Ruslan il condottiero assedia il Cremlino

Ruslan il condottiero assedia il Cremlino DSARiO DB MOSCA Ruslan il condottiero assedia il Cremlino MOSCA UALCUNO lo ha paragonato a Ivan Susanin, l'eroe che salvò lo zar Mikhail Fiodorovic dagl'invasori polacchi nell'inverno del lontano 1612. Ma Ruslan Khasbulatov non è nemmeno russo. Viene dalla Cecenia che ora è del generale Dudaev. E piuttosto che salvare l'unico zar sulla piazza - Boris Eltsin - sembra deciso a farlo affondare. Certo è che, da sei mesi a questa parte - da quando cioè presiede il Parlamento russo - Ruslan «il duro» di strada ne ha fatta tanta. Da nessuno che era, oggi è il condottiero di un esercito composito di deputati che resistono tenacemente al governo di Eltsin. E lui, Ruslan, che non alza mai la voce, guida il Parlamento come fosse un bulldozer. E' stato il primo a lanciare spruzzi al vetriolo contro Burbulis, Gaidar e Shakhrai, i «giovani turchi». E adesso che Eltsin ha riportato nei ranghi il vice-presidente Rutskoi, Khasbulatov è rimasto l'unica bandiera del Congresso contro un Presidente pigliatutto. Solo lunedì sera ha perso le staffe (o ha finto di perderle), dopo che Egor Gaidar e tutta la squadra governativa aveva annunciato: «riforma o morte». Li ha definiti, sprezzantemente, «ragazzi che hanno perso la testa», adesso che «finalmente sono stati costretti a fare i conti con il Parlamento che li ha eletti». E se n'è andato. Questo sesto congresso dei deputati di Russia sembra, ogni giorno che passa, una «gag» di porte sbattute. Lo «slam» del governo in faccia al Parlamento precede di poco quello dello speaker in faccia al governo. Nel frattempo il presidente Eltsin rimane dietro le quinte, rinvia incontri importanti e tratta, mentre i suoi, in scena, fanno la voce grossa. Ma la partita è chiara come il sole. Se Eltsin vuole una repubblica presidenziale, con un Parlamento decorativo (almeno finché ci sono rischi di ritorno all'indietro), Khasbulatov recita la parte del difensore della repubblica parlamentare. «Vuole un suo governo, ecco la verità», esclama nei corridoi il ministro del Lavoro Shokin, uno dei bersagli preferiti di Ruslan «il motteggiatore», uno di quelli che si è sentito definire «verme». E forse Shokin non è lontano dalla verità. Khasbulatov sa bene che Eltsin potrebbe lanciare - contro di lui e contro il Parlamento - l'acuminato strale del referendum popolare. Ma cian I Parli I lede per raccogliere le firme, per lanciare la campagna elettorale, ci vuole tempo. E al momento del voto gli umori popolari potrebbero già essere cambiati. Tanto più che Eltsin e Gaidar non propongono, per i mesi a venire, abbondanza e sentieri fioriti. Così Ruslan «l'audace» mette tutti sul letto di Procuste. E la prova di forza, che i radicali hanno tentato ieri contro di lui proponendo una commissione d'inchiesta sulla condotta dello speaker, si è rivelata impercorribile: il Congresso ha detto di no con 634 deputati contro soli 241. Sarebbe tutto normale, una «normale» lotta politica (come dice il neo ambasciatore a Washington, Vladimir Lukin) se la situazione fosse anch'essa «normale», se ci fossero già delle regole del gioco definite, una Costituzione decente, un'accettabile divisione dei poteri. Ma qui non c'è quasi niente di tutto questo. Mentre i contendenti si avvinghiano le regole cambiano e quello che, fino a un momento fa, era un colpo basso può diventare all'improvviso consentito. Ruslan «il bizantino» nuota nell'indeterminato come un pesce nell'acqua. Le barricate di agosto, su cui salì assieme a Eltsin, sono ormai un pallido ricordo. Nelle sue coorti ha arruolato, sotto le bandiere dello stato di diritto, i deputati che erano ancora comunisti quando furono eletti, il 4 marzo 1990, e che vogliono la rivincita; le forze patriottiche, scontente del Commonwealth; le frange democratiche che vorrebbero il mercato ma temono un esecutivo troppo forte e incontrollabile. Finirà con un compromesso, perché nessuno può fare a meno dei 24 miliardi di dollari della ditta Zio Sani & Company. Ruslan «il prudente» otterrà la frenata che i suoi peones chiedevano. Boris potrà andare avanti, ma «con juicio», ancora per qualche mese. Poi verrà la resa dei conti per entrambi. Il primo dovrà scegliere con quali alleati andare avanti. Il secondo - se ne avrà ancora la forza dovrà liberarsi di questo Parlamento. Giuliette* Chiesa ssa^J

Luoghi citati: Cecenia, Russia, Washington