«Il pericolo della felicità» può stordire di Luigi Rossi

«Il pericolo della felicità» può stordire Al Teatro Ponchielli di Cremona la novità del giovane coreografo romano Enzo Cosimi «Il pericolo della felicità» può stordire In un bagno di luce rivisitati i miti dalla Grecia all'India CREMONA. Per il coraggioso «progetto neoclassico», ideato da Marinella Guatterini, il Teatro Ponchielli ha tenuto a battesimo la novità di Enzo Cosimi, «Il pericolo della felicità». Il giovane coreografo romano ha scelto per la sua creazione un collage di musiche di Giacinto Scelsi che bene si adeguano alla sua idea di una danza simbolica e allusiva a miti oggi sempre più rivisitati nell'arte contemporanea, dalla Grecia di Dioniso all'India di Shiva. Niente narrazione esplicita per altro, ma quadri quasi raggelati in un incanto remoto che la scenografia astratta di Luigi Veronesi ha adeguatamente secondato. Il legame con il balletto neoclassico è procurato anche dai costumi di Miuccia Prada che sembrano citare in qualche modo capolavori di quella grande stagione come «Il figliol prodigo» di Balanchine con la scenografia di Rouault. Il maestro dell'astrattismo italiano ha immerso la composizione teatrale in un bagno di luce: sullo sfondo abbagliantemente latteo ha collocato soltanto alcuni segmenti metallici assai esili. E poi ha giocato con luci suggestive ed arcane, da valente cromatologo quale è riconosciuto. Nell'essenzialità di una scena così spoglia, Cosimi ha riconquistato una nuova classicità, coniugando arcaico e post-moderno con notevole disinvoltura. La stessa tecnica coreografica sembra obbedire a questi concetti. I sei danzatori in scena impiegano «pori de bras» angolosi e geometrici, comuni all'antica danza egizia e al futurismo e cubismo del nostro secolo. Cosimi è parti¬ to, nel suo decennale percorso creativo, da suggestioni dell'espressionismo di Martha Graham da una parte al formalismo di Merce Cunningham dall'altra. Ma, se proprio vogliamo continuare a procedere su questi paradigmi storici, in questo caso è da collocarlo sul secondo versante della derivazione, anche se non possiamo dimenticare la predilezione della madre della «modem dance» per i miti classici. Fin dalla prima apparizione davanti al sipario chiuso di due ballerine è suggerita l'idea di una danza quasi rituale, di interpreti «posseduti» dalla divinità. Ma i loro movimenti sono tutt'altro che orgiastici; obbediscono al contrario ad una serena e quasi altera compostezza che si sviluppa per tutto il percorso del balletto. Gli echi orientali delle percussioni, gli ossessivi ed estatici suoni di Scelsi, nel momento in cui, come afferma il compositore, la musica diviene «il primo movimento dell'immobile», staccandosi dal silenzio primigenio, sono commentati dai danzatori con gesti composti e nello stesso tempo intensi. Lo stesso Cosimi era in scena unitamente a cinque interpreti italiani congeniali al suo stile, anche se di diversa provenienza didattica ed artistica. Citiamo i loro nomi con apprezzamento complessivo. Sono Corinna Anastasio, Rachele Caputo, Valentina Marini, Luigi Doddo e Michele Pogliani, quest'ultimo reduce da una seconda esperienza in Usa con Lucinda Childs. Luigi Rossi

Luoghi citati: Cremona, Grecia, India, Usa