Ribaltone a Mosca: sì al governo Eltsin di Foto Epa

Ribaltone a Mosca: sì al governo Eltsin Il Congresso approva una dichiarazione di fiducia per tre mesi, rientrano le dimissioni Ribaltone a Mosca: sì al governo Eltsin E la Russia rivendica la Crimea MOSCA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Mantenendosi lontano dai dibattiti, senza mai apparire come parte in causa, Boris Eltsin ha vinto ieri una mano importante nella partita con l'opposizione. Con una decisione apparentemente schizofrenica, il Congresso dei deputati ha quasi rovesciato la precedente delibera, approvando una «dichiarazione» che concede al governo quel tanto di fiducia che basta a portare avanti le riforme. Grazie ad un gioco di prestigio del presidente del Parlamento Ruslan Khazbulatov, però, il documento è stato reso ambiguo, e lo scontro è stato rinviato. Il governo ha comunque guadagnato una manciata di mesi, ed il voto, accolto dalle àrida di protesta dell'opposizione, è stato salutato dai ministri con «congratulazioni» reciproche. «E' una vittoria morale del governo», ha affermato il ministro dell'Economia Andrej Nechaev. Il Consiglio dei ministri al completo, infatti, aveva annunciato lunedì le dimissioni. Dopo la votazione al Congresso, invece, Eltsin ha rifiutato le dimissioni, affermando di avere «piena fiducia» nel governo. Tre giorni sono durate le trattative sulla «dichiarazione:1), tre giorni durante i quali, in assenza di Eltsin, la battaglia riformista è stata portata avanti nel Congresso dal vice-premier Egor Gajdar, artefice del programma economico del governo, dal costituzionalista Serghej Shakhraj, che ha bloccato ogni tentativo di diminuire i poteri del Presidente, e dall'ormai ex vice-premier Ghennadij Burbulis. Il compromesso raggiunto ieri, quindi, è in gran parte una vittoria personale di Gajdar (36 anni) e dei suoi giovani compagni, che negli scontri con l'opposizione hanno dimostrato di essere in grado di camminare da soli. Con il documento del compromesso, il Congresso ha assicurato «fermezza nel proseguire coerentemente e senza esitazioni l'attuale corso delle riforme economiche», garantendo «appoggio» a Eltsin e al suo governo. Il trucco è in una legge sul Consiglio dei ministri, che il Presidente dovrà sottoporre all'approvazione del Parlamento. Khazbulatov, con un colpo di mano, ha fatto aggiungere una frase, che costringe Eltsin a rispettare le decisioni dell'attuale (sesto) e del precedente Congresso (il quinto). Ora, il quinto Congresso diede al Presidente il potere di nominare a suo piacere il governo fino al dicembre prossimo, mentre l'attuale gli ha concesso solo tre mesi. Ouesta ambiguità non potrà che portare a un nuovo braccio di ferro, di qui all'autunno. «Nuovi scontri sono inevitabili, ma le cornici del confronto sono ormai state chiaramente definite - ci ha detto il consigliere di Eltsin Stankevich - le riforme non possono essere bloccate ed un ritorno al vecchio sistema economico comunista è impossi¬ bile». Secondo Stankevich, nulla impedisce a Eltsin di riproporsi fra tre mesi come Primo Ministro, o di chiedere al Parlamento di fissare per legge il diritto del Presidente a guidare l'esecutivo. Ma visto l'attuale equilibrio delle forze, questo appare per ora improbabile. Khazbulatov, che a causa delle sue pesanti dichiarazioni è uscito ridimensionato dallo scontro, aspetterà l'occasione per tendere nuovi agguati al governo, ma in un'intervista concessa ieri a Interfax, ha detto che se Eltsin proporrà Gajdar come premier, «sarò io stesso il primo a spingerlo in avanti». In bocca a chi ha chiamato «vermi» i membri del governo, questa affermazione appare più che sospetta, ma per pronunciarsi bisognerà aspettare il rimpasto del gabinetto già da Eltsin annunciato. L'importante, per ora, è che Gajdar potrà portare avanti ed approfondire le sue riforme (già ieri il governo ha tenuto una breve riunione per esaminare le mosse immediate). L'importante è che, con la «dichiarazione», il Congresso ha fugato i timori occidentali di un ritorno al passato, esprimendo «riconoscenza» per gli aiuti economici. L'importante, come ha detto un portavoce americano, non è tanto che Gajdar resti al suo posto, ma che ci resti Eltsin. E la tattica del Presidente, as- sente dal Congresso da venerdì, potrebbe far pensare ad un nuovo «distacco» con cui Eltsin, pur appoggiandoli, considera forse i suoi ministri. Lasciare la guida del governo darebbe al Presidente più spazio per le manovre politiche. Secondo Stankevich, «è chiaro che i membri del governo si sentono molto più al sicuro sotto lo scudo di Eltsin, ma ci si potrebbe chiedere se è il ca¬ so che il Presidente debba portare la responsabilità per ogni decisione impopolare del governo». Un avvertimento? No, solo una delle varianti tattiche che Eltsin tiene in considerazione. Predire il futuro, in questa Russia, è un esercizio ozioso. Nessuno sa cosa accadrà domani, quando i deputati discuteranno la questione-Crimea. Il presidente della Commissione Esteri del Parlamento, Evghenij Ambartsumov, ha già messo a punto una risoluzione che, se approvata, annullerebbe la cessione della penisola all'Ucraina, decisa nel '54 da Khrusciov. E' probabile che il Congresso la approvi, gettando nuova benzina sul fuoco delle relazioni con Kiev. Fabio Squillante Un dimostrante comunista sventola la bandiera rossa appoggiato alle transenne che portano dall'Hotel Rossia all'interno del Cremlino Sopra, a destra, un deputato litiga con un manifestante filocomunista prima di entrare al Congresso dei deputati del popolo russo [foto epa] v:::.:v::'^:':--- ii 11 Hi *l 1 ÌÉÉÉ ì ■ m i m Un dimostrante comunista sventola la bandiera rossa appoggiato alle transenne che portano dall'Hotel Rossia all'interno del Cremlino Sopra, a destra, un deputato litiga con un manifestante filocomunista prima di entrare al Congresso dei deputati del popolo russo [foto epa]

Luoghi citati: Mosca, Russia, Ucraina