Russia attenta, rischi un altro Ottobre

Russia attenta, rischi un altro Ottobre LE PAURE DELL'IDEOLOGO DI GORBACIOV Jakovlev: si ripetono gli errori del febbraio 1917, quando si gettò via la democrazia Russia attenta, rischi un altro Ottobre «Ilpluralismo è diventato lotta tra partiti» «E' ora di sconfiggere la nostra intolleranza» Aleksandr Jakovlev è oggi il principale collaboratore di Mikhail Gorbaciov. Già membro del Politburo e della segreteria del pcus, responsabile dell'ufficio Ideologia e Propaganda del Comitato centrale, è stato l'inventore della glasnost e si è battuto a fianco di Gorbaciov per le riforme democratiche. Con questo articolo comincia la sua collaborazione a «La Stampa». ON capisco perché il 75° anniversario della Rivoluzione di Febbraio sia passato inosservato. I bolscevichi non l'hanno esecrata, come sempre facevano prima. I democratici, che la consideravano la loro bandiera, sono rimastr indifferenti. Ritengo che la causa principale di una tale dimenticanza sia che il potere attuale sta ripetendo testardamente gli errori di Febbraio, che si conclusero in un disastro per la Russia. Io penso invece che la Rivoluzione di Febbraio ancora a lungo costituirà un test della nostra capacità di imparare, di distinguere la perspicacia dall'avventurismo, un reale successo da un capogiro inebriante, il vero coraggio dalla plateale bravata, il sobrio buonsenso dal falso scintillio dell'improvvisazione. Cinque anni prima degli avvenimenti di Febbraio erano stati celebrati i tre secoli della dinastia dei Romanov. L'impero e il trono sembravano potenti e incrollabili, ma l'edificio dell'autocrazia crollò in un batter d'occhio. Qualcosa di analogo è accaduto anche al potere del pcus. Settantacinque anni fa gli stupefatti contemporanei non riuscirono a capire cos'era successo: la squillante, incantevole parola «libertà» aveva oscurato tutto il resto facendo dimenticare la tremenda frattura fra due epoche e la paura per il futuro. Ogni verità storica ha sempre molti nemici. Ad alcuni non piace; per altri è indesiderabile; per altri ancora è solo un mezzo per emergere. Così accadde con la Rivoluzione di Febbraio. Così accade con i cambiamenti provocati dalla perestrqjka. Certo bisogna riconoscere che nemmeno la perestrojka ha retto alla prova delle idee della Rivoluzione di Febbraio: l'occasione unica di rafforzare le basi morali del riformismo, di radicare la perestrojka nel contesto storico del movimento democratico, è stata sciupata. Certo, una tale operazione non sarebbe stata comunque possibile subito, nel 1985 e nei mesi immediatamente successivi. Ma, con l'affermazione del potere presidenziale, si delineò la possibilità - che non fu colta - di passare dal terreno dell'Ottobre a quello del Febbraio. Quel ch'è stato è stato. Ciò che si è perduto non lo si può recuperare. Importante è, ora, che la Russia democratica non ripeta l'errore dell'Urss, altrimenti sarà la tragedia. Certo, la rivoluzione è imprevedibile per definizione. La consapevolezza dei protagonisti per debolezza, per viltà, per dogmatismo - non riesce a mantenere il passo della rapida corsa del tempo. Qualcosa di simile sta accadendo ora al governo russo. I leader politici della Russia del 1917 non riuscirono a capire il significato reale degli avvenimenti. Erano dominati dall'idea che la Russia fosse ancora dormiente. E, perfino quando la rivoluzione cominciò a dilagare, i partiti di allora non furono in grado di elaborare un programma d'azione. Fu proprio questa incapacità ad agire che rese fertile il terreno per la dittatura, come alternativa alla prospettiva di un'anarchia ingovernabile. Ho l'impressione che anche oggi le forze democratiche non dispongano di un programma di riforme civili in grado di fare da barriera a una svolta autoritaria. E' penoso constatare quanto siamo inetti a imparare dalla scuola della storia. Le analogie storiche sono sempre relative, ma spesso sono anche utili. La Rivoluzione di Febbraio aveva scritto sulle sue bandiere richieste di vasta portata: rovesciare l'autocrazia, finire la guerra, riforma agraria, libertà politiche e un sistema democratico, elevamento del tenore di vita del popolo. La perestrojka è riuscita, in gran parte, a rovesciare l'autocrazia del bolscevismo; a far cessare la guerra del potere comunista contro il proprio popolo, e quella contro il popolo afghano; a liquidare la contrapposizione nucleare permanente contro il resto del mondo. Ma, ancora oggi, la riforma agraria procede a fatica e in ritardo, il sistema democratico e le libertà sono ancora al crocevia di partenza, le riforme economiche sono solo un'alba, la vita delle masse è scesa a livelli infimi. Il governo zarista non vedeva le cause della crisi economica e, quindi, non aveva la ricetta per uscirne. Sapeva usare solo i metodi amministrativi. Il poeta Aleksandr Blok rilevò allora che tutta la «volontà di lotta» del potere zarista finiva per risolversi soltanto come «imposizione di vincoli». Come usava fare il governatore generale di Ta- shkent che andava al mercato una volta alla settimana e ordinava di frustare quei commercianti che, secondo