Presidente, davvero se ne va? «Forse, diciamo al 50 per cento»

Presidente, davvero se ne va? «Forse, diciamo al 50 per cento» DIARIO DEL QUIRINALE Presidente, davvero se ne va? «Forse, diciamo al 50 per cento» AROMA TTENDIAMO a lungo che il Presidente della Repubblica accetti di uscire un attimo dal suo studio. Finalmente lo incontriamo alle 20. E' il Cossiga del nuovo stile post-elettorale: calmo, determinato, sembra un giocatore di bridge, che d'altra parte ha sempre preferito allo scopone scientifico. Allora, Presidente: i palazzi della politica sono a rumore e le redazioni dei giornali anche. Motivo? Si va dicendo in giro che lei si dimetterà sicuramente la settimana prossima. Non «sicuramente». Probabilmente. Allora è vero? E' vero che è possibile. Ma anche probabile? Sì. Diciamo 50 e 50 Perché? Semplice. Se vedo che la mia uscita può servire a favorire l'elezione immediata di un nuovo Presidente, può darsi che lo facciaMa perché dovrebbe essere la prima cosa e non l'ultima, a luglio? Perché io non ho più il potere di scioglimento delle Camere. Un nuovo Presidente, fresco di nomina, sì. Ecco perché. Questo cambia, drammatizza la situazione. Si an- drebbe dunque a uno scioglimento repentino di questo Parlamento, e con un nuovo Capo dello Stato? Tutto da vedere. Comunque, le ho detto: di queste cose si sta ragionando e io su questo sto I riflettendo. Cariglia, che ha difI fuso la notizia, ha dunque ra¬ gione. Presidente, le faccio notare che le sue dimissioni sono per l'appunto la condizione chiesta dal pds per poter affrontare la partita politica da una posizione forte... Eh no, caro mio. Questo no. Si sbagliano... Chi, Occhetto o altri? Si sbagliano certi dirigenti del pds. Non se ne parla nemmeno. Vede, quelli di Botteghe Oscure si devono mettere in testa che la conventio ad escludendum nei loro confronti è finita. Finita davvero. E questo che c'entra? C'entra perché finché i comunisti non potevano essere ammessi al governo, era consuetudine ripagare questa loro esclusione con delle concessioni sottobanco; che erano appunto il compenso per il loro disturbo. E quale sarebbe il compen- so attuate? Ma nessuno. Proprio perché, come ho gridato mille volte ma su questo sono ormai d'accordo tutti - non c'è più barriera nei loro confronti. Possono governare, possono guidare un governo, possono fare quello che vogliono e che il gioco della democrazia e dei numeri consente. Quindi, nessun premio di consolazione, vuol dire? Eh già. Se lo scordano che questa volta gli facciamo lo stesso regalo che fu fatto a mio cugino Berlinguer, quando per soddisfarlo gli sacrificammo Leone. Leone fu fatto dimettere perché in questo modo i comunisti potevano ottenere un vantaggio d'immagine, un successo di posizione. Ma perché? Perché non potevano entrare direttamente nel governo. E crede che smetteranno di chiedere li sue dimissioni? Io lo auguro a loro, non a me. Facciano quel che credono, ma si tolgano dalla testa di ottenere la mia caduta come guiderdone. Non se ne parla. Ma lei sta tuttavia decidendo, per l'appunto, di dimettersi, cioè di accogliere in un modo o nell'altro la richiesta del pds. E' lì, il punto: in un modo o nell'altro. No: soltanto in un modo. Può darsi che mi dimetterò, e questo lo deciderò io e soltanto io. Se lo farò, questo mio atto avrà uno e un solo significato, che è quello che le ho detto. E il pds potrà governare, entrare in coalizioni, esprimere il primo ministro, tutto quel che vuole e può, ma non potrà dire: abbiamo fatto uscire Cossiga dal Quirinale. Questo, mai. Auguri, Presidente. Torno nella mischia. Paolo (Suzzanti

Persone citate: Berlinguer, Cariglia, Cossiga, Occhetto