Da New York un trionfo e un allarme per Clinton di Paolo Passarini

Da New York un trionfo e un allarme per Clinton PRIMARIE Rispunta il nome di Tsongas: è secondo davanti a Brown con il 29%, ha trovato altri dollari e pensa di tornare in corsa Da New York un trionfo e un allarme per Clinton Vince col 41% ma per due democratici su tre non è all'altezza della Casa Bianca WASHINGTON DAL NOSTRO CORRISPONDENTE E' stato una specie di amaro trionfo quello ottenuto da Bill Clinton nelle primarie dello Stato di New York, una di quelle vittorie tanto definitive come le sconfitte a cui preludono. Clinton, che ha ottenuto il 41% dei voti, ha schiacciato Jerry Brown, l'unico altro candidato democratico rimasto in corsa, battuto perfino da Paul Tsongas, che, iscrittosi prima di ritirarsi, ha ottenuto un soprendente 29%. Ma i due terzi dei democratici di New York, interpellati fuori dai seggi, han detto di ritenere Clinton non abbastanza onesto e non all'altezza della carica di Presidente degli Stati Uniti. E così, mentre solo un grosso incidente può ormai strappare dalle mani del governatore dell'Arkansas la «nomination» democratica di luglio, Clinton sembra votato a una quasi certa sconfitta contro George Bush alle presidenziali del 3 novembre prossimo. Clinton, che non è uomo da mollare la presa facilmente, ha salutato con gioia una vittoria superiore ad ogni aspettativa, viste le scure previsioni del giorno prima. L'annuncio fatto da Brown di aver scelto Jesse Jackson come suo eventuale vicepresidente gli ha consentito di sottrarre a Clinton una parte del sostegno dei neri. Ma, poiché gli elettori di colore hanno in buona misura disertato le urne, il saldo dell'operazione di Brown si è rivelato negativo. Infatti, gli elettori ebrei, che considerano Jackson un antisemita, gli hanno voltato le spalle e hanno scelto Clinton e Tsongas. Con la vittoria di New York e quelle di Wisconsin, Minnesota e Kansas, Clinton si è assicurato ormai 1244 delegati alla Convention di luglio, abbondantemente più della metà del mini- mo necessario. «Non ho certo intenzione di prendere la mia mazza e andarmene a casa», ha annunciato Brown rubando un'immagine al mondo del baseball. Ma, con soli 260 delegati, la sorte della sua campagna è segnata, anche considerando l'ipotesi di una forte affermazione in California a giugno. Tutti concordano ormai nel ritenere che, anche nel caso la candidatura di Clinton cadesse sull'onda degli scandali, Brown, giudicato inaffidabile, non sarebbe comunque scelto dal partito. Tsongas che, dopo l'annuncio del suo ritiro, ha ottenuto un lusinghiero 20% in Connecticut e, martedì, il sostegno di un democratico su tre a New York, annuncerà domani o venerdì se ha intenzione di ritornare in corsa oppure no. «Sento di dover dire qualcosa di definitivo», ha commentato ieri, mentre i suoi uomini facevano sapere che i problemi di soldi sono stati risolti grazie a nuovi finanziamenti. Ma, anche se Tsongas ha il doppio dei delegati di Brown, cioè 520, le sue speranze non sono molto superiori. Tuttavia i voti che continua a ricevere pur avendo «sospeso» la campagna, sono l'altra faccia della sfiducia dei democratici verso Clinton. Il partito democratico sta vivendo i suoi giorni più scuri dal tempo in cui Jimmy Carter non fu rieletto. «I numeri delle urne - ha commentato ieri Mario Cuomo segnalano guai La campagna non sta funzionanado, il messaggio non è chiaro». George Bush, che ha spazzato il piatto dei voti del suo partito, può ancora non preoccuparsi troppo di quel terzo di repubblicani che ancora non lo vota. Paolo Passarini Bill Clinton saluta i sostenitori con la moglie Hillary dopo la vittoria alle primarie di New York con il 41%