Dall'angoscia all'euforia

Dall'angoscia all'euforia Dall'angoscia all'euforia Manifestazioni di giubilo nei Territori: «Abu Ammar è sempre con noi» Un ministro israeliano: noi non c'entriamo, ma spero che sia la sua fine !lV f' TE V AVIV NOSTRO SERVIZIO Nel giro di poche ore i palestinesi di Cisgiordania e di Gaza sono passati dalla più cupa costernazione alla gioia delirante. Per tutta la mattinata, capannelli di palestinesi in ansia si sono attardati nelle strade per scambiarsi informazioni frammentarie sulla sorte di «Abu Ammar». All'alba a Gaza gli «shabiba», gli scugnizzi dell'Intifada, hanno imposto uno «sciopero di lutto», eretto barricate e dato fuoco a pneumatici. Poi, nella tarda mattinata, le stazioni radio hanno annunciato il ritrovamento dell'Antonov del leader palestinese e in molte località e nei campi profughi dei territori la popolazione si è riversata in strada per dar sfogo, con fitti lanci di dolciumi, al grande sollievo che provava. «Ringraziamo Allah, Abu Ammar è vivo» hanno scandito centinaia di manifestanti nella centrale via Sallah e-Din, a Gerusalemme Est. Alla loro guida, l'esponente palestinese Faisal Husseini, sopraffatto dall'eccitazione, riusciva a stento ad esprimersi: una repentina scomparsa di Arafat, a suo avviso, avrebbe messo in forse l'intero processo di pace in Medio Oriente. «Si recherà a Tunisi per felicitarsi di persona dello scampato pericolo?», gli ha chiesto un giornalista. «Non c'è bisogno», ha replicato Husseini, accennando agli ululati di giubilo emessi da un gruppo di donne. A Gerusalemme Est, alcuni analisti notavano ieri che per la delegazione palestinese ai negoziati di pace - di cui Husseini è il coordinatore esterno - la scomparsa di Arafat avrebbe implicato innanzitutto un rischio fisico. L'indiscusso carisma del leader palestinese e il suo impegno per¬ sonale a favore delle trattative hanno finora protetto i delegati dalle minacce degli esponenti delle correnti massimaliste, islamiche o di estrema sinistra. Un pallido esempio della precarietà dell a posizione del «partito del negoziato» lo si è avuto ieri stesso quando una generica dichiarazione della portavoce Hanan Ashrawi - favorevole alla scelta democratica in seno all'Olp di un successore ad Arafat, se la sua morte avesse trovato conferma - è stata presentata nei territori come un'insubordinazione. Le tredici ore di latitanza del leader palestinese hanno disorientato, del resto, anche i governanti israeliani. «Mi auguro che questa sia la sua fine», aveva detto nella prima mattinata il ministro delle Finanze Hitzhak Modai, mentre il ministro della Difesa Moshe Arens aveva anticipato che «nessuno in Israele si metterà a lutto se sarà confermata la sua morte». Una volta sopraggiunta però la smentita, la parlamentare di estrema destra Geula Cohen ha messo il coltello nella piaga: «Ma è mai possibile - si è chiesta retoricamente - che il possente Israele debba confidare in incidenti aerei casuali per vedere scomparire una buona volta questo terrorista?». In Israele non è chiaro se il governo cerchi di attentare alla vita di Arafat, o se preferisca averlo vivo. Secondo Ehud Yaari, un commentatore della televisione statale, «nonostante il forte desiderio di vendetta, il governo comprende che Arafat è un personaggio-chiave se si vuole andare avanti nei negoziati di pace e arginare il terrorismo». Filippo Donati

Luoghi citati: Cisgiordania, Gaza, Gerusalemme Est, Israele, Medio Oriente, Tunisi