Il governo si dimette rissa a Mosca
Il governo si dimetto, rissa a Mosca Eltsin ai suoi: aspettate. Una manovra per far rientrare il no al programma economico? Il governo si dimetto, rissa a Mosca // leader del Congresso: i ministri sono ragazzi confusi MOSCA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Il bubbone è scoppiato. Il governo delle riforme ha dato le dimissioni, o almeno le ha annunciate. Boris Eltsin non le ha ancora accettate, ha chiesto ai suoi uomini di aspettare la fine del Congresso, ora prevista per venerdì, e gli stessi ministri definiscono la mossa come «un passo tattico», piuttosto che come una rinuncia. Ma quella che era iniziata come una partita tra due squadre chiuse a catenaccio, si è ormai sviluppata in un gioco a tutto campo, con fulminei affondi e risse in area di rigore. Sabato, rovesciando il risultato di un'intera settimana di successi democratici, il Congresso aveva approvato una risoluzione che concede solo tre mesi al governo di Eltsin, e che distrugge la sua politica economica. Ieri, durante la seduta congressuale, l'ideatore della riforma, il vice-premier Egor Gajdar, ha convocato un'improvvisata conferenza stampa, annunciando le dimissioni dell'intero Consiglio dei ministri. La risoluzione del Congresso, ha detto Gajdar, «condanna il Paese all'iperinflazione», alla «disintegrazione del sistema finanziario», e comporta il congelamento degli aiuti occidentali. La decisione lascia inoltre il governo «impotente», e ridu- ce il Presidente ad «una figura simbolica». Le conseguenze, ha detto Gajdar, sarebbero «fame, sconvolgimenti sociali e caos». Il governo è disposto a restare in carica solo se il Congresso modificherà la sua risoluzione, o «se il Presidente prenderà una decisione che ci permetta di continuare il lavoro». Di quale decisione si tratti, lo ha detto il ministro dell'Economia Nechaev: un referendum che stabilisca il diritto del Presidente a nominare il governo. Per convocarlo sono necessarie un milione di firme, o il voto di un quinto dei deputati. Ma il referendum è un passo estremo, che provocherebbe destabilizzazione politica e, forse, un rinvio della riforma. Nel frattempo, i dollari promessi dall'Occidente verrebbero bloccati. Eppure la battaglia è andata così lontano che è difficile ormai trovare compromessi. Il Presidente del Parlamento Ruslan Khazbulatov, messosi alla testa dell'opposizione, ha bloccato ogni sostanziale concessione a Eltsin, ignorando le dimissioni del governo, e conducendo il dibattito senza risparmio di colpi bassi. In serata, quando il suo vice Filatov ha tentato di proporre un nuovo compromesso, Khazbulatov ha troncato la discussione e, prendendosi gioco dei ministri, li ha definiti «dei ragazzi che si sono confusi» e che tentano di «ricat- tare» il Congresso. Per Gajdar e compagni è stato troppo. Gran parte dei deputati, non solo democratici, si sono alzati in piedi applaudendo, in aperto segno di sfida à Khazbulatov. Mentre la sala infuriava e i ministri si stringevano attorno alla tribuna, il leader del Parlamento ha staccato i microfoni, e con un gestaccio ha abbandonato l'aula. La reazione è stata violenta. Il governo, in una seduta serale, ha deciso che dopo gli insulti «gli spazi per il compromesso non ci sono più». «Russia democratica» ha iniziato a raccogliere le firme dei deputati per rimuovere Khazbulatov, ed ha annunciato che inizierà a raccogliere quelle dei cittadini per il referendum. Il municipio di Mosca ha minacciato le dimissioni in caso di un cambio di governo, ed anche il Movimento per le riforme democratiche ha preso posizione a favore di Eltsin, chiedendo lo scioglimento del Parlamento e aderendo ad una manifestazione convocata per domenica. Da parte sua Khazbulatov, con una mossa senza precedenti, si è rivolto ieri al popolo in diretta tv, chiedendo di appoggiare il Congresso. Con toni populistici, il leader parlamentare ha lamentato «il tragico crollo dell'Urss», le disastrose condizioni di vita e, pur dicendo di non avere «alcuna diverganza» con Eltsin, ha paragonato i tentativi di creare una repubblica presidenziale alla dittatura comunista «che abbiamo già avuto dal 1917». L'unico a non pronunciarsi, a restare lontano dai riflettori e dal Congresso, è stato Eltsin. Il Presidente, ha detto Gajdar, «prenderà una decisione prima della fine del Congresso», ed ha intanto chiesto ai ministri di proseguire il lavoro. «Penso che Eltsin abbia fatto un errore a non essere presente in aula», ha detto il suo consigliere Galina Starovojtova, aggiungendo che forse il Presidente ha «sottovalutato l'opposizione». Ma secondo alcuni la tattica passiva di Eltsin è dettato dal calcolo: far esplodere le contraddizioni, per poi ricomporre a suo favore i pezzi in un compromesso apparentemente impossibile. In un caso o nell'altro il gioco è estremamente rischioso, ma Eltsin ha almeno una carta forte da giocare, l'appoggio occidentale. Jacques Attali, presidente della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo, ha avvertito ieri che senza riforme la Russia non vedrà un dollaro. Ed il ministro delle Finanze americano è partito d'urgenza ieri sera. Per Mosca. Fabio Squillante
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