Gli indecisi, ultima spiaggia di Major

Gli indecisi, ultima spiaggia di Major GRAN BRETAGNA W, I due partiti spalla a spalla, si teme un governo senza una maggioranza stabile Gli indecisi, ultima spiaggia di Major / sondaggi indicano una rimonta dei tory LONDRA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE E' arrivato il giorno dell'esame decisivo per John Major e per Neil Kinnock, per il giovane e non ortodosso erede della Thatcher e per il leader laborista che spera di sfrattarlo da Downing Street dopo 13 anni di ininterrotta supremazia del partito conservatore. Lo sprint finale è entusiasmante, testa a testa, perché l'ultima ondata di sondaggi pubblicata ieri sera segnala una rimonta di Major, che avrebbe quasi annullato il distacco accumulato durante la campagna elettorale. L'indagine del «Daily Telegraph» accorda infatti mezzo punto di vantaggio ai conservatori (al 38,5%), il «Guardian» colloca in assoluta parità Major e Kinnock, mentre altri tre sondaggi continuano a dare favoriti i laboristi con un margine ristretto tra uno e tre punti. I liberaldemocratici, infine, sono accreditati in media del 17-20%. Da ieri pomeriggio circolava nella City la voce incontrollabile del rilancio del partito conservatore, subito rispecchiata da una sorprendente ripresa della sterlina, finora anemica nella prospettiva di un successo laborista. Infine, in serata, i risultati delle ultime inchieste d'opinione hanno dato corpo al ritrovato ottimismo dei conservatori. Il risultato resta, comunque, incertissimo e sarà determinato dai voti di quei milioni di inglesi tuttora incerti se «punire» il partito al governo, ritenuto responsabile della più grave recessione dagli Anni 30 oppure se votare, anche senza troppo entusiasmo, per il rinnovato laborismo di stampo social-democratico imposto da Kinnock. Ma qualunque sia l'esito della sfida, l'Europa scopre di colpo «l'incognita inglese», avverte all'improvviso la perdita di un altro punto di riferimento sicuro. Anche la stabilità, imposta dal ferreo marchio thatcheriano, si avvia a essere un ricordo sfuocato nell'incertezza di governi molto probabilmente minoritari, siano a prevalere i conservatori o i laboristi privi di una maggioranza assoluta, oppure di ministeri di coalizione, con l'apporto della terza forza centrista, indispensabile per ogni combinazione. Esame decisivo, dunque, per Major e per Kinnock. Soprattutto per il leader laborista, già battuto nell'87 da Margaret Thatcher, e al quale il partito non potrebbe perdonare una seconda sconfitta proprio quando tutte le circostanze derivanti dalla grave crisi economica che attraversa l'Inghilterra rafforzavano le possibilità di un successo del¬ l'opposizione. Neil Kinnock, questo rosso gallese figlio di un minatore e di una infermiera, ha avuto il grande merito di «rifondare» il laborismo inglese. Ha rinnegato i dogmi della pianificazione economica e delle nazionalizzazioni; ha ripudiato il disarmo unilaterale, ha «scoperto» la Cee, dopo averla a lungo combattuta sollecitando addirittura il ritiro dell'Inghilterra. E con l'aiuto di un nuovo team dirigente imperniato sulla figura competente e rassicurante del Cancelliere-ombra, John Smith, si è convertito anche all'economia di mercato, accettando le privatizzazioni, i vincoli posti dalla presenza della sterlina nello Sme. Grandi benemrenze ha avuto, quindi, Kinnock nel ripresentare il laborismo come una credibile forza di governo all'inizio di questi Anni Novanta che hanno visto il tramonto dei princìpi dell'ultraliberismo economico e finanziario. Questa strana miscela di social-capitalismo, questo nuovo modello di laborismo socialdemocratico che si riallaccia a Hugh Gaitskell, si propone oggi agli inglesi come depositario della formula ideale per far uscire il Paese dalla recessione, servendosi delle ricette neo-keynesiane in base a cui l'aumento delle spese pubbliche (nella sanità e nel sistema scolastico soprattutto) e degli investimenti produttivi automaticamente porta al rilancio economico. Contro questo nuovo laborismo si presenta Major, con un conservatorismo riverniciato di fresco, che vuole coniugare l'economia di mercato con una maggior attenzione nella politica sociale. Il leader tory si è presentato all'elettorato dopo aver ripudiato l'impopolare poll-tax ereditata dalla Thatcher, ma rimane fedele alla politica dei tagli fiscali per costruire le basi della ripresa economica. Questo è lo scenario delle elezioni di oggi in Gran Bretagna, alla ricerca della ricetta per uscire dalla recessione. Con il corollario di un dibattito animato dalle rivendicazioni separatiste della Scozia, dal tema della riforma elettorale reclamata dai liberal-democratici che pretendono l'introduzione della proporzionale come moneta di scambio per qualsiasi accordo di governo. I conservatori hanno già respinto il progetto e se conquisteranno la maggioranza relativa dovranno cercare partner altrove, magari tra gli «unionisti» protestanti dell'Ulster. I laboristi sono più disponibili e una riedizione della formula «liblab» potrebbe essere l'ossatura di un futuro governo. Paolo Patrono Bacio di buon augurio per il primo ministro John Major da un'ammiratrice

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