lui, dettavano prezzi più alti di quelli «normali». Fu l'incompetenza del potere sorto a Febbraio a portare alla morte quella rivoluzione. I suoi leader non capirono la profondità del problema contadino in Russia. Ma nemmeno oggi quel problema è stato capito. Il che rappresenta una minaccia reale per il processo democratico. Mi pare che solo la carenza di fruste salvi i monopolisti russi di oggi dalle ire del governatore generale di Tashkent. Non c'è dubbio, per altro, che la Rivoluzione di Febbraio aprì una prospettiva storica unica di sviluppo libero e democratico e che il Governo Provvisorio ebbe il merito di aver lavorato in questo senso. Ma l'interrogativo rimane: perché quell'inizio democratico fu spazzato via in pochi mesi, tra il Febbraio e l'Ottobre? Ed è l'interrogativo più straziante di tutta la nostra storia patria. La risposta è che, in fondo, nessuna delle forze politiche era interessata a un risveglio responsabile ed equilibrato delle masse popolari. Nessuno pensava a sviluppare realmente le basi democratiche, l'arte del compromesso, il dialogo, il rispetto e la composizione di interessi diversi. Nessuno insegnava alla gente a riflettere. Tutti insegnavano a odiare. La regola era demonizzare l'avversario. La democrazia di piazza era il regno dell'intolleranza. Qui era il terreno di coltura dei bacilli che avrebbero presto portato alla sua decomposizione. E io sono profondamente convinto che gli stessi bacilli stanno decomponendo anche la nostra società di oggi. I bolscevichi avevano trasformato l'ideologia dell'intolleranza in ideologia di Stato. E noi, da decenni, stiamo lottando con tutte le nostre forze, senza risparmiare fiele, inchiostro, etichette, offese, senza rispetto per i nostri figli e nipoti, senza paura né di Dio né del diavolo, per calpestare il prossimo, per coprirlo di fango, per ricavare deliziose vendette con un sadismo primitivo e brutale. Ma, infine, chi siamo noi? Quando finirà tutto questo? O, forse, noi non siamo affatto democratici? Penso che, se non ci sarà una riconciliazione nazionale, non ci saranno né libertà, né dignità, né onore! Troppi hanno pensato solo a interessi di parte invece che alle sorti del Paese. La coscienza della società è stata smembrata, frantumata. Il pluralismo politico conquistato si è ridotto ad una lotta tra partiti, e le forze democratiche non sono diventate la struttura portante capace di sostenere quanto c'era di vitale, di sano, di ragionevole. Il Governo Provvisorio era formato da leader dell'opposizione, che provenivano da professioni diverse: intellettuali, scienziati, avvocati, rappresentanti degli ambienti commerciali e industriali. Molti di loro condividevano le idee socialiste, erano dei populisti. Ma, trovandosi al timone dello Stato, si trasformarono rapidamente in politici di professione e, giorno dopo giorno, si allontanarono dalle radici che li nutrivano, dalle forze che li avevano portati sulla cresta dell'onda politica. Giorno dopo giorno diventarono sempre più sordi alla voce della gente semplice, per la quale - si presumeva - avevano fatto la loro scelta politica. Così schemi astratti, programmi inattuabili, manovre politiche, presero il posto della realtà. Gl'interessi reali di fondo furono sacrificati alle emozioni e agli umori del momento. In ultima analisi si perse la coerenza del corso democratico e gli stessi detentori del potere si fecero travolgere dalla tempesta della retorica demagogico-rivoluzionaria, generando apatia in una parte della popolazione e rafforzando l'irritazione nell'altra parte. Così la riconciliazione nazionale in nome dei comuni obiettivi democratici non avvenne. Le ambizioni dei singoli leader politici presero il sopravvento. Gli obiettivi puramente di partito vennero posti al di sopra degli interessi della società. Lo scontro tra gli estremismi, la rissa politica, i contrasti nello schieramento centrista, inflissero l'ultimo colpo al sistema democratico. Lezioni e ancora lezioni. La nostra storia ne è disseminata. Lezioni rigate di sangue, di lacrime e dolori. Lezioni di speranze e di amare delusioni. Più d'una volta abbiamo avviato grandi imprese, ma non le abbiamo mai portate a buon fine. Ci è mancata sempre la pazienza. C'è un modo di dire squisitamente russo: speriamo di avere fortuna alla fine del secolo. Ma non saremo fortunati se non sapremo essere più esigenti nei confronti di noi stessi. Abbiamo rovesciato tutti i poteri che ci hanno guidato nell'ultimo millennio. Non ci rimane che rovesciare noi stessi, la nostra infinita intolleranza verso gli altri e la nostra penosa mancanza di determinazione. Siamo soliti odiare gli altri per la nostra pigrizia, stupidità, ignoranza. Ma penso che riusciremo a superare le nostre sventure solo se supereremo noi stessi. Non siamo riusciti a farlo dopo il febbraio 1917. Ci riusciremo ora? Aleksandr Jakovlev Copyright «La Stampa» 1992 Lenin affossò le speranze di Febbraio; Jakovlev con Bush e acclamato dalla folla dopo il golpe

Persone citate: Aleksandr Blok, Aleksandr Jakovlev, Bush, Gorbaciov, Jakovlev, Lenin, Mikhail Gorbaciov, Romanov

Luoghi citati: Russia, Urss