«Nessuno riuscirà a fermarlo ma il vulcano non ci tradirà»

«Nessuno riuscirà a fermarlo ma il vulcano non ci tradirà» «Dall'inizio dell'eruzione salgo ogni giorno sulla vetta e poi porto in paese notizie» «Nessuno riuscirà a fermarlo ma il vulcano non ci tradirà» L'UOMO CHE VIVE SULL'INFERNO AZAFFERANA LFIO Di Bella è un uomo che quando vuole sale sulla luna. A quota 2900 sul grande cratere dell'Etna, dove non c'è ombra di vita, ma solo sabbia, roccia, vento e fumi. E' un altro pianeta. Quando è nuvoloso sei sopra, in cielo. Quando tutto è sereno, il mondo è ai tuoi piedi. Un po' cammini, un po' affondi, è uguale alla luna che si vide in tv. Alfio Di Bella ha 48 anni e va sulla montagna da sempre. Cominciò che lo portava suo padre, contadino, e poi ha sempre continuato. Dice che è come andare a trovare un amico. «Come si fa a definire l'amore? 0 la felicità? Non si possono definire: io posso solo dire che nella montagna mi sento parte di una famiglia». Si cammina appoggiandosi a un ramo di pero. Si trovano porcini, ma soprattutto, per Alfio Di Bella come per molti altri, sulla montagna si va per «verificare». Per controllarla da vicino. E' maschio o femmina, l'Etna? «Femmina, naturalmente. Femmina perché partorisce, ma anche per quelle forme rotonde dei crateri, per quei tunnel e grotte che ha al suo interno». Fa spavento? «No. Ma dà preoccupazione. E' diverso. Lo spavento lo dà il terremoto, perché in un attimo ti può togliere la vita. Ma la lava può togliere solo le cose, dà sempre tempo agli uomini». Di Bella in questi giorni fa da navetta fra il paese e il fronte lavico, con molto rispetto per tutti gli scienziati e le autorità. Sopra Pian dell'Acqua, ieri pomeriggio la lava si è sgrottata e ha ripreso a correre, ma non forte forte. Di Bella ci passa ai bordi, ad ascoltare il rumore di cristalli rotti e ad osservare se il magma, sotto, splende o tramonta. Quando scende in paese, tutti gli chiedono che ha visto. «Ha ripreso a correre». Forte? «Forte, ma non come martedì». Alla casa di Fichera, davanti alla quale trasmettono 10 tv, conferma che il frutteto, lungo 100 metri e in piano dovrebbe bastare a fermare l'attuale avanzata. Verificare e stare attenti. I ca- ni non fanno niente per annunciare l'eruzione. I boati, invece, sono un segnale e a dicembre per due settimane non si poteva dormire. Poi la neve che in qualche posto si scioglie prima che in altri, segno che sotto c'è calore. A gennaio, quando la lava si ingrottò nella Valle del Bove, si capì che era ima cosa seria, che la montagna si stava scassando. Ancora di più, ad aprile quando la lava s'era messa a lievitare come la pasta d'una torta, in Val Calanna. Ma era la vigilia delle elezioni e tutti stettero zitti. A Zafferana ci sono sette persone che ad Alfio pi Bella devo* no' la vita. Erano saliti con lui nel giugno del 1978 sulla montagna, a vedere l'eruzione. Camminavano sul lato del cratere centrale, un assessore comunale e suo figlio, tre vigili e due amici. Di Bella era il capofila e notò delle anomalie nella sabbia: buchi di 20 o 30 centimetri al cui fondo c'era una roccia frantumata. «Più andavo avanti, più i buchi diventavano frequenti. Capii all'improvviso, ma non ebbi il tempo di spiegare. Gridai solo di correre via. E mentre correvamo, riprese l'esplosione. Ma non di gas, di pietre». Quei 9 turisti furono travolti Dieci giorni dopo, sullo stesso cratere, salì un gruppo di turisti francesi e tedeschi con guide. Loro non ce la fecero a scappare e furono investiti dalla scarica. Morirono in nove. Dopo quella tragedia si decise di transennare il cratere. Dice Di Bella: «Non l'hanno mai voluto ammettere, ma il terremoto del 1984 fu causato dalla montagna». Arrivò in un tardo pomeriggio e fece crollare cornicioni e case. L'unico morto fu Salvatore Scandurra, che era nel bar Salemi, alla cassa, a pagare una torta per l'anniversario di matrimonio. Con lui c'era anche Sebastiano Salemi, lo zio del titolare. Scapparono fuori e Scandurra che era davanti arrivò preciso con l'impatto della caduta di un cornicione. A Salemi che era dietro, lo stesso cornicione non fece nulla, solo gli staccò come una rasoiata l'orologio dal polso. Orologio che poi ritrovò in mezzo alla strada, intatto. «Ma Salemi il terremoto lo superò bene. Altri vecchi del paese, no. Non si ripresero più; a loro sembrò un affronto, un tradimento della fiducia». In paese, dovunque si fermi, Di Bella fa crocchio. Sopra volano le libellule della Nato che vanno nella Valle del Bove a buttare