E l'America sotto choc rifiutò il baby trapianto

E l'America sotto choc rifiutò il baby trapianto THERESA RESPINTA DAL MONDO E l'America sotto choc rifiutò il baby trapianto ONEW YORK RMAI ci siamo abituati, il sistema delle informazioni di massa funziona così. Oggi, tutti, parliamo di Baby Theresa, la bambina nata senza corteccia cerebrale e perciò - nell'opinione dei più autorevoli neurologi - «non nata». Domani la storia è finita, ce ne siamo dimenticati. E si trascura la seconda parte del caso. Coraggiosamente i genitori vorrebbero donare gli organi della figlia mai nata a bambini che possono essere salvati. Ma un primo tribunale, un secondo tribunale dicono no. Gli organi di una bambina nelle condizioni di Baby Theresa durano solo poche ore. La Corte Suprema della Florida rifiuta di esaminare il caso. E così lo chiude. Baby Theresa smette di vivere. E, a uno a uno, smettono di vivere i quattro bambini bisognosi di un organo nuovo per salvarsi. Io cercherò di riprendere la storia nel punto in cui ufficialmente è finita. E poiché leggo, stando in America, anche giornali europei, non ho potuto fare a meno di vedere, accanto alla notizia di Baby Theresa, anche quella della mamma brasiliana a cui, lo stesso giorno, nelle stesse ore, sarebbe stato rubato il figlio dal ventre. La notizia brasiliana non è mai arrivata in America, e dunque non è mai arrivata neppure l'enorme ondata di emozione che hanno provocato in Europa gli articoli in cui si è parlato di ignobili commerci di organi di bambini. Provo a mettere in ordine i pensieri sul caso brasiliano, in modo da far capire al lettore dove vedo un legame con la vicenda americana. Come tutti sappiamo, il furto del neonato non è mai avvenuto. E' una fortuna, e forse è una fortuna persino la bugia inventata dalla signora per coprire la verità (la gravidanza della donna aveva avuto un esito sfortunato) Quella bugia ha creato tensione su un fronte, le violenze ai piccoli, in cui non si è mai troppo attenti. Ma ci sono due punti che ci riportano a Baby Theresa. L'aborto e il trapianto di organi. Infatti l'immagine della madre brasiliana il cui grembo viene svuotato da mani ignobili riproduce l'immagine che molti gruppi diffondono sull'aborto come male assoluto. Per esempio un gruppo nato da poco negli Usa, i «Sacrificial Lambs», quasi un ordine monastico laico. Sono nomadi che hanno messo in comune risparmi e risorse e si spostano di città in città, di clinica in clinica, offrendo danaro alle donne che intendono abortire. In un certo senso i «Sacrificial Lambs» si comportano come il ladro di parto che la donna brasiliana aveva inventato. Ma di essi ci dobbiamo fidare. Perché? Una prima risposta è intuitiva. Sono persone generose, motivate dal desiderio di salvare bambini che altrimenti non sarebbero nati. «Anche coloro che si battono per la libertà delle donne scrive il New York Times del 5 aprile - ammirano la dedizione dei "Sacrificial Lambs"». Però c'è un'altra ragione. I «Sacrificial Lambs» appartengono a una cultura, quella cristiana fondamentalista e dei gruppi cattolici detti «pentecostali». Sono gruppi che lavorano «dal basso», disposti a sacrificarsi per la vita dei non nati. Ma sono collegati a un punto molto alto, ascoltato, rispettato, che è la cultura cristiana fondamentalista del mondo, una cultura forte abbastanza da piegare il presidente degli Stati Uniti. Bush, che è stato «pro-choice» (in favore della scelta delle donne) per tutta la vita, è diventato anti abortista quando è venuto il suo turno di candidato, e lo è di nuovo ora in periodo di elezioni. Dunque è una cultura forte. Ma questa cultura avanza un reclamo: chi tocca i bambini nati o non nati, chi li tocca non solo con le mani ma anche con le idee, va giudicato con molto sospetto, se il suo agire non coincide strettamente e totalmente con il dettato cristiano. Ecco allora che assistiamo alla nascita di una catena di credenze, che in parte sono di origine religiosa, in parte si possono spiegare come frutto di una influenza indiretta ma forte. Compare un medico