Il caccia delle Frecce va in pensione

Il caccia delle Frecce va in pensione Ieri a Treviso l'ultimo volo del «G91» ha chiuso un'epoca dell'aviazione italiana Il caccia delle Frecce va in pensione Nato al Lingotto, è rimasto in attività 36 anni Lo avevano scelto anche Germania e Portogallo TREVISO. Luciano Monesi, 38 anni, tenente colonnello, comandante del 14° gruppo cacciabombardieri ricognitori, lo ammette: «Mi sono emozionato perché mi rendevo conto che si stava concludendo un'epoca della nostra aviazione, e anche una parte importante della mia vita di pilota». Ieri mattina all'aeroporto multare di Sant'Angelo di Treviso è toccato a lui di portare in volo l'ultimo G 91. Il vecchio «caccia» dell'Aeronautica Multare, l'ultimo rimasto in linea, va in pensione, sostituito dall'Anne. Una quindicina di minuti di volo, un paio di passaggi davanti agli invitati, tra cui il comandante della prima regione aerea generale Lorenzo Giordo, poi l'atterraggio definitivo. Il G 91 ha volato per quasi 36 anni con una bassissima percentuale di incidenti, si è adattato a tutti i ruoli (bombardiere, ricognitore, addestratore), ha fatto il suo dovere come difensore dei confini nazionali e se ne va senza aver dovuto partecipare a operazioni belliche (solo i portoghesi lo hanno usato in azioni antiguerriglia in Angola). E' riuscito persino, benché un po' tozzo, a fare la sua figura nelle «Frecce tricolori» dal '64 all'81. Ne sono stati costruiti quasi 700 in 16 versioni tra cui ima biposto (G 91T) e una bimotore (G 91Y). Un capitolo di «Una vita per l'aviazione» di Giuseppe Gabrielli, il suo progettista, è intitolato «L'avventura del G 91». In effetti, se consideriamo l'Italia del 1955 quella del cacciabombardiere nato al Lingotto fu davvero un'avventura. La nostra industria aeronautica era uscita distrutta dalla guerra e una macchina così complessa poteva anche rivelarsi un disastro. Ma quando la Nato bandì il concorso per un velivolo da appoggio tattico studiato per l'Europa (dimensioni contenute, velocità vicina a quella del suono, buona capacità di attacco, possibilità di operare da prati e autostrade) Gabrielli riuscì a convincere Valletta, allora al timone della Fiat: bisogna tentare. Il progetto battè una decina di concorrenti, il primo volo, 9 agosto '56 a Caselle fu l'inizio di una carriera eccezionalmente lunga. C'erano stati anche momenti drammatici: il 26 febbraio '57 in un volo di prova l'aereo aveva cominciato a vibrare violentemente e si era schiantato al suolo; il collaudatore Bignamini era sceso con il paracadute nei pressi di Cavour. Bignamini morì poi nel luglio '61 a Fort Rucker, in Alabama, mentre collaudava un esemplare dotato di razzi per il decollo. Oltre che dall'Italia il G 91 fu adottato da Germania e Portogallo mentre Turchia e Grecia si ritirarono sotto la pressione delle lobby internazionali che lavorarono neppure troppo segretamente per limitarne il successo. Fu comunque un formidabile banco di prova per tutta l'industria aeronautica italiana; senza di esso non sarebbe stato possibile costruire poi l'F 104 (su licenza Usa), il Tornado, l'Amx e, nei prossimi anni, l'Efa. Vittorio Ravizza Foto d'archivio di una squadriglia di cacciabombardieri Fiat «G91 »

Persone citate: Bignamini, Cavour, Gabrielli, Giuseppe Gabrielli, Lorenzo Giordo, Luciano Monesi, Rucker, Valletta, Vittorio Ravizza Foto