«Orfani di Topolino per colpa dei comunisti»

«Orfani di Topolino per colpa dei comunisti» Intini sull'«Avanti!» contesta l'occasione perduta di Eurodisney. E gli intellettuali rispondono «Orfani di Topolino per colpa dei comunisti» Sanguineti: non abbiamo perso niente. Guarini: giochi di potere JROMA OPOLINO conquista Parigi perché l'Italia non gli ha dato il permesso di soggiorno. Lo sosteneva ieri, suìl'Avanti, Ugo Intini, autorevole esponente del psi. Tesi ricca di argomentazioni e ancor più di nemici. Rifacendosi alle polemiche francesi su Eurodisney (una «Cernobil culturale», secondo la regista Ariane Mnouchkine), Intini ricorda i propri sforzi per promuovere Genova sede del parco e accusa i responsabili dell'occasione perduta: «poteri e contropoteri» in politica che rendono difficile prendere decisioni, e, soprattutto, alcuni atteggiamenti della cultura italiana. La nostre Disneyland sarebbe vitti¬ ma, insieme, di una perniciosa mentalità veterocomunista e di una visione elitaria e conservatrice, che teme la «perdita di carisma degli intellettuali» ed è prevenuta «contro le manifestazioni più clamorose della civiltà di massa». Alla visione comunista Intuii addebita «il sospetto per il profitto, specialmente quello che, ricavato dalla cultura, appare dissacrante; la sottovalutazione della fantasia e dell'immagine come motore dello sviluppo economico, tradizionalmente collegato ai soli beni materiali; il timore che il passaggio dai templi dell'industria pesante a quelli del divertimento di massa spoliticizzino i lavoratori». Che ne pensano gli intellettuali italiani chiamati in causa? Ci dice Edoardo Sanguineti: «Contro la Rivoluzione francese c'era un motto: colpa di Voltaire, colpa di Rousseau. Intini lo traduce: colpa di Marx, colpa di Lenin, formula magica per tutti i guai dell'universo. E' patologicamente ossessionato dal comunismo». Quanto all'Italia orfana di Topolino, «non abbiamo perso niente. Disney è un feticcio consumato nel gusto infantile: è arcaico, come per la mia generazione Arcibaldo e Petronilla. E' un fenomeno d'esportazione: prodotti che quando in patria sono consumati si vendono ad altri. Come i medicinali scaduti o il latte un po' guasto: pericolosi non sono, ma è meglio scaricarli lontano». L'americanista Gian Giacomo Migone, neodeputato pds, punta sull'aspetto economico del problema: «Gli investimenti stranieri in Italia non sono scarsi a causa di una mentalità comunista. Intini mi sembra un po' fissato. Gli investimenti mancano per la mediocrità e la corruzione del nostro ceto politico dominante (mi riferisco a de e psi in particolare) non in grado di interloquire con gli operatori economici stranieri più validi». Per Ruggero Guarini il nodo è il controllo delle iniziative: «Non è un problema di cultura antiamericana. Ci fu, ma è stato superata dal "nicolinismo". L'unico cruccio per tutti i partiti è controllare i canali, non solo quelli televisivi, trasmettere qualunque contenuto pur di gestirlo, dominare la mappa culturale. Il problema non è dire sì o no a Disney, ma la domanda: chi si accaparra quest'affare?». Renato Nicolini, ex pei, creatore dell'estate romana ai tempi della giunta Argan, commenta: «Nella sinistra, Disney ha cittadinanza da tempo. Più che sul parco rifletterei sul fatto che Mondadori non ha saputo mantenere Topolino, benché i disegni italiani siano famosi nel mondo. Eurodisney è lo stesso: Parigi era molto più attrezzata di Genova». Quanto al divertimento, «l'estate romana non fu sostenuta dal psi. Facciamo la pace, noi non abbiamo astio, loro non dicano che siamo nemici di Topolino, oltre che di Bettino». Il grande giro d'affari è l'unica perdita per l'Italia secondo lo scrittore Alberto Ongaro: «Amo quei personaggi sulla carta, nei disegni bidimensionali. Detesto i pupazzi tridimensionali, caleidoscopio falso, artificiale». Ma che un'elite aristocratica o una mentalità comunista siano causa dell'affare perduto gli sembra un'idea «tirata per i capelli». Anche se una voce di sinistra feroce si è alzata. Il manifesto sabato intitolava: «C'è del marcio nei dintorni di Parigi» e «L'inaccettabile utopia americana». Dice Guarini: «Intini si è lasciato condizionare dalla memoria storica. Oggi anche Occhetto sarebbe contentissimo di inaugurare Disneyland. Fra un po' lo sarà anche Cossutta. L'ultima a dire no rimarrà la Rossanda». Marco Nei rotti Genova poteva ospitare il parco: pericolo scampato o mancato affare? Ugo Intini, accusatore della cultura italiana Sopra, Ruggero Guarini: «Intini è fissato»

Luoghi citati: Genova, Italia, Parigi