'ombra. Da segregata. Come quando Jeanne racconta di come, ancora negli anni del fidanzamento, Bunuel parte per la Spagna. Con una consegna: può uscire solo se accompagnata da due amici spagnoli (e perciò affidabili). Uno è Salvador Dali. Il quale propone a Jeanne di ammazzarla, perché possa scoprire se c'è un aldilà e tornare a raccontarglielo. Bunuel: la gelosia, la fedeltà, il sesso... Amanti? Forse qualcuna, ammette la signora, nei primi anni di matrimonio. Ma soprattutto un'ossessione, per tutta la vita: la costante associazione del sesso col peccato, dell'erotismo col proibito. La stessa da cui nasce la malia di molte sue opere: si pensi a Silvia Pinal, madre e femmina nelle vesti del demonio tentatore di Simone nel deserto, e che lo porta a confessare, in quel libro di Max Aub: «Per me istintivamente - il coito è qualcosa di infernale». Almeno, il Bunuel che emerge dal libro della moglie, non ha nulla del dongiovanni. Maritopadrone, «moro», questo sì, ma affettuoso, innamorato. E oggi, struggentemente rimpianto. Nella casa messicana tutto, dopo la morte di Bunuel, è rimasto intatto. Nei giorni della solitudine, tra il suo aperitivo di tequila delle 12, e le notti ad «ascoltare» la televisione, la signora Jeanne conclude i suoi ricordi cori un dubbio. Molto lucido. «A volte penso che Luis, andandosene, mi ha lasciato cieca. Non posso più fare quasi nulla. Partito lui, la mia vita è terminata». Anna Rabino Derideva la morale borghese. Ma a lei vietò la ginnastica: non voleva che mostrasse le gambe «Non potevo mai uscire da sola, faceva la guardia anche Doli» Buñuel il fascino indiscreto della gelosia Bunuel con la pistola: un'immagine scherzosa, ma non troppo. Sopra, Carole Bouquet e Fernando Rey in «Quell'oscuro oggetto del desiderio». Sotto, Salvador Dali, improbabile chaperon, e il regista con la moglie.