Il fuoco supera le trincee di Zafferana di Fabio Albanese

Il fuoco supera le trincee di Zafferana Sgomberate le prime abitazioni, rinviate le operazioni per bloccare l'avanzata dell'Etna Il fuoco supera le trincee di Zafferana E la nebbia impedisce l'intervento dell'aviazione CATANIA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE «Siamo pronti, ma aspettiamo che migliori il tempo, speriamo bene per le prossime ore». Per tutta la giornata di ieri le squadre di tecnici e militari che dovrebbero arrestare la furia dell'Etna hanno atteso pazientemente che la nebbia calata in Valle del Bove si alzasse. Il ministro della Protezione civile, Nicola Capria, alle 14,15 è uscito alla discoteca dell'hotel Airone di Zafferana, trasformata in sala operativa, per annunciare: «Le esperienze fatte fino a questo momento dicono una sola cosa: che possiamo attuare gli interventi alle alte quote. Dovremmo cominciare fra qualche minuto, se il tempo ci aiuta». Ma il tempo non ha «collaborato». Per tutto il pomeriggio a Zafferana piogge e schiarite si sono alternate. Nella Valle del Bove, dove dovrebbero intervenire gli «incursori» della Marina militare italiana e gli elicotteri della TJs Navy, la nebbia non si è mai sollevata. E così, forse, se ne parlerà oggi. Ieri mattina alle 6 i militari della Marina, accompagnati dai vulcanologi Letterio Vili ari e Franco Barberi, avevano rischiato grosso. Dopo essere stati sbarcati dagli elicotteri sull'argine di Valle del Bove, hanno tentato di avviare l'intervento, ma d'improvviso il tempo è peggio- rato: «C'è stato qualche attimo di tensione - spiega il prof. Villari -. Poi, con la grande competenza dei piloti della nostra Marina, siamo stati individuati, recuperati e riportati qui». Villari'ieri pomeriggio, durante l'incontro dei ministri con i giornalisti, ha ulteriormente spiegato gli interventi che dovrebbero essere attuati: i grandi elicotteri «Black stallion» della Marina statunitense dovrebbero decollare dalla base di Sigonella, recuperare gli enormi massi in cemento che si trovano da due giorni nel campo sportivo di Zafferana, trasportarli sull'argine della Valle del Bove e «sganciarli» sulla lava raffreddata, che fa da volta al tunnel dentro il quale scorre quella incandescente. Gli elicotteri trasporteranno in zona gli incursori. Lì gli specialisti proveranno a posizionare e innescare le cariche esplosive per far saltare in aria l'argine, e consentire alla lava di deviare verso Valle del Bove. Il flusso diretto verso Val Calanna dovrebbe così progressivamente diminuire, fino a fermarsi. «Ma, a esperiménto concluso, ci vorrebbero ancora un paio di giorni - dicono i vulcanologi - prima che i fronti lavici vicini a Zafferana si fermino completamente». Nel frattempo in paese paura e nervosismo prendono il sopravvento sulle azioni razionali. La gente protesta, chiede fatti concreti. Ieri sera ha partecipato a un'affollata assemblea presso il Comune. L'oggetto del contendere si trova a Piano dell'Acqua, sul fronte lavico. Lì, ieri mattina, si è deciso di costruire ancora un terrapieno «per rallentare, fosse anche per solo un quarto d'ora, l'avanzare della lava», per dirla con le parole del ministro Capria. Ma, mentre le ruspe cominciavano a lavorare, un gruppo di cittadini di Zafferana è arrivato al centro di coordinamento a protestare: «Quello sbarramento causerà una deviazione della lava, non si può fare». Si è ricominciato a discutere, poi la soluzione: verrà alzato solo di pochi metri, tanto da far rallentare la lava, ma senza farle cambiare direzione. Durante la notte precedente il magma aveva distrutto la prima casa: un'antica costruzione rurale, poco sotto uno dei tanti argini sollevati in questi giorni. Più sotto c'è un'altra costruzione in cemento e mattoni. Il proprietario ha scritto con una bomboletta spray «Grazie governo» sulla facciata. Spiega che è il suo unico modo per protestare e si lamenta della «poca delicatezza» con la quale i militari sono entrati nel suo podere. La colata è lì, a poche decine di metri. Più giù, alcune case abitate. I militari hanno consigliato alla gente che vi abita di portare via le loro cose, di allontanarsi da quel posto. La gente vuol rimanere e il ministro Capria dice che vuole parlare con loro. Preferisce farlo tramite i collegamenti che le tevisioni nazionali e locali hanno attivato da qualche giorno: «Hanno ragione, è giusto che sappiano esattamente cosa devono fare o no». Un'altra grana è scoppiata in mattinata tra ambientalisti e Protezione civile. Il capo delle guide dell'Etna, Orazio Nicoloso, ha proposto un intervento con le ruspe negli stessi luoghi dove oggi dovrebbero finalmente intervenire gli incursori della Marina. Ha convinto della bontà della sua scelta i vulcanologi e i tecnici. Ma a chi mette a disposizione le enormi ruspe che dovrebbero essere utilizzate è stato detto che in cima all'Etna dovranno arrivarci con mezzi loro e con loro rifornimenti. Il Parco dell'Etna e gli ambientalisti, dal canto loro, hanno avvertito che non devono essere aperte nuove piste sul vulcano. Alla fine, ulteriore compromesso: le ruspe partiranno stamattina all'alba dal campo base di Milo, qualche chilometro sopra Zafferana, e tenteranno comunque l'esperimento. «Sono tutti metodi empirici, mai provati prima - dice il vulcanologo Franco Barberi -. Però è un dato che in tutto il mondo gli unici tentativi per fermare un'eruzione sono questi fatti in Italia». E a Zafferana la gente spera e prega. Fabio Albanese «Confidiamo solo in un miracolo della Madonna» Il sindaco dispera «Ogni decisione ora è un rischio» La lava sta per oltrepassare l'ultimo terrapieno. Sopra: tecnici della protezione civile e curiosi. Foto piccola: militari americani

Luoghi citati: Calanna, Catania, Italia, Milo