Quella Old England laborista di Mario Ciriello

Quella Old England laboristaQuella Old England laborist :, Com'era il Paese prima delVera Thatcher LA STORIA LUCI E OMBRE DEL REGNO DELLA SINISTRA LONDRA NOSTRO SERVIZIO Durante tutte le battaglie della lunga campagna elettorale, laboristi e conservatori si sono scambievolmente accusati d'essere fuori tempo, obsoleti, figli del passato. Sì, perché adesso l'Inghilterra ha due passati. Quello pre 1979 e quello tra il '79 e il '90, l'anno in cui Margaret Thatcher fu detronizzata e costretta dal suo partito a cedere il potere a John Major. Per i laboristi, Major non è che la maschera sorrìdente di un conservatorismo che, se eletto per la quarta volta in 13 anni, toglierebbe presto dalla naftalina la sua arrogante divisa thatcheriana e la sfoggerebbe con rinnovata protervia. Per i Tories, il laborismo è incurabile, il solito veterosocialismo rugginoso e infido, e additano l'altro passato, l'era pre-Maggie. Ma com'era poi questa Inghilterra laborista? Non è oziosa una passeggiata in questa Old England, mentre si attende l'esito della febbrile gara elettorale. Ne è passato del tempo, infatti; 13 anni sono tanti, bisogna averne almeno 30 per ricordare la vita nel regno socialista di Elisabetta alla fine degli Anni 70, bisogna averne molti di più per evocare dalla memoria tutti i vari governi laboristi. Che furono quattro, dalla fine della guerra, dalla clamorosa sconfitta di Winston Churchill. Quello di Clement Attlee, dal '45 al '51 ; i due di Harold Wilson, dal '64 al '70 e dal '74 al '76: e l'ultimo, quello di James Callaghan, dal '76 al '79, fino al trionfale arrivo di Margaret Thatcher. Del passato si tende a ricordare il bello, i good old days. Ma non deforma la verità chi oggi rammenta una società più morigerata, più sobria, più compassionevole, più «cristiana», nel senso nobile della parola. Era un'Inghilterra meno ambiziosa, la laborista, al punto che il ministro degli Esteri Bevin deplorava la «povertà di desideri» dei suoi connazionali; un'Inghilterra meno irrequieta, meno nevrotica, un'Inghilterra che, ancora fiduciosa nella sua superiorità «naturale» e abbarbicata al suo glorioso passato, non si macerava in invidie, non si tormentava sul suo futuro. C'era un odore di vecchio, di muffa quasi, ma non infastidiva, né allarmava, questi isolani. Era una società più tranquilla, anche perché più «tradizionale». I laboristi non sono mai stati marxisti (Harold Wilson diceva: «Das Kapital? Non sono mai riuscito a leggerne più di due pagine») e anche il loro riformismo era blando e prudente. Soltanto nell'immediato dopoguerra, quando costruirono in pochi anni un maestoso Welfare State, agiro¬ no con slancio e con coraggio. Altrimenti, cercarono sempre il massimo «consenso» (quel consenso sprezzato e calpestato da Margaret Thatcher) al punto che, con gli Anni 60 e 70, la Gran Bretagna era invero uno Stato corporativo. A differenza di adesso, i laboristi ripudiavano, snobbavano allora l'Europa; e questa loro boria insulare corrispondeva ai sentimenti, palesi e occulti, della maggioranza. In queste settimane, molti britannici, uomini di pensiero, docenti, giornalisti e altri, hanno descritto commossi quei good old days. «Quelle amministrazioni comunali, che Maggie ha poi distrutto, difendevano le città dalla rozza speculazione edilizia... Quelle Università, che Maggie ha poi impoverito, avevano dignità e autorità... Quel Servizio Sanitario, che Maggie ha poi fiaccato, tendeva a tutti la sua mano generosa... Quei valori sociali e morali, che Maggie ha poi capovolto con la sua sgargiante ma precaria Yuppieland, rispecchiavano l'animo della nazione». Non c'è dubbio. La famiglia è oggi in dissesto, quasi un figlio su tre è illegittimo. James Buchan, un intelligente e pungente giornalista e scrittore sulla quarantina, uomo di cultura, ha narrato, in un lungo articolo sulla Sunday Review dell'Independent, le amarissime delusioni della sua generazione nonché del suo ceto borghese. Ha ricordato i drammi finanziari di «almeno due milioni di giovani» che, incitati da Maggie hanno comprato una casa e oggi gemono sotto mutui soffocanti. Ha menzionato il «demoralizzato» settore pubblico, dove i «sopravvissuti» insegnanti, piccoli funzionari, impiegati, sperar no di veder ripristinati i loro «privilegi». Per Buchan è una «bancarotta morale». Vuole un ritorno al «vecchio sistema». In realtà all'etica dell'intero periodo, laborista o tory, fino al '79, fino all'avvento di Maggie. Le commozioni destate dalla nostalgia possono però appannare gli sguardi. Una vecchia massima internazionale insegna: «I partiti conservatori producono ricchezza, i partiti socialisti la distribuiscono». E', un precetto che calza a pennello ai laboristi britannici, perfino quelli modello 1992, con quei loro aumenti fiscali che colpendo i ceti medi e alti non ne accrescerebbero certo il fervore produttivo. Sì, è vero, l'Inghilterra laborista era più idecorosa, più onesta, più altruista, più fair, ma era anche luna cattedrale fatiscente, in cui tutto era sacro, quindi intoccabile. I socialisti attutivano le scosse del declino, ma il declino avanzava, inesorabile, drammatico. Già verso la fine degli Anni 60, sotto Wilson, politici e funzionari ammettevano in privato: «Se continueremo così, finiremo come il Portogallo». Con la seconda metà degli Anni 70, quasi ogni illusione era scomparsa. Lo «sfascio» era generale, universale; l'inflazione era divenuta iperinflazione e divorava risparmi e redditi; l'industria ansimava, nessuno sfuggiva alla bufera. L'Inghilterra non era più diretta dal governo, ma dai sindacati, quelle rissose unions di cui il labour party era figlio e che il labour party mai era riuscito a disciplinare. Nel '75, Barbara Castle, che già nel '60 aveva invano tentato di convincere Wilson a diminuire per legge il potere di questi «baroni», scriveva, disperata, nel suo diario: «Abbiamo dato tutto alle unions e loro non ci hanno dato nulla». Il laborismo, quel laborismo, crollò nell'inverno '78-79. Il «patto sociale» governo-sindacati tifò le cuoia e la nazione fu strangolata da una lunga epidemia di scioperi. Leggi severe durante il regno di Maggie hanno domato i sindacati e anche il loro influsso sul labour party è scemato. Il tempo, comunque, smorza e annebbia le rimembranze e, oggi, è più vivido, più cocente il ricordo delle frustate di Maggie, delle sue picconate sovente impietose. Sarebbe facile se la scelta fosse tra due Inghilterre, una buona e una cattiva, una bella e una brutta. Ma la vita non è così. E se molte, moltissime furono le luci in quell'Inghilterra laborista, altrettante furono le ombre. La nostalgia è una cosa, la storia è un'altra. Mario Ciriello Ma fu una società immobilità dovei sindacati dettavano legge Nella foto grande il premier britannico Harold Wilson che guidò due governi laboristi Sopra, Clement Attlee e James Callaghan, primo e ultimo premier laborista nel dopoguerra A destra il premier tory Margaret Thatcher