Inventata la vernice che uccide il graffito
Inventata la vernice che uccide il graffito Cambia il panorama metropolitano, in archivio l'era dei murales e della «rivoluzione cori lo spray» Inventata la vernice che uccide il graffito Negli Stati Uniti, cancellerà per sempre gli slogan scritti sui muri j l£EW YORK. «Francesca ti amo», ma ora non potrai più saperlo. E ai «fascisti carogne» non sarà più intimato «tornate nelle fogne». Donald L. Schmidt, responsabile del settore ricerche della Dow Chemical, ha messo il bavaglio a ' Pasquino annunciando la messa a morte del graffito. I suoi scienziati hanno realizzato un rivestimento chimico trasparente che, passato sulle pareti di uno stabile, combatterà disegni e scritte murali «come l'antibiotico aggredisce lo streptococco». E' festa grande per chi sovrintende agli edifici pubblici, la fine di un incubo per i proprietari d'immobili. Ma si conclude un'era, quella in cui lo spray faceva la rivoluzione al posto del mitra. In questi vent'anni di battaglia, la fantasia non è andata al potere, ma sui muri era rimasta. Ora il micidiale intruglio inibirà i sogni di generazioni. Lo slogan murale ha una tradizione in Italia più antica che in qualsiasi altro Paese. Mussolini aveva lanciato le sue parole d'ordine sulle facciate delle case. Non c'era edificio rurale senza almeno un «E' l'aratro che traccia il solco, ma è la spada che lo difende» o un «Credere, obbedire, combattere». Il libretto rosso di Mao o quello Verde di Gheddafi li ha inventati lui, stampandoli nella mente della gente a caratteri cubitali indelebili sulla calce. Tanto indelebili che se ne vedono ancora un po' ovunque. Dopo la sbornia del Ventennio arrivò il '68, in Italia, a resuscitare il graffito. L'America «del Vietnam» li aveva già rispolverati: non potendo fare altro per contrastare una «guerra imperialista». Così come la Francia «dell'Algeria». Ma quando la Sorbona venne tappezzata di urla rivoluzionane, il vento riportò le scritte anche sui muri delle università italiane. E uno slogan è sempre stato meglio di una bomba. Sicuramente fa pensare, come ad esempio quel «Una risata vi seppellirà». Erano però in agguato gli «anni di piombo»; La stagione della morte fece la sua comparsa prima sui muri. Il suo destmo, Moro l'aveva letto sulla calce, dove era indicato che proprio lui era il «nemico numero uno» da abbattere. Il presidente Cossiga guadagnò una «k» e due «s» gotiche che non lasciavano spazio a dubbi. La storia di quegli anni era scritta sui muri. Poi è arrivato il riflusso, con i soli «W Juvè», «W Inter» o le vendette trasversali: ' «Vasco Rossi è ricebione», con sotto la risposta di un suo moschettiere: «Pacchione sarai tu». Dai muri si passò a tram, autobus, sedili del metrò. Vandalismo gratuito, certo. Ma la vera anima del graffito riemerge sempre: è movimentista. E chi, se non le Leghe, doveva ridargli la dignità di minaccia e di promessa? Dal Piemonte al Veneto è l'epopea dei vulcani: «Vai Etna, siamo tutti con te» o «Vesuvio regalaci un'altra Pompei». Altre storie che anticipano ì fatti. Ma adesso, nell'era del teflon e di questo suo «cugino» che ammazza il graffito, chi darà il campanello d'allarme? Pier Luigi Vercesi
Persone citate: Cossiga, Donald L. Schmidt, Gheddafi, Mao, Moro, Mussolini, Pasquino, Pier Luigi Vercesi, Vasco Rossi
Luoghi citati: Algeria, America, Francia, Italia, Piemonte, Pompei, Stati Uniti, Veneto, Vietnam
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