Fugge il pirata della Drina

Fugge il pirata della Drina Finito l'incubo. Decine di morti nelle città dopo gli scontri Fugge il pirata della Drina Bosnia, l'esercito padrone della diga ZAGABRIA NOSTRO SERVIZIO Alle 17,15 di ieri si è concluso il dramma della centrale elettrica di Visegrad. Murat Sabanovic, l'uomo che da quattro giorni minacciava di far saltare in aria la gigantesca diga sul fiume Drina, per fermare il massacro dei musulmani da parte delle milizie serbe, ha rinunciato al suo gesto disperato. Con il suo gruppo armato ha abbandonato la centrale poco prima dell'arrivo delle unità dell'esercito di Belgrado. I militari hanno preso il controllo della centrale. Da una prima ispezione non risulterebbero danni agli impianti, ma non si sa ancora nulla dell'enorme quantità di esplosivo con la quale Sabanovic aveva minato la centrale. La massa d'acqua che si è riversata nel fiume lunedì pomeriggio, dopo che l'uomo aveva fatto aprire due saracinesche dello sbarramento, è straripata nella zona a valle della centrale. L'impetuosa marea, alta cinque metri, ha inondato il paese natale dello stesso Sabanovic, distruggendo il vicino ponte. L'acqua ha allagato una ventina di case. Di fronte a tutto questo, Sabanovic, che si era allontanato dalla diga portando con sé in ostaggio alcuni operai di servizio alla centrale, ha ordinato a due di loro di tornare con lui allo sbarramento per chiudere le saracinesche. La catastrofe è stata evitata all'ultimo momento. Ieri il livello dell'acqua è ritornato normale. Ma il quartier generale dell'esercito di Belgrado ha mandato a Visegrad una colonna di 200 mezzi militari e oltre 1000 soldati con l'ordine di impossessarsi della centrale. Non si conoscono i dettagli del¬ l'azione, perché la Bosnia orientale è isolata da giorni e le informazioni giungono con enorme difficoltà. Di certo si sa che migliaia di persone sono fuggite di fronte al pericolo dell'alluvione, ma soprattutto di fronte al terrore dei cetnici serbi che continuano ad attaccare le città musulmane. Più di 10 mila profughi hanno abbandonato Foca, ininterrottamente bombardata dall'artiglieria pesante delle milizie serbe. Il centro storico della città è in fiamme. I cecchini serbi sparano sui quartieri musulmani. A Zvornik lo scenario è ancor più macabro: decine di cadaveri da giorni abbandonati nelle strade, mentre i cetnici del famigerato comandante Arkan saccheggiano le case dei musulmani e portano via il bottino su decine di camion diretti in Serbia. Nessuno osa avvicinarsi alla città. I pochi abitanti, rintanatisi nelle cantine, implorano l'aiuto della comunità internazionale per seppellire i morti. Ma la guerra divampa soprattutto nell'Erzegovina abitata a maggioranza dai croati. L'esercito federale sta ammassando le truppe nella zona di Livno, dove ieri si sono svolti i combattimenti più duri. Più di 2 mila granate sono cadute sulle linee di difesa della città, ma i territorialisti croati e musulmani hanno respinto tutti gli attacchi dei militari. I cacciabombardieri di Belgrado hanno sganciato in mattinata nuove bombe nella zona di Capljina e di Metkovic, lungo il fiume Neretva. Si combatte anche a Sarajevo. Le milizie serbe si stanno scontrando con le forze di polizia bosniache nei quartieri nuovi della città. Nelle continue sparatorie ieri hanno perso la vita una donna e tre uomini. «Questa non è una guerra etnica», ha detto il presidente della Bosnia, il musulmano Alija Izetbegovic, «questa è un'aggressione contro la Bosnia, organizzata da fuori, appoggiata da alcuni elementi estremisti di casa nostra, ma soprattutto con il consenso dell'armata federale». Anche il presidente croato Franjo Tudjman si è rivolto ieri ai capi di Stato occidentali. «Con lo stesso scenario e con le stesse ambizioni di conquista nella guerra in Bosnia sono colpiti gli abitanti croati e musulmani, che vengono scacciati dalle loro case per fare spazio alla grande Serbia. Tutto questo minaccia il dispiegamento delle forze di pace dell'Onu, la Conferenza di pace e la stabilità in questa parte dell'Europa. Ci appelliamo a voi affinché con la vostra influenza personale e quella del vostro Paese premiate sulla comunità internazionale perché prenda misure decise contro la Serbia, il Montenegro e l'esercito federale, per fermare finalmente l'aggressione e la morte degli innocenti». Ingrìd Badurina

Persone citate: Alija Izetbegovic, Foca, Franjo Tudjman, Murat, Sabanovic

Luoghi citati: Belgrado, Europa, Montenegro, Sarajevo, Serbia, Zagabria