MEMORIE DI RUNCIMAN DA BISANZIO A LAS VEGAS

MEMORIE DI RUNCIMAN DA BISANZIO A LAS VEGAS MEMORIE DI RUNCIMAN DA BISANZIO A LAS VEGAS LA prima volta che Sir Steven Runciman vide l'Egitto fu nel 1925, quando attraversò il canale di Suez mentre era diretto in Cina. E là, su quelle dune, un indovino lo avvisò di guardarsi da amicizie pericolose, che avrebbero minacciato la sua brillante vita di giovane professore a Cambridge. Allora la cosa pareva senza senso, ma nel 1940 fu proprio uno dei suoi compagni di studi, la spia dell'Est Guy Burgess in carica nel servizio segreto britannico, a suggerire che il grande storico di Bisanzio fosse mandato a Sofia come addetto stampa dell'ambasciata inglese. E la storia di quella avventura, che quasi costò la vita all'autore della Caduta di Costantinopoli e Storia delle Crociate (Einaudi), è raccontata in uno dei più originali e deliziosi libri di questa stagione editoriale inglese: A traveller's alphabet, Partìal memoirs (Thames and Hudson). Una raccolta di memorie costruita con civetteria come un dizionazio: una lettera dell'alfabeto per ogni Paese straniero amato. Chi conosce Steven Runciman come grande bizantinista non potrà evitare di stupirsi della sua vivacità cosmopolita che lo porta a Hollywood come nei casinò di Las Vegas e nei concorsi di bellezza a Bangkok. La sua penna passa dalla descrizione disincantata di Saigon capitale del peccato negli Anni 30 all'emozione di una Francia vista da bambino dai finestrini della Rolls-Royce del padre, che era un ministro britannico. Sulla bella barca di famiglia raggiungerà per la prima volta il Bosforo nel '24. Ma saranno la fama e la diplomazia a portarlo in Australia e in Cambogia, in America e in Cina, in Romania e in Persia, dove ad attenderlo c'è sempre qualche studioso illustre, principe di sangue reale, altezza imperiale o regina, a cui con sublime snobismo si rivolge con le parole «noi storici». Lui, lo storico inviato a Sofia da Guy Burgess, dovrà fuggire dalla Bulgaria invasa dalle truppe di Hitler, senza sapere di portare in valigia una bomba tedesca che esploderà a Istanbul provocando una strage. Ed è proprio a Istanbul che tornerà nel '42 invitato dal governo turco ad insegnare storia bizantina all'università, dove per 4 anni tiene le lezioni in inglese perché non conosce il turco (ma il russo, il bulgaro, il greco, il francese, il tedesco e un po' di arabo), con un interprete che traduce frase per frase. «Agli studenti piaceva questo metodo perché riuscivano a trascrivere tutto quello che dicevo». Ma ha l'irresistibile sapore della satira leggere che i suoi allievi, che avevano il vizio di imparare i loro appunti a memoria, si presentavano agli esami per rivolgere a lui, stupefatto, le stesse precise lezioni che aveva pronunciato in aula. Con una punta di vanità e di ironia questo bizzarro signore ci riferisce di avere saputo che il governo italiano aveva mandato ai turchi un elenco di sospette spie inglesi, dove alla voce Runciman si leggeva: «Molto intelligente e molto pericoloso». Gli inglesi d'altro canto sospettavano della bellissima principessa romena Marthe Bibesco, cosa che non gli impedì mai di frequentarla in quella cerchia di mondani levantini tra cui, un po' discosto, c'era persino Monsignor Roncalli, che un giorno gli avrebbe riservato un invito papale a Roma. Si deve ammettere che la devozione di Steven Runciman ai piaceri eleganti ha una sola sottile incrinatura, quando è costretto ad ammettere che al Cairo, all'inizio degli Anni 40, la vita era brillante in modo irreale, «ci si intratteneva», ma in una atmosfera di tensione e di incertezza del futuro. Tornarci nel 1964 avrebbe comportato una prevedibile delusione: «Come spesso accade dopo una rivoluzione sociale, i ricchi se n'erano andati e i poveri erano più poveri di prima. Le strade erano sudice. La nuova classe di burocrati non sapeva niente di negozi eleganti e di ristoranti, i magnifici monumenti della città erano in uno stato deplorevole, e i musei un disastro... Tutto era diventato sciatto». Solo Damasco resiste indelebile al ricordo come la più sfavillante delle città, così bella che «il Profeta rifiutò di visitarla perché nessuno aveva il diritto di andare in paradiso prima che lui fosse morto». Che tristezza si prova a leggere queste righe se si è conosciuta la Damasco bellicosa e decaduta di Assad, per non parlare del Libano che lo storico raggiunge dalla Siria nel '38, diretto al castello crociato di Sayun. E' li che scopre che il celebre studio sui castelli crociati di T. E. Lawrence è privo di rigore scientifico. E quando incontrerà questo strano eroe molti anni dopo a Londra, a un pranzo dato in suo onore, la disillusione sarà completa: «Mi appare così in malafede da darmi una repulsione fisica. Lasciai il ricevimento appena la buona forma me lo consentì». Non è il solo segno di insofferenza che Runciman si permette verso alcune grandi figure del suo tempo. Ma almeno ad André Malraux, il futuro ministro della Cultura di De Gaulle che in gioventù ha saccheggiato i templi Khmer per danaro, Runciman riconosce di essere un bravo scrittore. Chi ne esce peggio è André Gide, prolisso, verde oliva, noioso e molesto nel suo pontificare sul matrimonio e sulle donne, quanto mai ingiustificato. Di donne e di amore lo stesso autore di questo strano libro non ci parla mai, e fa quindi sorridere leggere che nel 1955 abbia rice vuto un invito da parte del regi sta George Cukor a prestare la sua consulenza per un film con Ava Gardner intitolato La femmina. «Mi sentivo immensamente lusingato di essere considerato uno specialista su un soggetto così importante, quando mi venne in mente di avere visto un libro con lo stesso titolo che raccontava la vita dell'imperatrice bizantina Teodora». Ma questo non gli impedì di accettare con entusiasmo, scandalizzando l'accademia inglese che parlò di «prostituzione». Del film non si sarebbe fatto nulla, in ogni caso, ma l'amicizia che nacque con George Cukor portò lo storico a Hollywood, dove Katharine Hepburn lo colmò di tali gentilezze da provocare gli imbarazzanti sospetti di Spencer Tracy. Questo vecchio elegante e au stero bizantinista ha davvero il gusto di sorprendere il lettore. Anche quando lo immaginiamo studiare l'arte tailandese, ospite a Bangkok di un principe di san gue reale (cosa a cui, arrivati alla lettera T, non si fa più caso), mai potremmo immaginare che in quell'occasione farà parte della giuria per l'elezione di Miss Tailandia. Zeta è l'ultima lettera dell'alfabeto e Zion è la parola che sceglie per parlare della Palestina, dove ha vissuto due anni in gioventù. E' là che incontra una santa bambina che guarisce gli ammalati e compie miracoli. Ed è là che prega davanti al Santo Sepolcro, sentendo che la sua fede di protestante fatta di odio quanto di amore è la sola liberazione dalla schiavitù del dolore. Per questo si dichiarerà eternamente grato a Gerusalemme, anche se per lui, «come per i lebbrosi siriani Naaman, Abana e Pharpar, i fiumi di Damasco saranno sempre migliori di tutte le acque di Israele». Livia Ma nera Lo storico Sir Steven Runciman