americano che presenta un film sulla «sofferenza, la tortura, il tormento dei bambini mai nati» negli aborti delle prime settimane di gravidanza. I medici americani negano il valore scientifico del film, lo condannano come una invenzione, come un gesto di propaganda. Se è propaganda, è pensato bene. Perché il gesto di abortire è comunque traumatico. In questo caso la sofferenza e l'angoscia della madre vengono trasferite sul feto. Non sarà vero che il feto di due o tre settimane soffre du¬ rante l'aborto. Ma il fatto, ai non esperti, sembra credibile, e comunque si associa al sentimento di disturbo, se non di orrore, che tutti provano per quel tipo di operazione. L'idea della sofferenza del feto nelle prime settimane di vita passa, diventa persuasione diffusa, se non comune. Un altro successo nel delimitare i confini e ammonire: altre culture, scientifiche o non scientifiche, qui non devono avvicinarsi. Il territorio della procreazione è sotto esclusiva gestione religiosa. I medici cominciano a stare alla larga. I politici diventano evasivi. Commentatori e moralisti di non stretta osservanza abbandonano il campo, anche perché le aggressioni psicologiche, verbali, giornalistiche, si fanno aspre di tono, puntano al disprezzo e allo screditamento di chi esprime dissenso. Questa è forse la ragione per cui la signora Campo Pearson, madre di Baby Theresa, pur essendo stata informata che la sua bambina sarebbe nata senza corteccia cerebrale, ha deciso, con un disperato atto di coraggio, di portare a termine la gravidanza. La signora Campo poteva abortire e non l'ha fatto. Ha comunicato ai medici che voleva permettere agli organi sani della sua sfortunata figlioletta di crescere, di restare intatti, così che avrebbero potuto essere usati per salvare almeno altri quattro bambini (i reni, i polmoni, il piccolo cuore, gli occhi). I medici le hanno detto di sì, però sotto voce. Vedevano la tempesta avvicinarsi, conoscevano il furore che avrebbe circondato la decisione di questa donna eroica, perciò hanno taciuto. La signora Campo infatti ha invaso l'altro settore in cui sono sconsigliate incursioni: quello del confine - che una volta spettava ai medici definire - fra vita e non vita. E quello - recentementre presidiato dalla nuova cultura fondamentalista - del trapianto di organi. E così, mentre di slancio si butta a cercare autorizzazioni e permessi per salvare altri bambini, non si accorge che sta sfidando la persuasione che si è creata intorno ai limiti della vita, che i medici non osano più definire. E sta sfidando la superstizione sul commercio di organi di bambini, che l'intera comunità dei medici del mondo (dal «Surgeon General» americano al ministro della Sanità italiano) giudicano oggettivamente impossibile, ma a cui tanti credono fermamente. E infatti i giornali continuano a dare titoli drammatici e credibilità alle denunce mai provate di queste vicende. Così che mentre la signora Campo lottava per donare gli organi della sua bambina, altrove i commentatori di mezzo mondo erano impegnati a immaginare l'organizzazione ladresca che aveva appena rubato un bambino (e dunque presumibilmente i suoi organi) alla mamma brasiliana. Si chiudono così le due storie di Baby Theresa, il cui piccolo corpo è stato sepolto con gli organi che avrebbero potuto salvare, ma non hanno salvato, altri neonati. E quella del bambino brasiliano mai rapito, mai derubato dei suoi organi, a cui tutti hanno immediatamente creduto. La signora Campo - mentre portava a termine la sua eroica gravidanza - non ha capito che non toccava a lei decidere su quel che le stava accadendo, e sulla salvezza di altri bambini. Il suo disperato tentativo di essere utile è stato respinto. La signora brasiliana ha capito. E infatti è stata creduta. Furio Colombo <:■■:,:■:■:■■■.■:■-■ o:':v:-:';:-':'' Theresa Ann Pearson, la neonata americana nata senza corteccia cerebrale: i giudici della Florida non hanno consentito che i suoi argani venissero espiantati per il trapianto

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