pietre. Dovrebbero provocare la trombosi del fiume di lava, dargli un torcibudella. Anche oggi non ci sono riusciti, per maltempo. Polifemo, ai suoi tempi, le pietre le prendeva dalle viscere dell'Etna e le scagliava contro Ulisse fino ad Aci Trezza. Si parla con malinconia della Val Calanna, ora diventata un letto dilava. Gli abitanti.di Zafferana ci andavano il lunedì di Pasqua, a bere ad una sorgente. Era il luogo dell'infanzia. Mario, professore, dice che era il loro posto delle fragole. Ora la Val Calanna è finita. Certo, non avessero messo quell'argine che ha trasformato la valle in un invaso, almeno una parte si sarebbe potuta salvare. Di Bella non è daccordo: era giusto tentare, si è guadagnato tempo. Mario gli ricorda quanto gli dice suo padre che ha 84 anni: «Acqua e focu dacci locu». E' sciocco opporsi, se acqua e fuoco si muovono, l'unica cosa da fare è dargli il passaggio. L'uomo non è mai riuscito a fermare un vulcano, perché dovrebbe riuscirci proprio qui? Ma oggi sono tutti vulcanologi, sembra di essere al bar dove sono tutti commissari tecnici della Nazionale. Mario racconta che c'è una vecchina che si stupisce per il fatto che non abbiano ancora usato le bombe intelligenti. Ma come, non avevamo le bombe intelligenti? Tutti parlano di «bocche effimere» e di «sovrapposizione», le due parole del momento. E Tazieff? Tazieff non è d'accordo, e lui era uno che a Zafferana ci veniva sempre prima che lo cacciassero. Poi c'è il professor Villari di Catania, che dice che qualsiasi cosa succeda, se andrà bene sarà solo per la fortuna, perché in realtà nessuno sta capendo niente. Strana genìa i vulcanologi. Sono litigiosissimi, ma anche una casta chiusa. Come i biochimici, che parlano di chimica con i biologi, di biologia con i chimici e di donne fra di loro. Bravi, i vulcanologi? E allora perché non dicono che il Vesuvio sta per sparare e che se evacuano la zona del vulcano si forma uno dei più grandi ingorghi di lamiere mai visto? Bravi i vulcanologi, che nel 1970 fecero sgombrare in una notte mezza Pozzuoli dicendo che sarebbe affondata, e invece è ancora lì. (Me lo ricordo anch'io quel bradisismo: la gente scappava con le masserizie e c'erano persone che distribuivano volantini consigliando di andare al Nord, a lavorare in fabbrica a Torino o Milano. Erano i tempi che il Nord le braccia del Sud le richiedeva, altro che Lega). Ora è tutto diverso. Nessuno vuole spingere via gli abitanti di Zafferana, militari, Protezione civile, volontari, vulcanologi, Nato, sembrano impegnati in una scampagnata. Usano caterve di telefonini e la sera guardano Juve-Milan in tv e poi Genoa-Ajax e poi TorinoReal Madrid. I militari alloggiati all'hotel «Primavera dell'Etna» hanno solidarizzato con le scolaresche femminili in gita pasquale. Fin troppo. Ma è pur a questo che servono le gite scolastiche: a cementare un po' di unità d'Italia. Zafferana è un paese bello e quieto, diverso dallo stereotipo della Sicilia. Le case non sono brutte, le strade in pietra lavica, così come la pavimentazione di piazza Umberto I. «Ma la lava non arriverà qui» Gli alberghi non hanno mai pagato il pizzo a nessuno. Ho chiesto a Di Bella: scusi la domanda, ma perché qui non c'è la mafia? Non si è offeso e mi ha risposto: la nostra fortuna è che siamo distanti da Catania, che siamo un paese piccolo e che se viene qualcuno da fuori con brutte intenzioni lo riconosciamo subito. Sa che occupazione ha qui la gente? Apicoltura, 7 famiglie su 10 hanno le api. Qui non c'è la continuità con i paesi sotto, che sono entrati a far parte della grande periferia della malavita di Catania. Quelli sì che sono paesi a rischio. Noi qui abbiamo la tranquillità. Basta salire per due ore sulla montagna e già ci si sente sereni. Convincente, Di Bella. Di poche parole, ma ottimista: «La lava non arriverà in paese». Il pericolo non viene dal monte, non viene dall'alto, quello c'è sempre stato. Il pericolo, casomai, viene dal basso. Se è così, viva la lava, ottimo deterrente. Viva l'esercito in tv, tanto prima o poi se ne andrà. Forse per spostarsi a Gela, nella pianura, a distruggere case abusive. Enrico Deaglio «I boati di dicembre erano un segnale poi un mese fa la situa2ione precipitò ma eravamo alla vigilia delle elezioni e tutti preferirono stare zitti» A sinistra la preghiera davanti ad una nicchia con la Madonna. Sopra un gruppo di donne preoccupate dalla colata lavica che minaccia Zafferana

Luoghi citati: Catania, Gela, Italia, Madrid, Milano, Sicilia, Torino