Un «dandy» affascinante nella Torino del dopoguerra

CHICCO ALLA DANTESCA ARTE CHICCO ALLA DANTESCA Un «dandy» affascinante nella Torino del dopoguerra AGRO, alto, avvolto nel mantellone nero, con i folti baffi e in mano il bastone: non era difficile incontrare e riconoscere a distanza Riccardo Chicco nelle vie centrali di Torino. Insegnava al liceo D'Azeglio storia dell'arte (fortunati i suoi allievi) e teneva scuola di pittura in via Cavour (per un brevissimo periodo anche chi scrive fu tentato ad entrarvi). Nel secondo dopoguerra Chicco fu il «dandy» della città, in senso alto e nobile, perché era persona fine e di grande cultura. La mostra che ora gli dedica Nanni Fogola nella sua «Dantesca», per la cura degli amorevoli figli del Maestro, è una piccola ma bella antologica che conferma, come quella organizzata dalla Regione sette anni fa, quanto Riccardo Chicco (19101973) sia stato autentico e vivo pittore con gli occhi intelligentemente aperti sull'arte e sulla storia dell'arte. E mentre c'è chi (e se mi sbaglio, scusatemi) vorrebbe ridurlo a personaggio marginale (più un caricaturista e uno stravagante che un vero pittore) ho il sospetto che la sua statura sia un tantino più alta di quella della città e dei suoi «artisti» e intellettuali «medi». E' vero: fu, talvolta, il successo mondano in una società abbastanza piccina e miope a fare accentuare dallo stesso pittore lati meno assoluti del suo operare: e intendo la compiacenza a certi ritratti tra complimento galante e satira, specialmente di signore, che Chicco amava realizzare in uno stile meno rigoroso di quanto fosse nelle sue reali possibilità. Uno stile che abusa un po' del morbido sfumino. (In mostra, di questi ritratti muliebri, ve ne è una bella scelta: ma si guardi quello spigoloso della signora Perego, non dimentico dell'Artesiana di Van Gogh). E' vero: fu forse, la capacità a variare lo stile, quasi giocando e quasi giungendo fino all'informale-materico (si vedano le bellissime «tempere forti», specialmente di fiori) e all'astratto. Fu, ancora forse, la sua indubbia vena umoristica (che lo fece gemale caricaturista della «Stampa» per decenni). Fatto sta che Chicco risulta artista variegato e apare ntemente disimpegnato; non nel senso della politica, ma in quello dell'arte. E' credo, impressione legittima ma sostanzialmente erra¬ ta. Credo che Riccardo Chicco fosse innanzitutto un artista e un pittore, con scelte precise e intelligenti dei «suoi» Maestri, che egli stesso cita in uno scritto: Ensor, Beckmann, Grosz, Van Dongen, Kokoschka...Un bel mazzetto di espressionisti, quindi, assai diversi fra di loro: ma la risultante è «Chicco», un modo di interpretare la realtà sempre con il grimaldello del racconto, dell'aneddoto, che si gusta con piacere anche se nel cocktail c'è qualche goccia di humour al limone. Oltre ai già citati «Fiori rosa» (tempera forte) da segnalare in mostra il piccolo, vivissimo dipinto «Abbaini e colombi» e il grande quadro «Ritagli nella psiche», titolo evidentemente ironico e che fa il verso a tanti altri titoli orribilmente sottoculturati. Questo quadro rappresenta un atelier di sartoria ed è guardabile in due modi, dritto e rovesciato. E assai difficile dire quale sia il modo giusto, e forse non c'è. Chicco è dunque artista di «buon sapore», vivo e libero, e quello che ha fatto sembra farlo oggi oppure domani, quando sarà giudicato con giustizia. Oggi, in tempi grevi di funebre didatticismo intellettualistico, dove gli allievi di Duchamp hanno perso il gusto di ridere che aveva il loro perdonabile Maestro, Chicco non può trovare che distratti segni di consenso: ne fa fede il prezzo dei suoi quadri, ancora incredibilmente, insopportabilmente basso. Beppi Zancan Riccardo Chicco Fogola, gallerìa Dantesca Piazza Cario Felice 19 orario 10-13 e 15,30-19,30; chiuso festivi. Fino al 19 aprile liilmllo di Cliicro (/Miri.). Sotto: porlieokirì di uiuiici: siane di Scliiulvino e di un acquerello di Andreoli

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