IL DIAVOLO IN SICILIA di Lorenzo Mondo

IL DIAVOLO IN SICILIA IL DIAVOLO IN SICILIA «Nottetempo, casa per casa» : nel romanzo di Consolo i neri Anni Venti, tra fascismo, anarchia e satanismo CON cuore di esule, Vincenzo Consolo torna a visitare la sua terra, la storia della sua Sicilia, sposando ancora una volta l'aspro risentimento civile al martellìo di una lingua fatta preziosa, in uguale misura, dagli arcaismi e dai prestiti dialettali. Nottetempo, casa per casa è il titolo del suo romanzo, e se le «case» possono trovare riscontro negli interni che si succedono in vari capitoli a marcare il profilo dei personaggi, l'atmosfera notturna si riferisce piuttosto a un diffuso clima morale, alle tenebre della ragione che aggiungono nuova pena alla fatica di vivere. Siamo ai primi Anni Venti, tra Cefalù e Palermo, nei luoghi che abbiamo imparato a conoscere attraverso H sorriso dell'ignoto marinaio, il romanzo con il quale Consolo si rivelò scrittore. Petro Varano, il «maestricchio», è oppresso da un carico famigliare di infelicità e follia. Ha un padre che nelle notti di luna corre schiumando tra rupi e oliveti, ha una sorella che, dopo la morte del fidanzato in guerra, vive smemorata tra casa e ospizio. Gli sono di conforto, contro un destino che ha il volto inflessibile del Cristo Pantocratore nel mosaico di Cefalù, la compagnia dei libri e i fermenti di ribellione che serpeggiano nelle leghe contadine. Il suo antagonista è il ba- rane Nenè, grande ammiratore di D'Annunzio nelle duplici vesti di armigero (è in corso l'impresa di Fiume) e maestro di erotismo. Quando sulla Sicilia scorrazzeranno le squadre fasciste, i posti a Petro e Nenè sono già assegnati. Mentre il barone ordina le rappresaglie contro i contadini, le sparatorie sui comizi in cui si predica il verbo del socialismo, il maestrino è vicino agli anarchici, farà esplodere una bomba, per vendetta, nel palazzo del suo nemico. Tutto questo sconvolgimento è però preparato da un più eccentrico e vistoso segno di malessere. Si tratta di una storia altamente romanzabile ma vera. In una villa di Cefalù è approdata una congrega di stranieri che suscita sconcerto e scandalo tra la gente: non sapendone di più, li chiama Mormoni. In realtà, l'inglese Aleister Crowley, profeta di una religione satanica, è venuto a impiantare in vista del mare la sua abbazia di Thelème dove, per regola, tutto è permesso. Con i giovani accoliti tra cui non mancano i bambini, con le concubine isteriche, pratica rituali dementi, messe nere e orgie propiziate dalla droga. Dipinge su muri e pavimenti clamorose oscenità, il ciuffo di capelli ritto sulla fronte come un corno vuole sottolineare la sua parentela con il diavolo. Nenè, che vede compiersi le sue fantasie sporcaccione, finisce tra gli iniziati; anche il pastore Janu, compagno d'infanzia di Petro, sarà catturato, vittima incolpevole. Consolo è affascinato da questo colto ciarlatano che alla fine sarà sloggiato per ordine del prefetto e si vendicherà di Mussolini con un beffardo pamphlet: «Parturiunt montes, nascit rìdiculus Mus(solini)». Indugia anche troppo, rispetto all'economia del romanzo, sulle sregolatezze di Crowley che annunciano, più di quanto non riescano a contrastare, l'imminente, costituzionale disordine. Ma anche Petro sarà sconfitto, dopo il suo gesto dimostrativo parte per l'esilio. Senza troppe speranze nei compagni che rimangono, nell'agitatore che, al momento del commmiato, gli raccomanda la lettura degli scrittori proletari Gori e Rapisardi. Mentre Petro, infastidito da quella lingua inconsistente e stonata, oppone dentro di sé i nomi di Dante e Leopardi. Di altre parole ha bisogno la sua rivolta, la sua volontà di dare «ragione, nome a tutto quel dolore». L'esilio del giovane intellettuale avviene prima di tutto all'interno della scrittura, in una situazione di crisi ideologica che potrebbe alludere allo smarrimento della sinistra nei nostri giorni. Ho dato, riassumendola, unità a una storia che procede a sussulti, a quadri vividi ma rapsodici. Consolo non si cura di trapassi psicologici, di gerarchie tematiche, di sviluppo dei personaggi (l'amico Cicco Paolo, lo smerciatole di giornali clande¬ stini, lo scarparo sono appena abbozzati, non hanno destino), di un continuum narrativo. Come il suo triste eroe, sente il bisogno, nella confusione dei tempi, di tenere viva la, luce della parola, di aggrapparsi ai nomi «di cose vere, visibili, concrete». Si spiega cosi forse quel suo caratteristico periodare a forti frequenze e scansioni nominali, la propensione all'elenco definitorio («le lunghe notti illuni, il mare costellato di fiammelle, di lampare - di vapori, di raspe sanse letami fumiganti, di muschi di vesce di lumache, della campagna pregna che dona asparagi borragmi cicorie»). Ma paradossalmente questo lavoro di scavo e di ripulitura gli si rivolta tra le mani, gira nel forbito e nel candito, comunque nel prezioso (Petro avrebbe bollato come dannunziana questa descrizione del tramonto: «Il giorno moriva, assai ferinamente»). Nascono di qui certe pagine memorabili, tra invasate e dolenti, ma anche il rallentamento e le incertezze, la sostanziale incompiutezza del romanzo. A glona e dannazione dell'accanimento linguistico. Lorenzo Mondo Vincenzo Consolo Nottetempo, casa per casa Mondadori pp. 175, L 28.000 Il maestrwchio bombarob, il barone dannunziano, la setta di un inglese folk Vincenzo Consolo

Luoghi citati: Fiume, Palermo, Sicilia