Gli Usa riscoprono «piccolo è bello» di F. Man.

Gli Usa riscoprono «piccolo è bello» L'impresa «familiare» protagonista di una spettacolare ripresa sui mercati esteri Gli Usa riscoprono «piccolo è bello» Su51 mila aziende, l'87% ha meno di500 addetti NEW YORK. Piccolo è bello, anche nella patria delle gigantesche «corporations». Le imprese americane scoprono le virtù della gestione familiare e anche le grandi aziende si mettono a dieta, adottando organizzazioni più snelle e decentrate. Così mentre l'Ocse segnala che gli Usa stanno uscendo dal tunnel della recessione (la crescita prevista nel 1992 è del 2% circa, per arrivare al 3% il prossimo anno), da più parti si segnala una spettacolare ripresa nelle esportazioni delle piccole e medie imprese, specie quelle che producono beni di consumo. Fabbricanti di aspirapolvere portatili o di frullatori, aziende che costruiscono sedie a rotelle o offrono acquari chiavi in mano, stanno vivendo un vero e proprio boom, tanto che il settimanale Business Week ha dedicato la copertina a questo fenomeno. In cinque anni, dal 1986 al 1991, le esportazioni di manufatti dagli Usa sono passate da poco più di 200 miliardi di dollari a oltre 400 miliardi. E nello stesso tempo sono esplosi nuovi mercati: Canada Giappone e Germania in testa, ma anche i Paesi di più recente industrializzazione. A Taiwan o in Corea, grazie alla rapida crescita del reddito disponibile, la richiesta di prodotti made in Usa è salita del 150% in cinque anni. In Messico, anche grazie alla vicinanza geografica, addirittura del 168%. Adesso l'export sta rallentando, ma le piccole aziende fanno comunque la parte del leone. Su 51 mila imprese americane esportatrici, l'87% ha meno di 500 dipendenti. Le ragioni del boom sono in buona parte legate anche alle tecnologie e ai servizi che sono «esplosi» negli ultimi anni. Grazie al telefax e ai computer, ai corrieri espressi e ai «numeri verdi», ogni piccola azienda può proiettarsi sui mercati internazionali. «C'è una sola invenzione più grande dell'aereo ed è il fax», dichiara ad esempio il proprietario di una azienda che produce apparecchi per la respirazione artificiale e che con soli cinque impiegati e un fatturato di 5 milioni di dollari (poco più di 6 mi- xeiraobctl ,b So (ine ' bardi di lire), esporta metà della sua produzione in 43 Paesi del globo. E anche le grandi aziende si mettono al servizio di questa nuova clientela. La At&t, il maggior gestore telefonico statunitense, offre la possibilità di comunicare con l'estero utilizzano un servizio di traduzione simultanea in 140 lingue diverse. Ma alla ricetta in piccolo si stanno convertendo anche le grandi aziende, per cui la presenza sui mercati mondiali si è tradotta troppo spesso in una struttura che soffre di elefantiasi. «Grande è ancora bello?», si interroga il mensile Fortune, un'altra Bibbia degli uomini d'affari Usa. E la risposta, ovviamente, è no. Così fioccano le storie di multinazionali che a un certo punto hanno attuato una drastica inversione di rotta e hanno diviso la loro attività in tante piccole unità, ognuna incaricata di agire come se fosse una singola impresa. Un esempio? La Ibm ha annunciato nello scorso novembre una ristrutturazione per decentrare al massimo il suo pro- h ÌMè v\ . igiQ ' cesso decisionale, basandosi su unità operative autonome. Le ragioni della scelta? I conglomerati non funzionano più, rispondono gli esperti, la diversificazione delle attività e quindi dei rischi non si è dimostrata efficace. E un'indagine mostra che le aziende molto diversificate hanno una redditività media inferiore del 30% rispetto ad imprese che si concentrano su una sola o poche attività. Anche le economie di scala, considerate in passato uno dei motivi prinicipali per cui le imprese tendevano a crescere di dimensione, perdono significato in un'epoca in cui la produzione è governata dai computer e un semplice prodotto come il Walkman della Sony è fabbricato in 44 modelli differenti. Qualche volta la cura dimagrante non è una scelta, ma una decisione obbligata. La General Motors ha tagliato 74 mila posti di lavoro, chiudendo 21 stabilimenti, ma chi può dire quanto la decisione sia stata dettata dall'esigenza di avere più flessibilità o dalla ersi dell'auto Usa? [f. man.]